Il profeta dell’innovazione

E’ uscita una biografia di Joseph Schumpeter, dal titolo “Il profeta dell’innovazione” per i tipi di Mc Graw, l’autore è Thomas K. Mc Craw, profesore emerito di business history alla Harvard Business School. Il libro si fa apprezzare per essere la prima biografia sull’economista austriaco. Nell’interpretazione dell’autore forse prevale un eccessivo accento sugli aspetti di esagetici del capitalismo, mentre rimane sottovalutato il debito verso il pensiero marxiano. La ricchezza ed il dettagli di notizie ne fa comunque una lettura preziosa per chi ancora voglia interessarsi alla analisi del capitalismo. Una lettura da condurre in parallelo con la biografia di Keynes, consiglio Robert Skidelsky, John Maynard Keynes, Bollati Boringhieri 1989, a mio avviso più puntuale e meno agiografica delle altre. Questo per consentire e costruire un parallelo fra due grandi del pensiero economico del novecento.
Grandi quanto diversi fra loro. Sotto il profilo psicologico, tombeur de femmes Schumpeter spesso in preda a profondi stati depressivi, gay il secondo, sempre in controllo dei propri stati d’animo. Lo sguardo analitico radicato nel lungo periodo di Schumpeter, si scontra con la famosa sentenza keynesiana, che ci da’ tutti morti nel lungo periodo. Eppure nonostante queste differenze, li unisce una straordinaria convergenza nei giudizi di alcuni passaggi cruciali dell’epoca.
Del lavoro su Schumpeter, segue una traduzione parziale del capitolo che McCraw dedica all’esperienza governativa di cui il nostro fu protagonista per alcuni mesi del 1919.
La grande guerra, si dimostrò catastrofica per il capitalismo imprenditoriale orientato al futuro che Schumeper aveva descritto nella sua Teoria della crescita economica. Essa marcò anche una sua sconfitta personale: quanto più egli tento’ di coinvolgersi negli affari di stato, tanto più la sua inettitudine politica venne alla luce.
La guerra interruppe il commercio fra le frontiere nazionali, le correnti migratorie, le operazioni finanziarie transnazionali. La corsa verso il libero mercato innestò la retromarcia. Nessuno aveva coniato la parola “globalizzazione” ma il fenomeno era prossimo a prendere corpo più di quanto non sarà nei successivi settanta anni.
Dieci milioni di militari furono uccisi nella grande guerra, venti milioni i feriti. Inoltre venti milioni di civili furono uccisi o feriti. La guerra creò le condizioni che portarono al comunismo Sovietico, allo Reich nazista ed alla seconda guerra mondiale. Nessuna distruzione creativa, ma solo scellerati disastri.
….Schumpeter riprese l’insegnamento a Graz nell’estate del 1914: in dicembre ricevette la cartolina di chiamata alle armi ma fu esonerato dal servizio essendo l’unico professore di economia in tutta l’università….. Nel suo cuore, Schumpeter era un pacifista e non vedeva nessuna ragione che giustificasse l’entrata in guerra dell’Austria…Con la guerra che continuava, le vittime che ormai si contavano a milioni, penuria di cibo, di combustibili i prezzi che cominciarono ad entrare in una spirale di crescita inflazionistica, nel 1916 divenne chiaro a Schupmeter che al di la di chi fosse uscito vittorioso dal conflitto, il mondo non sarebbe stato più lo stesso…Ben presto divenne ossessionato dalle potenziali conseguenze della guerra ed in particolare dal destino della monarchia Asburgica, dallo stato di salute della monarchia Austro-Ungarica e dal futuro delle relazioni fra Austria e Germania.
