“Fuori dalla camera oscura”

di Giuseppe Nicoloro

Chi come me ne ha avuto esperienza diretta, conosce bene l’impatto emotivo di vedere, nel buio della camera oscura, la lenta trasfigurazione in immagini dei frammenti di realtà catturati con l’obiettivo della macchina fotografica. I protofotografi di inizio Ottocento definivano “magia” questo processo di trasformazione collocato tra arte e scienza, e per davvero sembrò tale perché il supporto fotosensibile sapeva restituire le figure originali in tutti i loro dettagli.
Negli anni la ricerca tecnologica ha messo a punto tecniche e strumenti sempre più sofisticati a beneficio della fotografia, riconosciuta, tra i moderni mezzi di comunicazione, come uno dei più espressivi e creativi.
Oggi predomina la tecnologia digitale che ha interrotto quel rapporto stretto, direi fisico, tra il fotografo e l’immagine, rapporto a cui non rinunciano i non pochi appassionati che ancor oggi scelgono la tecnica di sviluppo tradizionale.
Le fotografie di questa rassegna non escono fuori dalla camera oscura, ma costituiscono una selezionata raccolta di immagini, in prevalenza tratte dall’archivio del mio lavoro di fotocronista; ricordi di viaggio insieme a momenti catturati nella loro spontaneità quando persone e situazioni attirano la mia attenzione.
Il titolo della mostra allude metaforicamente a quella secolare “camera oscura” del pregiudizio, della discriminazione che ha relegato le donne nel buio delle stanze domestiche, in ambiti marginali della società, generalmente deputate a compiti di cura. È una “camera oscura” simbolica da cui oggi le donne sono uscite, sviluppando tutte le loro potenzialità latenti, a lungo inespresse o misconosciute, rendendosi presenze sempre più “visibili”.
Le donne oggi hanno acquisito piena consapevolezza di sé, hanno rivendicato la loro dignità, si sono mobilitate a difesa della parità di genere, dei diritti civili, fanno parte del mondo del lavoro, fino ad assumere ruoli di vertice, grazie al loro talento e alla loro determinazione.
Sono enunciazioni di principio che testimoniano l’avviata maturazione culturale della società nei riguardi dell’universo femminile, nonostante il perdurare di tanti ostacoli da superare per la piena emancipazione. Prova ne siano le donne che nei Paesi islamici vivono ancora nel buio la loro condizione e le inammissibili forme di violenza che le donne continuano a subire, sotto qualsiasi cielo e cultura.
In questa rassegna fotografica troverete, accanto a personalità di spicco, persone comuni riprese nella quotidianità della loro esistenza. Fra le tante possibili scelte, ho privilegiato i soggetti che a mio parere risultano più significativi per il contesto, per un movimento, per un gesto, un’espressione, e per il significato sotteso nei loro sguardi. Coinvolgente è stato per me l’impatto con le manifestazioni di protesta, in cui le donne si sono esposte con risolutezza per la rivendicazione dei diritti, per la denuncia dei pregiudizi di genere, in cui hanno fatto sentire alta la loro voce per renderla udibile al mondo intero.

 

FUORI DALLA CAMERA OSCURA
UN OMAGGIO ALLE DONNE

Mostra fotografica presso lo spazio espositivo PALLAVICINI22 ART GALLERY

INAUGURAZIONE 
Sabato 26 febbraio 2022 alle ore 18.30

ORARI 
Tutti i pomeriggi dalle 17:00 alle 20:00
Dal venerdì alla domenica anche al mattino dalle 09:00 alle 13:00

 

 

Nota critica

di Michela Mollia

La realtà è mobile, fluida, al contrario della fotografia che può isolare l’attimo per restituircelo come fosse senza tempo. L’occhio vigile del fotografo ci mette in condizione di sospendere per qualche istante il flusso di visioni che sollecitano normalmente la nostra vista, per concentrarci su una precisa immagine. Ci invita a guardare: guardare come atto di attenzione e consapevolezza rispetto al vedere, che si limita alla funzionalità fisiologica del nostro occhio.
Giuseppe Nicoloro riesce a indurci questo tipo di attenzione scegliendo, isolando un particolare, una scena, una persona, un gesto, che potrebbero passare inosservati. Lo scatto delimita, ci obbliga a guardare all’interno della sua cornice: è la particolarità dell’inquadratura che “si fa guardare e ci parla”. 
In questa mostra fotografica le donne sono riprese nel quotidiano, nel ruolo materno, nel tempo libero, nei gesti del lavoro, all’opera con le mani. I loro volti esprimono serietà, impegno, soddisfazione, ma anche determinazione e successo: sono le donne intorno a noi in cui noi stesse ci riconosciamo. Non tutte però rappresentano una condizione di parità e in alcuni casi il fotografo vuole cogliere l’ironia sottile dei gesti e degli sguardi. In alcune percepiamo la povertà, il peso dell’esistenza, l’angoscia per il futuro imperscrutabile come possibili condizioni umane, nemmeno tanto lontane dai nostri occhi, come nell’immagine della donna seduta sui gradini della scala di una delle tante metropolitane milanesi. In questo caso la scala non è simbolo di ascesa o di successo, ma di emarginazione e solitudine. 
La figura femminile seduta sul masso, nella sua grazia pudica, completamente vestita, con il solo piede scoperto, richiama la caravaggesca Madonna dei Pellegrini, conservata nella basilica di Sant’Agostino a Roma. Nel suo essere assorta, non guarda verso il mare alle sue spalle, dove i bagnanti si immergono.  L’inquadratura che il fotografo ci propone sembra dirci che la donna si nega persino la possibilità di volgersi, per non cedere al richiamo del mare, simbolo di fuga, libertà e scoperta.
La giovane donna in nero, dritta e filiforme, che si batte per i suoi diritti, risponde alla verticalità perfettamente geometrica del grattacielo.

Tra le diverse declinazioni del tema della femminilità, lo scatto del fotografo ci sollecita a considerare anche la femminilità transgender. Femminilità desiderata, voluta, orgogliosamente conquistata e quindi ostentata contro il pregiudizio dominante.
A queste scene di vita, a volte tenere e poetiche, fa da contrappunto, accentuato dall’uso del bianco e nero, l’irruenza delle immagini delle manifestazioni in cui le donne inneggiano, provocano, erompono nelle vie cittadine, a ricordarci che la condizione femminile, ancora instabile e contraddittoria, è da difendere e che le donne sono capaci di battersi per vedere riconosciuti i propri diritti.
È così che, terminato il nostro percorso, possiamo dire di aver guardato

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