Wikileaks: la vera storia della pubblicazione senza filtri degli archivi

di Gennaro Carotenuto

La decisione di Wikileaks di rendere disponibile per intero e senza filtri il suo archivio di 250.000 documenti diplomatici statunitensi, rappresenta una delle più grandi sconfitte nella storia del giornalismo. Julian Assange e il suo gruppo aveva infatti per mesi creduto che la stampa, i più grandi giornali del mondo nella fattispecie, dal New York Times al Guardian a El País avrebbe rispettato i patti e agito come grande fattore di democratizzazione dell’informazione. Non è andata così.

in Giornalismo partecipativo

Wikileaks: la vera storia della pubblicazione senza filtri degli archivi Leggi tutto »

Ponte Galeria inferno inutile

Articolo di Furio Colombo pubblicato su Il Fatto Quotidiano, il 27/07/11

Una ragione grave ha indotto un gruppo di senatori e deputati (tutti di opposizione) ad andare a Ponte Galeria, il cosiddetto Centro di Identificazione e di espulsione di Roma, ovvero la prigione di immigrati e profughi catturati a caso, rinchiusi a caso, detenuti senza spiegazioni, senza ragioni e senza capire. Lo stesso giorno, il 25 luglio, altri deputati e altri senatori si sono presentati ai Cie in tutta Italia. È accaduto che il governo Bossi-Maroni (al momento ancora formalmente presieduto da Berlusconi) abbia appena stabilito, in modo del tutto arbitrario e mentre tutto accade, nel mondo e in Italia, tranne che un’emergenza immigrati, che la detenzione cieca, che era di sei mesi, sia adesso improvvisamente diventata una detenzione cieca di un anno e mezzo. Ho scritto “cieca” perché niente è chiaro o spiegato o documentato in questa brutta storia. Per essere sicuro che resti cieca, il governo Bossi-Maroni ha deciso, contro la Costituzione, di vietare l’ingresso ai giornalisti, impedendo dunque qualunque informazione per i cittadini e per l’opinione pubblica internazionale. Il 25 luglio a Roma c’erano il presidente dell’Ordine dei giornalisti. C’era il segretario della Federazione della stampa. C’erano televisioni e decine di colleghi giornalisti. Dal tetto di uno degli edifici prigione alcuni detenuti ribelli chiedevano di incontrare i giornalisti e di parlare. Per la stampa non è entrato nessuno.

Ponte Galeria inferno inutile Leggi tutto »

E i talebani? Twittano… in inglese

Avevano bannato la televisione, la musica e il cinema, perché segno dell’immoralità. Oggi, a distanza di 15 anni, twittano. Segno che i tempi cambiano anche per gli studenti più puri del Corano. Quando tra il 1996 e il 2001 i talebani spadroneggiavano in , quasi tutti i prodotti elettronici erano banditi. Fotografare era fuorilegge e chi veniva scoperto in possesso di una videocamera si meritava frustrate in pubblico. Ma poi, con l’arrivo della coalizione internazionale, qualcosa è cambiato. Prima hanno iniziato ad inviare comunicati stampa, poi email e le tanto odiate immagini. Foto e video degli attacchi ai soldati stranieri. Fino al 2011, quando è arrivata on-line, sotto il nome di alemarahweb, la pagina ufficiale dell’Emirato Islamico d’Afghanistan.

E i talebani? Twittano… in inglese Leggi tutto »

Lo strano caso del tricolore alle finestre

Passata la festa del 150° anniversario dell’Unità resta innanzitutto un memorabile Giorgio Napolitano (peraltro pessimamente accompagnato) a testimoniare valori repubblicani in un paese che tali valori non ha mai coltivato. C’è da chiedersi cosa sarebbe stato di noi se in questi vent’anni la politica (almeno questo!), non avesse scelto in sequenza tre dei suoi più dignitosi esponenti, il vecchio democristiano Oscar Luigi Scalfaro, il vecchio azionista Carlo Azeglio Ciampi e il vecchio comunista Giorgio Napolitano per dar sostanza di argine ad un Colle dove altrimenti si sarebbero accampate le lanzichenecche di Lele Mora.

di Gennaro Carotenuto

Fuori, soprattutto negli ultimi vent’anni, è restato il paese che conosciamo, nel quale la disuguaglianza cresce, è gramo vivere al di fuori di una ristretta cerchia di garantiti e dove suonano vuoti i pur indiscutibili ragionamenti su quanto meglio stiamo rispetto a 150 anni fa. L’Italia è oggi un paese nel quale non la casta ma un nutrito numero di cittadini, probabilmente addirittura la maggioranza, ogni volta che può coi valori repubblicani si pulisce le scarpe. Lo testimoniano non tanto e non solo il persistente potere berlusconiano o il declino oramai anche etico dell’opposizione post-comunista che un tempo incarnava in Enrico Berlinguer la “questione morale”. Lo testimoniano innanzitutto quei 150 miliardi di evasione fiscale e quei 60 di corruzione ogni anno che fanno apparire briciole i soldi che Giulio Tremonti taglia via via dalla cultura o dalla salute, dalla scuola o finanche dalle cure palliative ai malati terminali.

In Italia non c’è un Brenno straniero da respingere col ferro ma milioni di Brenno interni che sottraggono al paese quell’oro senza il quale nulla è possibile (dal risanamento dei conti pubblici a finanziare scuola, sanità, ricerca…). E non è un paradosso che il partito anti-italiano, che teorizza addirittura l’estraneità e superiorità della propria gente sul paese tutto, la Lega Nord, dal Trota Bossi alle quote latte, si sia dimostrato il più arci-italiano dei partiti nell’applicare un familismo amorale che non ha latitudini e che appare oggi, per certi versi più delle mafie (che almeno sono perseguibili penalmente), il vero cancro del paese.

In tale amoralità diffusa resta da interpretare la novità di quelle bandiere appese alle finestre. Queste fanno apparire una scommessa vinta quella di quanti, Napolitano, ma anche Giuliano Amato tra i politici di primo piano, hanno scelto di celebrare il 17 marzo come festa nazionale sulla scia della rivalorizzazione di simboli patrii inaugurata da Carlo Azeglio Ciampi per contrastare con simboli unificanti l’eversione leghista allegramente cooptata dalla politica romana. Tali bandiere, in alcune regioni soprattutto del centro-Italia, a tratti sono apparse quasi un tripudio tricolore. Cosa ha animato chi il tricolore ha esposto, dai balconi come dalle vetrine? Vuoto conformismo? Neo-nazionalismo? Orgoglio per glorie passate di fronte alle meschinità presenti? Superamento del Novecento nel quale l’esposizione del tricolore (ma perché dimenticano sempre il Guttuso del simbolo del PCI e il Garibaldi delle brigate partigiane prima e del Fronte popolare poi?) era interpretata come revanchismo fascista? Semplice voglia di festa, magari consumista? Aspirazione ad un nuovo Risorgimento nella rivendicazione dei valori repubblicani identificati col simbolo bandiera?

Lo strano caso del tricolore alle finestre Leggi tutto »