Luglio 2007

La grazia unica della disperazione

Non è possibile uscire da un liceo senza avere un filosofo prediletto. Prendere parte alla contrapposizione tra Platone e Aristotele o tra Hegel e Nietzsche è uno dei momenti topici, forse persino uno dei più divertenti che accompagnano gli anni che conducono agli esami di maturità. Ogni liceale che si rispetti, quindi, si ritrova a lasciare i muri in cui ha scaldato il banco (se proprio non aveva intenzione di fare altro) con ben chiaro in testa quale filosofo secondo lui “aveva ragione”, “era migliore” rispetto agli altri.

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La lingua dei vincitori

di Ettore Masina

Lettera n. 124

1
Dal suo letto d’ospedale, una mattina del febbraio 1975, Gigi Ghirotti vide che nella notte era completamente fiorito un albero che egli aveva adottato come amico. Quel tripudio di colori in un inverno non ancora concluso lo estasiò: lui, uno dei migliori giornalisti italiani, stava morendo, di cancro, ma quella mattina sentì che la sua vicenda, incomprensibile e dolorosa, era inserita nel mistero di una vita che ostinatamente si esprime oltre ogni limite. Forse pensò al verso di Quasimodo in cui Dio viene chiamato “Dio del cancro e Dio del fiore rosso”, certo, come narrò egli stesso, desiderò di poter cantare l’immensità e la forza del processo creativo. Dai ricordi dell’adolescenza sentì emergere la bellezza di un inno latino medievale, il “Veni, Creator Spiritus (Vieni, o Spirito Creatore)”, e si accinse a recitarlo accanto a quella finestra; ma tristemente si accorse di non ricordarne più le parole. Gigi poteva ancora scendere dal letto e lo fece; e cominciò a domandare a pazienti, medici, suore e visitatori se qualcuno di loro poteva aiutarlo, ma tutti, un po’ sorpresi, scuotevano la testa. Soltanto a fine mattina incontrò un seminarista americano, studente a Roma, che visitava i malati per non dimenticare le sofferenze dell’uomo. Alla domanda del giornalista sorrise e disse che sì, quell’inno lui lo aveva studiato a memoria, in ginnasio e, sì, lo ricordava ancora; ma aggiunse, arrossendo un poco, che non ne comprendeva più il significato: la sua conoscenza del latino era ormai svanita. Allora, insieme, l’uomo che comprendeva la sostanza del messaggio ma non poteva leggerlo nella sua autenticità e quello che ne conosceva soltanto la formulazione pregarono, quasi aiutandosi l’un l’altro a decifrare un antico manoscritto.

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Per una moratoria delle esecuzioni

Al Ministro Massimo D’Alema e al Movimento Abolizionista.

Per una moratoria delle esecuzioni.

29 giugno 2007
Furman Day

Per prima cosa, se dovessi preoccuparmi di ottenere una richiesta di moratoria delle esecuzioni da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, getterei i radicali di Nessuno tocchi Caino in pasto agli squali.
Poi chiederei aiuto e consiglio ai molti abolizionisti che hanno corpose bibliografie alle spalle: Hood, Prokosch, Schabas, Hodgkinson, Bedau, Dieter, Sarat, Rodley, Neumayer, (scusate se non li cito tutti).

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La stupidità del ‘giovanilismo’

di Giancarlo Livraghi

luglio 2007

Per la seconda volta Giovanni Sartori si preoccupa di un problema che riguarda la stupidità umana. L’aveva fatto il 15 agosto 2006 in un articolo intitolato L’intelligenza decrescente (vedi La stupidità sta crescendo?). Questa volta affronta il tema in modo meno diretto, ma è chiaro che i pregiudizi e i luoghi comuni di cui parla sono una forma di stupidità.

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