redazione

Con i monaci birmani. O no?

di Ettore Masina

I primi giorni, guardando alla televisione i loro cortei, ci sembrava di udire lo scalpiccìo dei piedi nudi dei monaci birmani. Avevano deposto i sandali per camminare così, in segno di umiltà o forse per somigliare di più ai poveri che volevano difendere o anche per dire che quelle strade erano diventati luoghi sacri. Mostravano, rovesciate, le ciotole in cui elemosinando raccolgono abitualmente il loro cibo: voleva dire che rifiutavano i doni degli uomini della dittatura militare perché fosse chiaro che non volevano sembrare garanti di una fede esibita nei templi e violata nelle camere di tortura. Anche, ci sembrava di udire le preghiere recitate per le strade: gli uomini e le donne della contemplazione erano usciti dalle loro incantevoli pagode per difendere la giustizia, ma non c’era contrasto fra azione e contemplazione, la preghiera era diventata voce di libertà.
Poi i Potenti hanno mandato i loro soldati, i monaci sono stati portati via: certamente molti rinchiusi nelle carceri, moltissimi confinati nei loro templi: preghino, preghino e non si occupino di politica. Nelle strade sono rimasti i morti. Qualche fotografia mostra monaci riversi nel fango, scomposti, con occhi sbarrati ai quali nessuno si cura di calare le palpebre. Nelle foto non si vede se hanno accanto le loro ciotole. Io penso che noi dovremmo deporvi qualche briciola di amorosa attenzione.

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La rendicontazione dei propri tagli

Vincenzo Andraous

Non sono un giudice, nè una vittima, ma non sono neppure un ipocrita: gli anni trascorsi in carcere, i nuovi gesti, gli atteggiamenti e i comportamenti di tutti i giorni, nel tentativo di svolgere prevenzione e contemporaneamente essere un uomo migliore, mi costringono a dire qualcosa sul detenuto che, condannato all’ergastolo, ha ingannato se stesso e quelli che hanno creduto in lui.

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Cultura convergente

Dove collidono i vecchi e i nuovi media

di Henry Jenkins

Prefazione
di Wu Ming

Nel migliore dei mondi possibili, la pubblicazione di questo libro scuoterebbe come un terremoto il dibattito italiano su Internet e le nuove tecnologie di comunicazione. Se non produrrà nemmeno uno scarto, significa che quel dibattere è una parvenza di vita, finestre sbattute dal vento in una villa disabitata, mortorio al cui confronto un poltergeist è il Carnevale di Rio. …

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Quando la dignita’ viene dimenticata

Di Vincenzo Andraous

Il mercato del delitto non va mai in ferie, le televisioni ci rendono ciechi nella ragione, affidiamo agli occhi il compito di tradurci i messaggi, mentre con il pensiero cerchiamo altre cose da fare, qualche scorciatoia per acquistare al banco dell’usato i soliti giudizi affrettati, persino la vergogna ha il volto tumefatto dalle disattenzioni e gli abbandoni di chi è disperato.

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Attraversando la strada

di Vincenzo Andraous

Mentre attraversavo la strada per recarmi in ufficio, due ragazzi mi sono sbattuti addosso, non avevano più di tredici-quattordici anni, l’aspetto spavaldo di chi non chiede permesso, i cappellini da rapper duro, avevano un ‘aria tra le righe, come se non toccassero terra con i piedi.
Si passavano con ingordigia una sigaretta, non proprio una siga, ma uno spinello, di quelli fatti male perché arrotolati in fretta.

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