UNA MATTINA QUALUNQUE

di Sergio Tardetti

Capita, una mattina qualunque, di guardarsi intorno e immaginare come sarà il mondo, quando. E’ su questo “quando” che indugia sovente il pensiero, proponendo ipotesi e situazioni che a volte non includono la necessità della nostra presenza, piuttosto tendono ad escluderla. Nei quando atemporali c’è sempre modo di collocare tutto e tutti, ad esclusione di noi stessi, perché i “quando” contemplano giorni piuttosto lontani dall’oggi. Sterile esercizio, direbbe qualcuno particolarmente materialista, come lo definisco io, oppure particolarmente animato da senso pratico, come si definirebbe lui. Il fatto è che immaginare è uno degli esercizi mentali che preferisco e che in questi tempi sembra piuttosto accantonato. Credo di averlo fatto da sempre, fin da bambino, come quasi certamente la stragrande maggioranza dei miei coetanei, ancora completamente all’oscuro delle costrizioni a cui ci avrebbe sottoposto, in un futuro non troppo remoto, la cosiddetta educazione. Questa parola, dai molteplici significati e sfumature, finiva sempre per coincidere con l’altra più temuta “istruzione”, capace senza dubbio di fornire gli strumenti per trasformare le cose immaginate in segni sulla carta e dare loro quella fisicità che, a parere di alcuni, avrebbe dovuto eternarle. A volte le cose immaginate si trasformavano in pensieri piuttosto che in oggetti, non sempre il desiderio attiene al possesso, a volte si incarna in qualcosa di non apprezzabile in senso stretto.
Così, in una mattina qualunque, ci si ferma a fantasticare, non troppo a lungo perché il tempo, come dicono quelli che prezzano tutto, è denaro e senza denaro non puoi comprare il tempo. La durata dell’operazione è anch’essa una durata qualunque, conseguenza della notevole diversità esistente, per nostra fortuna, tra le persone che popolano questa terra. E in qualche modo, dipende anche dal valore – e non dal prezzo – che le attribuiamo. E questo valore aumenta notevolmente tra le persone che non danno importanza al prezzo, non già perché siano ricche di loro, ma perché considerano il denaro una necessità, ma non un dovere. In quanto necessità, il denaro occorre per la vita quotidiana, ma c’è chi è convinto che lo scopo della vita non sia accumulare denaro, quindi non fare del denaro un dovere. Strano, vero? Eppure, ne conosco di persone che limitano il possesso di denaro a quanto basta per vivere con dignità, senza essere costretti a mendicare per poter disporre della soddisfazione almeno dei bisogni primari. Una mattina qualunque, capiterà a ciascuno di noi di dover riflettere in pochissimi istanti sul senso del nostro passaggio su questa terra e su cosa avremo lasciato e staremo lasciando in quel momento. Se lasceremo volti sorridenti e pensieri felici, allora saremo riusciti a sfuggire al dovere del denaro.
© Sergio Tardetti 2023

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