Nessun principe azzurro se la sposa è bambina

di  Anna Molinari

“Mi ha detto che aveva 34 anni. L’ho conosciuto quando è venuto a trovare sua madre che abita qui vicino. Poi è venuto a casa mia. Avevo 11 anni quando ho lasciato la scuola e mi sono sposata. Mi ha lasciata quando ero incinta di 4 mesi, diceva che il bambino non era suo”. Sono le parole di Aracely, 15 anni, che aprono uno dei brevi video documentario di Stephanie Sinclair, fondatrice dell’organizzazione non profit Too Young to Wed e impegnata a combattere in tutto il mondo la pratica dei matrimoni forzati o precoci. Nel video si raccontano storie di madri bambine e sono storie di vite già sentite, già note, eppure sempre nuove. Nuove perché non siamo nella “solita Africa”, non siamo nei “soliti paesi arabi”, non siamo nella “solita India”. Siamo in Guatemala questa volta, a riprova che per ogni latitudine ci sono ragazze che si sposano e rimangono incinta troppo presto, quando ancora dovrebbero poter giocare con le bambole. E proprio questa immagine, che richiama stereotipi di genere ma che in questo caso è tristemente appropriata, impressiona la pediatra Sayda Acosta, la quale ogni giorno incontra queste giovani bambine troppo presto donne. “E’ scioccante” dice, sembra che giochi, ma il bambino che culla non è un giocattolo, è un essere vivente, è suo figlio.

Sono Aracely, Erica e le altre, che entrano timorose e timide al consultorio per le adolescenti di San Benito, Petén. L’ostetrica che le visita le invita a custodire con cura l’ecografia, come si fa con il passaporto quando si è all’estero diremmo noi, ma loro non sanno cosa significhi viaggiare. Per loro quella foto un po’ sbiadita, in bianco e nero, serve per leggere il futuro e il passato, calcolare lo stadio della gravidanza, sapere come sta il bambino. Serve per leggere come stanno loro, le madri, anche se leggere la vita, il dolore, la rassegnazione e la felicità in una polaroid del tuo grembo non è così facile.

Mirna Montenegro, responsabile dell’Osservatorio della salute sessuale e riproduttiva, esterna la frustrazione e la rabbia in poche battute: “Le ragazze sono molto più facili da persuadere, sono molto più esposte alla violenza sessuale, sono più facilmente condizionabili nelle scelte.”

Non sono quasi mai le ragazze a scegliere di rimanere incinta. Molte di loro, anche se a volte sono già al secondo figlio, non sanno nemmeno cosa sia una gravidanza. Un uomo le vede, mostra interesse per loro, le famiglie raggiungono un accordo, si sposano e arriva il bambino. Pochi passaggi, asciutti, veloci, le cui conseguenze ricadono per lo più sulla madre, sul suo corpo di bambina e sul suo futuro di donna. “No flowers, no wedding dress” canta Springsteen in The River, e qui la situazione è analoga: del matrimonio non esistono preparativi di fiori e vestiti da principesse perché, anzi, con il matrimonio queste ragazze perdono quasi tutti i loro diritti. Uno dei pochi diritti rimasti è quello di sognare: sognare per i propri figli – specialmente se saranno femmine – una vita migliore della loro, sognare di poterle mandare a scuola per frequentarla fino alla fine, cosa che loro non hanno potuto fare.

E nemmeno sul fronte della salute le prospettive sono confortanti: una madre bambina è spesso, purtroppo, incubatrice di un figlio non sano, che non sviluppa adeguatamente e completamente gli organi vitali. Una gravidanza in età precoce rischia di compromettere gravemente la salute del feto, soprattutto perché spesso la madre, che vive in condizioni di abbandono e di estrema povertà, non assume le vitamine necessarie e non riesce a garantirsi un’alimentazione corretta.  Se la madre segue, ad esempio, una dieta dove c’è carenza di vitamine (fatto non raro in contesti di povertà, dove di fatto gran parte di queste ragazze è malnutrita), i bambini possono nascere con anencefalia, una malformazione congenita che si riscontra già all’inizio della gravidanza e che determina la parziale o totale assenza nel feto della volta cranica o dell’encefalo. Inutile dire che nella maggior parte dei casi il bambino non sopravvive.

Raramente poi le ragazze possono vivere dei parti naturali: il bacino è ancora troppo stretto per consentire l’espulsione del bambino attraverso il canale vaginale e un parto naturale rischia di portare alla morte della madre o del feto.

In Guatemala però è la legge a prevedere che ci si possa sposare a 14 anni con il consenso dei genitori, anche se molte ragazzine si sposano prima. Hanno mariti più anziani e diventano madri quando non sono ancora fisicamente ed emotivamente pronte. “A 12-14 anni una ragazza non può comprarsi un pacchetto di sigarette o uscire a bersi una birra. Non vota nemmeno. Come può diventare moglie?” si chiede una delle intervistate, e la domanda è straziante nella sua semplicità, soprattutto se posta da una donna che vive in un paese che lei stessa non esita a definire machista, patriarcale. Un paese in cui molti uomini pensano che i corpi delle ragazze e delle donne siano di loro proprietà, nel quale la ragazza appartiene all’uomo, che può decidere del suo destino. “Ma le ragazze e le donne non sono oggetti”. No, non lo sono. Sono immature, come qualsiasi altra giovane ragazza nel mondo, e questa immaturità le avvicina ai figli che cullano tra le braccia, con lo sguardo perso l’uno nell’altro, senza rendersi conto di cosa li aspetta. Sono ragazze che sanno ancora troppo poco della vita, che hanno gli stessi desideri e le stesse aspettative di ogni altra ragazza nel mondo, ma che della vita sanno ormai troppo quando guardando il proprio figlio sussurrano commosse “Per ora è bello perché c’è lui e mi aiuterà ad andare avanti…”

Unimondo, 13 agosto 2015

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *