Il post di Sergio Maistrello mi ha portato a riflessioni discordanti nelle quali, invece, vorrei cercare di mettere un po’ di ordine.
“La morale di tutto questo è che in quattro giorni non ho trovato affatto una morale. Solo un gruppo di ragazzini pieni di opportunità, ma molto distratti e assai annoiati – pur con le debite, confortanti eccezioni. Hanno strumenti che noi ci sognavamo.”
Una morale forse c’e’ e potrebbe essere che la realta’ è diversa da quella che viene presentata dai mezzi di comunicazione, si potrebbe pensare che i ragazzi non sono cosi’ vicini alle nuove tecnologie quanto l’immaginario collettivo li percepisce.
Tutti hanno un telefonino, ma non tutti possiedono un computer. Tutti giocano con la playstation, ma solo una parte e’ collegata ad Internet.
Ci sono scuole sufficientemente dotate di computer, ce ne sono altre, invece, dove gli studenti non hanno un accesso ad Internet.
Puo’ capitare, insomma, che dei giovani arrivino al diploma o, peggio, alla laurea senza aver avuto contatto con il computer ed Internet.
Questo dice la mia esperienza, purtroppo confermata dai dati dell’Istat.
“Di tutto, l’effetto più stupefacente […] è stato ripiombare in quel mondo avulso dalla realtà che è la scuola.”
Mondo avulso dalla realta’ o realta’ avulsa dal mondo della scuola?
La campanella scandisce il tempo dell’istituzione scolastica ed è il tempo della civilta’ industriale.
La campanella suona per l’insegnante ed indica il momento in cui prende possesso del suo feudo, segnala l’istante in cui il sapere viene ritagliato in territori (le materie).
La campanella suona per alunni e studenti e segna l’inizio del tempo della costrizione. Studenti costretti a mettere da parte i propri pensieri, i propri sentimenti, le emozioni e le curiosità per entrare nel territorio del sapere parcellizzato.
Se si dovesse accendere la fiamma del desiderio di conoscere, la campanella pensera’ a spegnerla.
Si impara per tutta la vita, a scuola, nella strada, alla televisione, sui giornali, sui libri, nei campi sportivi… Prima riconosceremo questa realtà e ce ne assumeremo la responsabilita’, prima potremo trasformarci in una societa’ pedagogica.
Quindi, non chiediamoci per chi suona la campanella: suona per tutti noi.
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