Diritti umani

Cosa sta accadendo nella Repubblica Democratica del Congo?

Nella Repubblica Democratica del Congo, uno dei tanti Stati africani creati dalle imprese coloniali occidentali, e’ in atto una tragedia, da ben un decennio, che pero’ il resto del mondo sembra avere dimenticato. Milizie rivali infliggono sofferenze inenarrabili alla popolazione civile, nell’indifferenza di chi detiene il potere politico. E non solo.
Quattro milioni di morti in cinque anni, donne stuprate e seviziate, bambine schiavizzate, bambini soldato. Quasi due milioni di sfollati, di cui la stragrande maggioranza in trappola nella parte orientale del Congo senza accesso ne’ a cibo ne’ ad acqua potabile, ne’ altri beni di prima necessita’. Fame, malnutrizione diffusa e condizioni igienico-sanitarie inimmaginabili, con un rischio elevatissimo di epidemie.
Il fatto che le ragioni del conflitto abbiano a che fare col controllo di minerali indispensabili all’industria elettronica del mondo occidentale, ci fanno chiudere un occhio su questa catastrofe umanitaria. Anzi, tutti e due.
Ben poco si parla dello sfruttamento disumano di gran parte dell’Africa e della poverta’ a cui i suoi abitanti sono costretti, o quando se ne parla, lo si fa in modo volutamente sbagliato. Ma vi siete mai domandati come mai in un continente così naturalmente ricco gli abitanti sono ridotti alla fame? Qualcuno lo avra’ fatto, molti no. Perche’ ai piu’ non importa della condizione di milioni di “negri” che “tanto non hanno voglia di far niente”.
E invece no. Riflettete. Pensate agli interessi fortissimi di pochi che, purtroppo, vincono sempre, a danno di tanti. Agli occhi dei colonizzatori l’Africa non e’ stata altro che una terra da violare, svuotare, distruggere, per il proprio benessere. E continua ad esserlo, perche’ non dobbiamo dimenticare che le multinazionali di oggi sono il colonialismo di ieri.
Cercano di farci credere che questa sia l’ennesima lotta intestina, combattuta da neri contro neri, da una tribu’ contro l’altra, per problemi di religione, etnia o altro. I media – quelli che ne parlano – cercano di convincerci che questa guerra e’ da imputarsi unicamente a quelle irrisolvibili e per noi incomprensibili “lotte tribali”. Ma anche la guerra dei Balcani ci era stata propinata come guerra etnica, o no?
Chi non si accontenta delle bugie propinate da giornalisti sciattoni, manovrati e controllati ad arte, sa bene che tutto questo e’ dovuto in grandissima parte allo strapotere occidentale ed all’avidita’ delle multinazionali, che giocano con la vita degli esseri umani.
D’accordo, indigniamoci pure col governo locale, che poco o niente fa per fermare la strage, e prendiamocela anche con le diverse fazioni in lotta. Ma l’ONU dove’e’? E noi? Cosa stiamo facendo?
Ogni volta che giochiamo con una play-station, che teniamo in mano un telecomando, un telefono cellulare, un computer portatile oppure (i piu’ ricchi) un gioiello con diamanti, dovremmo riflettere sulla scia di sangue e sulle vite distrutte affinche’ noi (cosiddetto mondo civilizzato) possiamo continuare a beneficiare dei lussi della moderna tecnologia, rendendoci responsabili di ulteriore, fame, distruzione, morte.

Domandiamoci: i veri selvaggi chi sono? Loro o noi?

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Texas Death Row Hotel

Pubblichiamo la tesina scritta e presentata da Michela Vendemmiati per il suo diploma di scuola media superiore.
Michela ha preso spunto dalla storia di Richard Wayne Jones, giustiziato in Texas nell’agosto del 2000, per parlare in modo approfondito della pena capitale, delle sue origini, delle sue implicazioni nella societa’ e di come e dove ancora oggi viene utilizzata. La tesina e’ peraltro corredata di documentazione fotografica.
Ringraziamo Michela per l’impegno e l’ottimo lavoro.

