QUEL CERTO PASSATO CHE TORNA
Recensione del libro “LE AQUILE DELLA NOTTE” di Alice Basso (Garzanti)
di Sergio Tardetti
Non scrivo più recensioni con la frequenza e la continuità di un tempo, complice, allora, il fatto che utilizzassi la recensione come tecnica di promemoria, per richiamare alla mente, almeno a grandi linee, quello che mi era passato davanti agli occhi durante la lettura di un libro. Non scrivo più con la stessa agilità – ostacolo, forse, l’età che induce a maggiore cautela e riflessione? – e trovo che tutto questo non sia bene, almeno per me. Ho bisogno di scrivere, tutti i giorni, come se si trattasse di un delicato esercizio psicofisico, avente come fine la ricerca della serenità del vivere – considerando la felicità una pura utopia e un sogno dal duro risveglio, che, ad esperienze e a conti fatti, non vale la pena inseguire. Da una rilettura di quello che scrivevo anni fa, nelle pagine del mio antico blog, quando il tempo da dedicare alla scrittura era limitato al poco concesso dagli impegni di lavoro, è fatalmente scoccata la scintilla che ha riacceso la fiammella necessaria ad incendiare il ricordo delle righe e della pagine scorse davanti agli occhi. Riprendo, dunque, l’attività parlando-scrivendo di un libro, acquistato di recente e letto con relativa calma, “Le aquile della notte” di Alice Basso.
Ricomincio da qui, ma solo per così dire, perché nel frattempo non ho mai smesso di leggere né tanto meno di scrivere, recensioni comprese. Sottolineo quel “ricomincio”, perché, nelle intenzioni, vorrei poterlo fare con maggiore sistematicità e frequenza. Intanto, me ne assumo l’impegno, con la speranza, anzi, la volontà, di poter riuscire a portarlo avanti. Dicevamo, dunque, del libro di Alice Basso, autrice che ho avuto il piacere di conoscere, pur senza esserci presentati, in occasione di una iniziativa di due giorni dal titolo “Giallo Natale”, tenutasi a Gubbio, presso la Biblioteca Sperelliana, un minifestival tutto imperniato sulla “letteratura di genere giallo, mistery, horror e dintorni”, così recitava la locandina recante il programma. L’autrice è venuta, nell’occasione, a presentare il suo libro che ho prontamente acquistato e, poco alla volta, letto, quasi centellinandolo. Sono stato immediatamente conquistato dallo stile leggero e arioso della scrittrice, capace di dare vita a personaggi che, se pure collocati in un’epoca alquanto distante nel tempo – siamo nel ventennio fascista, a metà degli anni Trenta del secolo scorso – non sfigurerebbero affatto se agissero al giorno d’oggi.
Curiosamente, la protagonista femminile, Anita Bo, condivide con l’autrice le stesse iniziali di nome e cognome, ragazza giovane, spigliata, indipendente, intraprendente e intelligente, capace di pensiero autonomo, tutte doti che la pongono in stridente contrasto con l’ambiente conformista, bigotto e ideologicamente addomesticato che la circonda. È lei la vera stella, motore apparentemente immobile del piccolo universo nel quale si trova ad agire, intorno alla quale si sviluppa e prende forma e consistenza la trama. Le fa da spalla un fascinoso datore di lavoro, Sebastiano Satta Ascona, fatalmente trascinato in tutte le avventure nelle quali Anita si getta a capofitto. Intorno a loro un gruppo felicemente assortito di comprimari e comparse che si trovano coinvolti nell’inevitabile detective story alla quale Anita, con il supporto di Sebastiano, saprà infine trovare la soluzione. Romanzo di ambientazione storica, ma non storico, in cui l’atmosfera dell’epoca è perfettamente ricostruita, grazie soprattutto al solerte lavoro di documentazione condotto dalla autrice, che rievoca accuratamente la situazione socioculturale di quegli anni. In più, sorpresa nella sorpresa, la descrizione di un ambiente, quello delle Langhe, nel periodo della piena vendemmia, con le sue cascine, i suoi vigneti e i suoi boschi in versione autunnale, rievocazione di una civiltà agreste ormai da tempo scomparsa, ma nella quale il lettore di buona memoria e di non più verde età riesce a calarsi alla perfezione.
