Racconto fotografico di Giuseppe Nicoloro de Le Avventure di Pinocchio. Storia di un burattino
… sentí una vocina sottile sottile…
Intanto Geppetto prese con sè il suo bravo pezzo di legno, e ringraziato mastr’Antonio, se ne tornò zoppicando a casa.
Più lo ritagliava e lo scorciva, e più quel naso impertinente diventava lungo.
Dimmi, Grillo, e tu chi sei?
E lì si addormentò; e nel dormire, i piedi che erano di legno, gli presero fuoco, e adagio adagio gli si carbonizzarono e diventarono cenere.
— Queste tre pere erano per la mia colazione: ma io te le do volentieri. Mangiale, e buon pro ti faccia.
— Ci avrei soltanto queste bucce e questi torsoli di pera. — Pazienza! — disse Pinocchio — se non c’è altro, mangerò una buccia.
… gli fece allora un vestituccio di carta fiorita, un paio di scarpe di scorza d’albero e un berrettino di midolla di pane.
— Vuoi darmi quattro soldi di quest’Abbecedario nuovo?
…. Eppure quello laggiù è Pinocchio!…
— Povero diavolo! Mi fa quasi compassione. Ecco qui cinque monete d’oro. Va’ subito a portargliele, e salutalo tanto da parte mia. —
… Ma non aveva fatto ancora mezzo chilometro, che incontrò per la strada una Volpe zoppa da un piede e un Gatto cieco da tutt’e due gli occhi…
Quello che mangiò meno di tutti fu Pinocchio.
… saltata la siepe della strada, cominciò a fuggire per la campagna. E gli assassini a correre dietro a lui, come due cani dietro a una lepre…
la bella Bambina dai capelli turchini si affacciò daccapo alla finestra
— Addio a domani. Quando domani torneremo qui, si spera che ci farai la garbatezza di farti trovare bell’e morto…
— O Fata mia, o Fata mia! — cominciò allora a strillare il burattino — datemi subito quel bicchiere… Spicciatevi, per carità, perché non voglio morire, no… non voglio morire. —
Scavò la buca, ci pose le quattro monete d’oro che gli erano rimaste: e dopo ricoprì la buca con un po’ di terra.
Ma lungo la strada, non potendo piú reggere ai morsi terribili della fame, saltò in un campo coll’intenzione di cogliere poche ciocche d’uva moscadella.
Intanto, siccome oggi m’è morto il cane che mi faceva la guardia di notte, tu prenderai subito il suo posto. Tu mi farai da cane di guardia.
— I ragazzi perbene dicono sempre la verità…— E io sempre le bugie. — I ragazzi perbene vanno volentieri alla scuola… — E a me la scuola mi fa venire i dolori di corpo. Ma da oggi in poi voglio mutar vita. — Me lo prometti? — Lo prometto.
Il giorno dopo Pinocchio andò alla Scuola comunale.
Vado ad abitare in un paese… che è il più bel paese di questo mondo: una vera cuccagna!… — E come si chiama?
— Si chiama il «Paese dei balocchi». Perché non vieni anche tu?
In mezzo ai continui spassi e agli svariati divertimenti, le ore, i giorni, le settimane passavano come tanti baleni.
… non trovando uno specchio, empí d’acqua la catinella del lavamano, e specchiandovisi dentro, vide quel che non avrebbe mai voluto vedere: vide, cioè, la sua immagine abbellita di un magnifico paio di orecchi asinini.
Il mostro, tirando il fiato a sé, si bevve il povero burattino,
come avrebbe bevuto un uovo di gallina…
— E come avete fatto a campare? E dove avete trovata la candela? E i fiammiferi per accenderla, chi ve li ha dati?
— Questo è il vero momento di scappare — bisbigliò allora voltandosi al suo babbo. — Il Pesce-cane dorme come un ghiro: il mare è tranquillo e ci si vede come di giorno. Venite dunque, babbino, dietro a me, e fra poco saremo salvi. —
E nel dormire, gli parve di vedere in sogno la Fata, tutta bella e sorridente, la quale, dopo avergli dato un bacio, gli disse cosí: — «Bravo Pinocchio! In grazia del tuo buon cuore, io ti perdono tutte le monellerie che hai fatto fino a oggi.
— Com’ero buffo, quand’ero un burattino!
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