Il direttivo COALIT

Michela Vendemmiati – Texas Death Row Hotel [PDF 545  KB]

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La pena di morte nel mondo

di Emi Del Bene

Non sono solo triste, sono deluso dal fatto che un sistema che si suppone debba proteggere e proclamare quello che è giusto in realtà sia così simile a me, e stia facendo lo stesso vergognoso errore che commisi io. […] Stanotte diciamo al mondo che non esiste una seconda possibilità agli occhi della giustizia. Stanotte diciamo ai nostri bambini che certe volte, in qualche caso, uccidere è giusto. Nessuno vince stanotte. Nessuno starà meglio. Nessuno uscirà di qui vittorioso.
(Ultima dichiarazione di Napoleon Beazley, messo a morte il 28 maggio 2002 per un omicidio commesso quando era minorenne. Qui la dichiarazione completa in lingua originale e la sua scheda dove è addirittura specificato che è “nero”).

La pena di morte è una violazione dei Diritti Umani che, purtroppo, e’ ancora legale in molti paesi, anche cosiddetti “civilizzati” e moderni (come gli Stati Uniti e il Giappone).

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Gli USA uccidono i cittadini stranieri nonostante le proteste

(libera traduzione a cura COALIT)

Ciò che l’America fa nelle proprie prigioni in linea di massima e’ affar proprio, ma non sempre. Come questo mese, quando a Jose Medellin, cittadino messicano condannato a morte per lo stupro di gruppo e l’omicidio di due adolescenti avvenuti 15 anni fa a Houston, e’ stata somministrata un’iniezione letale nel carcere di Huntsville, in Texas.
La morte di Medellin ha scatenato un’immediata protesta da parte del Messico, che aveva chiesto che nel caso di Medellin, così come in quello di altri 50 cittadini messicani rinchiusi nei bracci della morte americani, fosse applicato quanto previsto dai trattati in essere, firmati anche dagli USA, in materia di relazioni consolari.
La Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja negli ultimi 5 anni per ben due volte ha chiesto agli USA di riesaminare le condanne a morte emesse nei confronti di cittadini stranieri e la Casa Bianca aveva chiesto al Texas quantomeno di ritardare l’esecuzione [di Medellin], ma nonostante cio’ la scorsa settimana il Texas ha disobbedito a George Bush e al mondo pochi minuti dopo il mancato accoglimento di un appello dell’ultimo minuto da parte della Corte Suprema degli Stati Uniti.
Secondo il “Death Penalty Information Centre”, alla fine dello scorso anno erano 132 i cittadini stranieri in attesa di esecuzione capitale negli USA. Nonostante il gruppo piu’ nutrito sia rappresentato dai cittadini messicani, sono presenti anche i cittadini di altri 38 Paesi, fra cui Germania e Francia.
Molti Paesi decidono di non concedere l’estradizione di prigionieri verso gli Stati Uniti, se il reato commesso e’ passibile di pena capitale e se le leggi dello Stato richiedente l’estradizione prevedono la pena capitale. La Gran Bretagna ha concesso l’estradizione di Neil Entwistle, cittadino inglese, recentemente giudicato colpevole dell’omicidio di sua moglie e di sua figlia in Massachusetts, uno dei pochi Stati americani senza la pena di morte.
Non soltanto gli Stati del Sud applicano la pena capitale. Sono 36 gli Stati americani le cui leggi prevedono questa pena, fra cui Stati liberali come lo Stato di New York ed il Maryland, mentre sono soltanto 14 quelli senza braccio della morte (oltre a Washington DC).
Dal 1976, anno in cui la Corte Suprema degli Stati Uniti si pronuncio’ a favore della reintroduzione della pena capitale da parte dei singoli Stati, al 1° agosto di quest’anno sono state giustiziate 1.115 persone, di cui il 38% afro-americane, una percentuale del tutto sproporzionata in relazione alla percentuale di popolazione di afro-americana residente negli USA (13%). L’anno in cui sono state eseguite piu’ condanne a morte e’ stato il 1999,