Sapientemente raccontata e rappresentata anche la borghesia dell’epoca, con tutti i suoi miti e i suoi riti, compresa l’ostentazione della propria opulenza, raggiunta spesso a discapito delle classi subalterne e di una nobiltà che sta perdendo, oltre che il patrimonio degli avi, anche l’antico predominio sociale. Quanto al lettore di scarsa memoria, suggerisco a costui di confrontare i tempi in cui è ambientato il romanzo con quelli attuali. Sono più che certo che, se porrà la dovuta attenzione nella sua analisi, arriverà a scoprire che quel certo passato non è mai del tutto morto, ma che sta addirittura ritornando in maniera subdola e strisciante. Basta guardarsi intorno e leggere i segni dei tempi per avvertire quella atmosfera, ancora non così strettamente sorvegliata, di irrigidimento da parte del potere nei confronti di tutto quello che può costituire una forma più o meno aperta o più o meno velata di opposizione. A cominciare dal rapporto tra l’attuale classe governante e la cultura, avvertita con un aperto senso di fastidio e vissuta già come forma di chiaro dissenso. Quarto volume di una serie ambientata negli anni Trenta, confezionata forse per essere adattata ad una fiction, nella quale speriamo di vedere Anita Bo impersonata da qualche attrice beniamina del vasto pubblico televisivo. E chissà che qualcuno dei telespettatori, stimolato dalla visione delle storie, non decida in seguito di immergersi anche nelle pagine del libro.
Alice Basso – Le aquile della notte. Garzanti, 2023.
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Carceri fatiscenti, sovraffollamento e condizioni degradate di vita per detenuti e personale. La fotografia che lascia il 2023
“Lanciamo oggi l’allarme sul sistema penitenziario italiano, prima che si arrivi a condizioni di detenzione inumane e degradanti generalizzate. La politica ponga il tema del carcere al centro della propria agenda e accetti di discuterlo senza preconcetti ideologici o visioni di parte”.
A dirlo è Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, nel presentare un breve report della situazione delle carceri italiane a fine 2023.
“Quello che notiamo – sottolinea Gonnella – è la crescita estremamente rapida del sovraffollamento penitenziario. Oggi i detenuti sono 60.000, oltre 10.000 in più dei posti realmente disponibili e con un tasso di sovraffollamento ufficiale del 117,2%, con una crescita nell’ultimo trimestre (da settembre a novembre) di 1.688 unità. Nel trimestre precedente di 1.198. In quello ancora prima di 911. Nel corso del 2022 raramente si è registrata una crescita superiore alle 400 unità a trimestre. Andando avanti di questo passo, tra 12 mesi, l’Italia sarà nuovamente ai livelli di sovraffollamento che costarono la condanna della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per violazione dell’articolo 3 della Convenzione Edu”.
Nel report di fine anno di Antigone (scaricabile a questo link) si sottolinea come nelle 76 carceri di cui sono state finora elaborate le relative schede, sulle oltre 100 visite compiute negli ultimi 12 mesi dall’Osservatorio sulle condizioni di detenzione dell’associazione, in 25 istituti, il 33%, c’erano celle in cui non erano garantiti 3 mq calpestabili per ogni persona detenuta.
Non a caso il numero di ricorsi da parte di persone che lamentavano di essere state detenute in condizioni che violano l’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, e che vengono accolti dai tribunali di sorveglianza italiani, è in costante aumento dalla fine della pandemia, quando le politiche di deflazione avevano portato il numero delle persone recluse a essere circa 53.000. I ricorsi accolti sono stati infatti 3.382 nel 2020, 4.212 nel 2021 e 4.514 nel 2022.
A destare preoccupazione è anche lo stato fatiscente di molti istituti. Considerando sempre le 76 schede elaborate, il 31,4 % delle carceri visitate è stato costruito prima del 1950. La maggior parte di questi addirittura prima del 1900. Nel 10,5% degli istituti visitati non tutte le celle erano riscaldate. Nel 60,5% c’erano celle dove non era garantita l’acqua calda per tutto il giorno e in ogni periodo dell’anno. Nel 53,9% degli istituti visitati c’erano celle senza doccia (benché il termine ultimo per dotare ogni cella di doccia fosse stato posto a settembre 2005). Nel 34,2% degli istituti visitati non ci sono spazi per lavorazioni. Nel 25% non c’è una palestra, o non è funzionante. Nel 22,4% non c’è un campo sportivo, o non è funzionante.
