Voglia di misurarsi, il post di Suzukimaruti, a mio parere, ci aiuta a capire a che punto del cammino sia il web. Il mio intervento vuole prendere le “distanze” da una posizione che non mi convince e che, secondo me, ha delle contraddizioni.
A cosa serve la classifica di Blogbabel?
Penso a dimostrare una volta di piu’ e, se ancora ce n’era bisogno, che il web non puo’ essere indagato con gli stessi strumenti utilizzati per studiare i mezzi di comunicazione tradizionali.
Ma allora, a cosa serve Blogbabel?
Non so se era nelle intenzioni dei suoi ideatori, ma oggi Blogbabel è un motore di ricerca utile per seguire le conversazioni della blogosfera italiana. E’ aggiornato in tempo quasi reale, è affidabile e funziona sempre :–)
Quando sarà attiva, la funzione “cerca per URL” permetterà di seguire le reazioni alla pubblicazione di ogni singolo post.
E la mappa?
La mappa ha scatenato un numero consistente di interventi interessanti, forse, per il fatto che i tempi erano maturi.
Di fronte ad un’unica mappa ognuno di ‘’noi’’ ha visto e letto cose differenti, non c’è stata un’unica reazione di massa e nemmeno una divisione tra sostenitori e oppositori, ma tante “voci” che leggevano la stessa mappa da punti di vista diversi. Questo va nella direzione di quello che Pierre Lévy chiama “intelligenza collettiva”.
Ma attenzione, l’intelligenza collettiva non è una realta’, è solo una possibilita’.
E veniamo al punto che, secondo me, è causa dei malumori di Vittorio Zambardino e delle inquietudini di Simone Morgagni. Dalla conversazione, nata dopo la pubblicazione della “mappa” sono state individuate due posizioni distinte e distanti: blog alla ricerca di modelli di business, che ripropongono in rete il modello del mercato e di tutte le logiche ad esso legate, blog, che hanno fatto proprio il sistema del dono e che proseguono sulla strada tracciata dagli architetti della rete e profetizzata da Lèvy.
Suzukimaruti scrive: ‘’Chiarito il fatto che, salvo filantropi, ipocriti e poveri illusi, piu’ o meno tutti abbiamo un blog per ‘’vendere” qualcosa a qualcuno.’’
Suzukimaruti raffigura l’uomo moderno, realista e immune dalle tentazioni del dono. Ma a ben gurdare le cose potrebbero non stare proprio così: “Notiamo per inciso un elemento che potrebbe essere piu’ sorprendente: parlare è considerato un dono. Il primo forse. […] Prima di informare o di mirare a far si’ che gli altri si conformino ai nostri scopi, la parola e’ soprattutto destinata all’altro in quanto altro […] puo’ circolare soltanto se tra l’uno e l’altro, tra gli uni e gli altri, e’ stato preliminarmente creato e simboleggiato proprio quel rapporto che autorizza la parola […] e di essa si nutre. (Jacques T. Godbout, 1992).
Suzukimaruti ci ha “donato” “chilometri” di parole :–)
E di questo lo ringrazio.