con 98 esecuzioni.
Negli ultimi 30 anni il Texas ha giustiziato quattro volte piu’ prigionieri di qualsiasi altro Stato (a seguire la Virginia). E’ vero che la regione chiamata “il Sud del Paese” e’ piu’ propensa a giustiziare rispetto ad altre aree degli USA. Pero’ non tutti gli Stati che hanno l’opzione di mettere a morte i detenuti scelgono di farlo. Il New Hampshire, ad esempio, e’ uno Stato con la pena di morte, ma non pratica esecuzioni capitali da decenni.
Stanno aumentando le pressioni affinche’ la pena capitale venga abolita, in parte grazie al riconoscimento che il rischio di mettere a morte una persona innocente non puo’ essere ignorato, e questo, a sua volta, in seguito al miglioramento di tecnologie forensi e all’uso del test del DNA utili nel determinare l’innocenza o la colpevolezza. Il tasso di esonero di condannati a morte e’ stato in media di 3,1 all’anno fino al 1999, schizzato poi a 5 all’anno oggi.
Gli abolizionisti hanno anche messo in evidenza i costi esorbitanti che i contribuenti sostengono per ogni caso capitale.
Tutto questo, tuttavia, e’ ben lontano da un vero cambiamento di mentalita’.
Gli abolizionisti sembrano fare un passo indietro ogni due passi in avanti. Recentemente hanno subito un duro colpo quando, in aprile, la Corte Suprema degli USA ha posto fine ad una breve moratoria nazionale sulle esecuzioni in attesa del pronunciamento in merito alla costituzionalita’ dell’iniezione letale (il metodo di esecuzione piu’ usato), decretata pena non insolita e non crudele.
Il Texas e’ stato il primo Stato a riprendere le esecuzioni.
Tuttavia, anche questo puo’ essere considerato un piccolo passo in avanti, anche se in base ai sondaggi gli americani favorevoli alla mena capitale continuano ad essere di piu’ (seppur sempre meno rispetto al passato).
Un momento importante fu il 2003, quando il Governatore uscente dell’Illinois, Gorge Ryan (poi condannato per corruzione) commuto’ tutte le condanne dei prigionieri rinchiusi nel braccio della morte in quel momento. In precedenza [Ryan] aveva decretato una moratoria sulle esecuzioni, in seguito alla scoperta di errori e discriminazioni razziali nel procedimenti. Tuttavia, le speranze che l’Illinois si sarebbe mosso verso l’abolizione in seguito sono andate deluse.
Un evento storico si e’ verificato lo scorso dicembre, quando il New Jersey e’ diventato il 1° Stato americano ad eliminare ufficialmente la pena di morte dal proprio Statuto dalla reintroduzione della pena capitale nel 1976.
Anche i legislatori di altri quattro Stati – Maryland, New Mexico, Montana e Nebraska – stanno discutendo da un anno a questa parte se abolire o meno la pena di morte. Il Maryland ha annunciato la formazione di una speciale commissione che eseguira’ uno studio di fattibilita’.
E’ la Cina ad essere in cima alla lista dei Paesi del mondo per numero di esecuzioni (ufficialmente vi ha fatto ricorso per 470 volte lo scorso anno, anche se il numero e’ molto piu’ altro secondo Amnesty International), seguita dall’Iran e dall’Arabia Saudita. Fra i Paesi industrializzati, soltanto gli USA, il Giappone e la Corea del Sud continuano a fare ricorso alla pena di morte. Convincere gli Stati Uniti ad abolire la pena di morte e’ diventata una questione
della massima importanza per gli attivisti che operano in difesa dei diritti umani in tutto il mondo. Ma come dimostrato dall’esecuzione di Medellin, cio’ che il resto del mondo pensa degli Stati Uniti non conta granche’ per gli americani.
Ancora nessun candidato alla casa Bianca si e’ espresso contro la pena di morte, nemmeno uno liberale come Barack Obama. Il rischio e’ quello di perdere le elezioni. Tuttavia, se eletto, Obama potrebbe influenzare il dibattito e far almeno in modo che vengano emanate leggi a salvaguardia degli innocenti.

Fonte: The Independent

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