“Le politiche governative dell’ultimo anno non hanno di certo aiutato le politiche penitenziarie. Tanti sono stati infatti i nuovi reati o gli inasprimenti delle pene varati da Governo e Parlamento, dal dl Caivano, alle norme anti-rave, fino al recente pacchetto sicurezza. Scelte che non avranno alcun impatto sulla prevenzione dei reati, per cui servirebbero altresì politiche economiche e sociali, ma che stanno contribuendo e contribuiranno sempre di più al sovraffollamento penitenziario e ad un peggioramento delle condizioni di vita delle persone detenute, ma anche del personale, su cui viene scaricata la fatica quotidiana di gestire situazioni complesse a fronte di scarse gratificazioni economiche” dice ancora Gonnella. Che conclude: “ci auguriamo quindi che il 2024 riapra una grande discussione nel paese sul carcere e sulle finalità della pena. Che si capisca che abbiamo bisogno di più misure alternative, di prendere in carico le persone – soprattutto quelle con dipendenza o disagio psichico – all’esterno, evitando che il carcere diventi un luogo di raccolta di marginalità e emarginazione. Antigone è a disposizione insieme al suo bagaglio di conoscenze e competenze maturate in quasi 40 anni di attività, monitoraggio e studio dei sistemi penitenziari e penali”.
L’articolo è stato pubblicato su Pressenza il 29 dicembre 2023
Inviata richiesta al Ministero per tutelare l’Ortazzo dichiarandolo Riserva Naturale
di Pressenza – Redazione Italia
Non si ferma l’impegno delle associazioni per la tutela del più prezioso sito del Delta del Po Emilia-Romagna, il comprensorio Ortazzo-Ortazzino a Ravenna. Dopo aver richiesto parere ad ISPRA, che ha confermato la necessità di una tutela rigorosa e le preoccupazioni per i possibili mutamenti all’area naturale che da 50 anni ha potuto evolvere indisturbata dopo la sventata cementificazione che l’avrebbe stravolta per sempre, si registra il positivo passaggio in Consiglio Comunale del 12 dicembre. All’unanimità dei votanti, su proposta del gruppo consiliare Lista Per Ravenna ed emendamenti della maggioranza, è stata richiesta al Parco del Delta del Po ed alla Regione la riclassificazione dell’area “C” a minor tutela, in area “B”.
Ma non basta: in accordo con quanto espresso da ISPRA, una folta rappresentanza di associazioni (WWF Ravenna, ENPA, FAI delegazione di Ravenna, Federazione Nazionale Pro Natura, L’Arca, Legambiente Emilia-Romagna; LIPU, OIPA, UBN – Unione Bolognese Naturalisti, insieme ad Italia Nostra che ha curato la presentazione dell’istanza), ha inviato al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, in conoscenza il Comando generale del Raggruppamento Carabinieri Biodiversità – gestore delle Riserve Naturali italiane e co-gestore dell’area Ortazzo-Ortazzino – la richiesta di istituzione di una Riserva Naturale dello Stato.
“L’area possiede i requisiti richiesti ai sensi dell’art.2 comma 3 della legge 394/91 per poter essere designata quale Riserva Naturale Statale in quanto risultano presenti numerosi habitat di interesse comunitario elencati in All.1 della Direttiva 92/43/CEE, di cui almeno 5 prioritari (1150*, 2130*, 2250*, 2270*, 6210*)”. Questo l’autorevole parere di ISPRA, a cui le associazioni aggiungono: “Le contigue Riserve Naturali Statali “Pineta di Ravenna” e “Duna costiera ravennate e foce del torrente Bevano” sono sottoposte rispettivamente a subsidenza, possibile ingressione marina, salinizzazione e rischio incendi la prima, erosione, eustatismo, subsidenza, perdita del cordone dunale (con effetti vistosi misurabili di anno in anno), fortissimo depauperamento degli habitat, pressione antropica elevata, ecc. la seconda, motivo per cui il territorio a monte di dette riserve, la cui preziosità ambientale è fuor di dubbio, può configurarsi in una sorta di “serbatoio di scorta” di biodiversità, nonché di “cuscinetto” nei confronti della pressione antropica da mare e da terra e nei confronti dei mutamenti dovuti ai cambiamenti climatici; da preservare ed accrescere, e non certo da alterare, invadere (in modo più o meno ipoteticamente “sostenibile”) o mettere a reddito. L’obiettivo è dunque quello di preservare un unicum ambientale/territoriale/paesaggistico di assoluto valore naturalistico e culturale, che dalla linea di spiaggia sul mare Adriatico all’Ortazzo e Ortazzino andrebbe a lambire il confine Ovest della millenaria Pineta di Classe, formando in questo modo una Riserva Naturale Statale vasta, ricchissima e notevolmente rafforzata rispetto allo scenario attuale”.
Con queste motivazioni, dunque, continua l’impegno per garantire il massimo grado di tutela ad un patrimonio ambientale di valore europeo che Ravenna ha il dovere di proteggere e preservare per il futuro.
Si attende fiduciosi il riscontro del Ministero.
Antonella Caroli
Presidente nazionale Italia Nostra
Francesca Santarella
Italia Nostra Ravenna
L’articolo è stato pubblicato su Pressenza il 29 dicembre 2023
La Foto è di Francesca Santarella
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