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La fine della Big Conversation

E la nascita delle small conversations: dove gli utenti social creano la loro sfera pubblica personale.

di Giovanni Boccia Artieri su Le Macchine Volanti

Facebook al tramonto?

Giovanni Boccia Artieri

Sono diminuiti i contenuti pubblicati dagli utenti di Facebook, come raccontano i dati Global Web Index riportati dal Wall Street Journal. La ricerca evidenzia come oggi solo il 34% degli utenti posta contenuti sul social network (meno 50% rispetto ad un anno fa) ed è il 37% (con un calo del 59%) a condividere le proprie foto. Sono dati che fanno pensare ad una trasformazione in atto che comincia a diventare visibile. Possiamo leggere questo calo di  produzione e condivisione di contenuti su Facebook da parte degli iscritti come una cartina di tornasole di qualcosa che abbiamo sotto gli occhi e che dobbiamo imparare ad osservare con più attenzione?

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Sulla privacy

Questa mattina Sergio Maistrello ha pubblicato questo post su FB:

L’esperto, più probabilmente, non l’ha mai vissuto sulla sua pelle. Non ha provato il senso di comunità che si genera intorno a un’attesa. Non è stato sollevato nel condividere, e spesso nel risolvere, le spropositate ansie di una coppia incinta dentro a gruppi di pari. Non ha avuto l’opportunità di mettere la sua esperienza a disposizione degli altri e di vederla diventare utile al prossimo. Non ha visto che cosa succede alla prorompente emozione del neogenitore quando viene rilanciata appena un po’ al di là della stretta cerchia degli intimi. Non ha avvertito il supporto della comunità attorno a un momento così fragile e meraviglioso della propria storia, noi figli di una civiltà che si era rintanata nel privato della propria abitazione e del proprio schermo televisivo. Non si è ritrovato di nuovo individuo, responsabile dell’unicità della propria vicenda e della vicenda del proprio bambino, in un momento della vita in cui più che mai ci si arrende a procedure così standardizzate e asettiche da non permettere di avvicinarsi nemmeno al senso di ciò che si sta vivendo.

È tutto vero: se non sei completamente consapevole di quello che stai facendo e di come funzionano questi socialcosi ti può capitare facilmente di esagerare, di andare contro all’interesse futuro tuo e dei tuoi figli. È vero, ci sono atteggiamenti patologici che bisognerebbe avere la responsabilità di aiutare ad arginare. È vero, quel che facciamo noi qui oggi andrebbe ponderato con grande attenzione, immaginando come la decontestualizzazione di questi contenuti peserà nel tempo sulle persone che ne sono coinvolte. Ed è vero anche che quando il neonato diventa infante e poi adolescente è il caso di fare non uno ma dieci passi indietro, talmente vero che questo limite spesso emerge spontaneo. È tutto vero: serve attenzione, misura e consapevolezza, buon senso, tutte qualità che apparentemente non abbondano.

Però, ecco, mi piacerebbe che ogni tanto uscisse anche l’altra parte della storia, che non vi fermaste soltanto al gratuito senso di colpa che articoli come questo amano generare. Là dove un esperto vede soltanto narcisismo e alterazioni della relazionalità il più delle volte ci sono emozioni, esperienze, vicende umane, persone che si mettono in gioco e fanno un tratto di strada insieme ad altre persone, bambini che crescono dentro cerchie di affetti più ricche e più ampie di quel che avrebbe potuto essere, comunità che si ritesse attorno agli alti e ai bassi delle nostre vite. Un enorme capitale sociale che ha reso spesso migliore la vita della mia famiglia e a cui restituisco con gratitudine e spirito di condivisione momenti ed esperienze della mia vita, quando mi sembra il caso.

L’articolo al quale faceva riferimento è questo:

Sui social media

Social media management: consigli per cominciare con buon senso

di Letizia Sechi

Tramite Sergio Maistrello

Social network

La Rete vista da se stessa – Massimo Mantellini