Facebook per genitori

di Giovanni Boccia Artieri – Ebook

Quello che è certo è che la Rete può essere immaginata come un territorio in cui emergono forme di negoziazione e di conflitto, un luogo in cui stiamo imparando a vivere e a definire le nostre scelte. Per questo pensare ai nostri figli come abitanti che possono essere chiamati barbari/nativi ci permette di delineare in maniera apparentemente semplice il contorno delle cose a venire.

I giovani costruiscono la propria identità in un equilibrio problematico fra una realtà che è al tempo stesso dentro e fuori dalla Rete. Non si tratta di due identità diverse: è la maniera contemporanea di dare forma al nostro modo di essere e alla nostra cultura, di rendere compatibili in un unico flusso i rapporti, le conversazioni, i modi di comunicare, di informarsi e anche di intrattenersi.

Siamo allo stesso tempo qui e in un altro luogo […] Quell’altrove è un luogo che è fatto di comunicazione.

abbiamo a che fare con un’organizzazione degli spazi e dei ritmi della dimensione domestica e della cultura che sono diversi da quelli a cui siamo abituati. Con questo tipo di cultura ci dovremo confrontare, tenendo sempre presente che non parliamo di alieni ma di adolescenti che vivono la loro quotidianità nelle nostre case e che cominciano a utilizzare gli strumenti a loro disposizione.modi di essere dei giovani online:
1)“bazzicare”,
2) “cazzeggiare”
3)“darsi da fare e stimarsi”.

Bazzicare

Questa “pratica” li aiuta a sviluppare la loro intelligenza sociale e ad allenare la capacità di stare insieme agli altri nel modo in cui la modernità lo richiede.

Cazzeggiare

Ciò che li muove ruota attorno alla possibilità di esprimersi in modi occasionali, casuali e puramente sperimentali, anche senza precise finalità.
[…]
Dove noi vediamo tempo perso a stare in Rete possiamo in realtà rintracciare forme di conoscenza che prevedono pratiche di auto-esplorazione e acquisizione di capacità fai da te, sperimentazioni da bricoleur. Siamo di fronte a logiche di esplorazione e apprendimento auto-diretto, un modo di imparare basato su gradi di libertà e autonomia che nei luoghi educativi formali spesso i giovani non hanno, ma di cui hanno bisogno.

Darsi da fare e stimarsi

Qui siamo di fronte a forme di apprendimento guidate da un gruppo di pari, orientate da passioni che portano a galvanizzarsi e a stimarsi per le capacità acquisite, a condividerle e costruire una reputazione (online) attorno a queste. Le comunità cui ci si riferisce non sono quelle degli amici in senso stretto: comprendono anche chi condivide uno stesso interesse e produce attorno a queste competenze specifiche sia abilità sia logiche partecipative profonde.

i profili rappresentano il bisogno di segnare il proprio posto nella rete degli amici e sono un modo di sperimentare mentre si cresce. Sono delle narrazioni e come tutte le narrazioni contengono elementi di verità e finzione.

Il privato non è quindi scomparso, né la linea che lo distingue da ciò che è pubblico si è dissolta e la preoccupazione dei giovani di mantenere “riservati” certi contenuti (per esempio rispetto agli adulti) è ben presente. È cambiato però il luogo in cui gestire il rapporto tra pubblico e privato e i modi di salvaguardare la privacy da parte dei ragazzi passano oggi dalla loro capacità di saperla trattare negli spazi pubblici mediati.
Di questo, come adulti, dovremmo occuparci.

La principale attività su Facebook, per il 90% dei ragazzi, è leggere le bacheche degli amici e i messaggi personali: oggi le persone più che abbonarsi a canali televisivi si abbonano alle persone, alla vita degli altri.

Potenzialità e limiti dell’uso di Facebook, del Web e dei social network

Oggi siamo tutti famosi per 15 persone: la gente si abbona alla gente.

Produciamo contenuti online in un contesto in cui ci sono altri che li leggono

ma

Non abbiamo […] un esatto controllo su questi “altri”
La logica di propagazione è […] geometrica. Bastano pochi passaggi di amici diversi che hanno platee diverse per far crescere esponenzialmente il numero dei potenziali lettori.

Non sappiamo mai chi ci sta osservando

miscela esplosiva fatta di intrattenimento adolescenziale e l’utilizzo (in)consapevole di una forma di comunicazione che sovraespone.

Una seconda realtà ha a che fare con il collasso dei contesti, cioè con quell’intrecciarsi online di riferimenti a contesti differenti all’interno di uno stesso ambiente: come quando un ragazzo e il suo professore entrano in contatto su Facebook.

Il confine tra ciò che è pubblico e ciò che è privato sfuma in maniera irrimediabile, anche con conseguenze estreme.

Lo stato di continua sovraesposizione in pubblico può passare da elemento di accusa a un qualcosa di utile alla crescita, a patto di essere in grado di aiutare i giovani a sviluppare meccanismi riflessivi acquisendo consapevolezza delle occasioni e dei pericoli che esistono nell’abitare quel mondo. Un po’ come avviene nell’abitare questo mondo, quello a cui siamo sempre stati abituati.

Abbiamo molto da imparare, ma dobbiamo farlo con lo sguardo giusto.

(il grassetto è mio)

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