Simone Morgagni

Accenni di riflessione su Luttazzi, la satira, la società

Pochi, sparsi appunti sulla vicenda Decameron…

Personalmente mi sembra che pochi siano stati in grado di visualizzare bene questa vicenda.

Intendo dire che:

La pubblica opinione non ha ben chiaro (come del resto non lo ha mai avuto nella storia) il concetto stesso di satira. Chiunque abbia letto Catullo, Orazio, Rabelais, Molière, Boccaccio eccetera (e non quello che fanno leggere a scuola, per intenderci, che è molto più che edulcorato) si accorgerebbe che Luttazzi non è per nulla uscito dal seminato. Anzi. Si trattava di satira di elevato livello intellettuale (non commento quello artistico che poco mi interessa qui ed è comunque secondario dato che in ogni arte ci sono opere più o meno riuscite).

Per questo in tanti neppure hanno colto i riferimenti, cosi come non hanno colto quelli alla satira classica, cosi come a Bergman a Lenny Bruce, ai Monty Pyhton e via dicendo. Onnipresenti in ogni puntata.

Per questo il riferimento alle immagini di tortura, alle immagini coprofile provenienti da Abu Grahib sono dovute arrivare in un secondo tempo, e non sono arrivate da sé. Cosi difficile forse ricordarsele oppure si tratta proprio di una rimozione sociale?

Il problema dunque sembra essere altrove. Da un lato nella mancata conoscenza del genere da parte del pubblico. E qui credo che il sistema educativo e mediatico abbia avuto un forte influsso. E dovremmo rifletterci.

Da un altro lato invece metterei una certa tendenza all’estremizzazione del politically correct. Tendenza questa importata dagli USA che, di fatto, taglia fuori la satira di netto da ogni palcoscenico pubblico di grande dimensione. E qui diventa forse anche una questione di libertà prima non posta e ormai di scottante attualità.

Inoltre fatico a nascondere come il modo in cui la sospensione del programma è stata fatta. Informare il conduttore per sms non mi pare corretto, non mi pare corretto neppure censurare la notizia sul telegiornale di rete cosi come l’eliminare le informazioni presenti sul sito web o il girato precedente. Se lecita era la scelta, il metodo mi è sembrato eccessivo e capace di sollevare dubbi più che giustificati. E solo qui interviene un fattore che possiamo definire rilevante non dalla censura, quanto piuttosto dal genere della Damnation memoriae. Ancora più inquietante forse.

Da qui la necessità di intraprendere una riflessione che non si limiti al caso specifico, ma che lo travalichi per arrivare veramente laddove questa vicenda ha scoperto il nervo sociale.

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La grazia unica della disperazione

Non è possibile uscire da un liceo senza avere un filosofo prediletto. Prendere parte alla contrapposizione tra Platone e Aristotele o tra Hegel e Nietzsche è uno dei momenti topici, forse persino uno dei più divertenti che accompagnano gli anni che conducono agli esami di maturità. Ogni liceale che si rispetti, quindi, si ritrova a lasciare i muri in cui ha scaldato il banco (se proprio non aveva intenzione di fare altro) con ben chiaro in testa quale filosofo secondo lui “aveva ragione”, “era migliore” rispetto agli altri.

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