Ed in questo convulso contesto decise di entrare in politica. Come molti altri intellettuali Austriaci aveva perso ogni illusione sull’esito della guerra ma era atterrito dalla prospettiva di unificazione con la Germania…

Schumpert fu particolarmente felice quando Henreich Lammasch, il destinatario dei suoi tre memorandum contro l’unificazione austro-germanica, divenne primo ministro nel 1917. Compose un quarto memorandum, dedicato al montate nazionalismo Ceco. …. A questo punto cominciò ad immaginare un posto nel futuro gabinetto forse come ministro del commercio. Nel giugno del 1918 contese questa posizione con Joseph Redlich, che divenne ministro nel governo Lammasch.
Nello stesso anno Schumpeter tenne una conferenza a Vienna sulle prospettive dell’Austria durante dopo la guerra è ciò fornì il materiale per un successivo articolo “ La crisi dello stato fiscale”.
Con la sua caratteristica prospettiva di lungo termine Schumpeter inizia dal pre-capitalismo. Sostiene che chi analizza la storia dello stato fiscale – che è alla fine come lo stato sceglie di spendere le sue entrate – individua le scosse telluriche della storia molto più chiaramente che scegliendo ogni altra prospettiva; prosegue sostenendo che di tutte le forze, la guerra è stata la più importante nella crescita dei grandi stati nazione. Una volta che si avviava una grande guerra, la sopravvivenza della nazione richiedeva l’introduzione di un moderno sistema di tassazione per finanziare la spesa militare. Storicamente, la sfida posta all’Inghilterra dalla Francia, all’Austria dalla Turchia ed alla Germania da Francia e Russia giocarono un ruolo chiave nell’unificazione dei sei paesi su entrambi i fronti.
Per i fondatori di quelle nazioni apparve quasi fortuito che le loro avventure militari coincidessero con la crescita del capitalismo imprenditoriale. Solo questo sistema economico così produttivo rese possibile ai governi nazionali di effettuare un prelievo sufficiente per combattere le loro guerre senza distruggere gli incentivi individuali al lavoro. Se le tasse fossero cresciute sino a compromettere tali incentivi, l’imprenditorialità sarebbe fallita e con essa lo stesso stato fiscale.
Ma dato che ciò non accadde, lo stato divenne un entità le cui funzioni andarono ben al di là della sola azione militare. In questo nuovo modello le tasse non furono più solo riscosse per il volere ed i bisogni del principe, ma anche per altre funzioni non militari come ad esempio l’educazione gratuita. Guidato da una astuta gestione lo stato potè addirittura ridurre le aliquote in modo tale che le entrate crebbero ed il profitto imprenditoriale divenne il premio che il capitalismo pagava all’innovazione. Benché anglofilo, Schumpeter cita Galdastone e William Pitt come casi esemplari di buone politiche fiscali.
Nel caso dell’Austria asburgica, l’eccessiva tassazione aveva ridotto gli incentivi all’innovazione così che gli imprenditori migrarono verso paesi con più bassa tassazione. Schumpeter continua argomentando che l’eccessiva domanda di servizi sociali in ogni paese può interrompere il flusso di uova d’oro, uccidendo l’oca capitalista.
Ma il capitalismo è un sistema così unicamente potente che può sopportare immense pressioni. Riferendosi alla grande guerra, Schumpeter evidenzia la capacità degli stati fiscali forti di finanziare le tremende insanità che devastavano l’Europa. Gli stati deboli come l’impero Asburgico lo focevano ma ipotecando il loro futuro.
Era possibile per il suo paese sopravvivere economicamente dopo il 1918? Si, risponde Schumpeter, ma solo con grandi difficoltà. Il sentiero della ricostruzione è abbastanza semplice: primo prelievo forzoso sui capitali liquidi per controllare l’inflazione, secondo un piano graduale per la restituzione del debito di guerra, terzo misure per attrarre capitali dall’estero ed infine, soprattutto, incoraggiamento delle capacità imprenditoriali nel mercato domestico.
“Imprenditorialità, credito ed innovazioni devono essere rafforzati con ogni mezzo possibile. Non ho l’abitudine di coronare di alloro la nostra borghesia… lo stesso Marx se fosse vivo non avrebbe una opinione diversa, riderebbe sarcasticamente dei suoi discepoli che danno il benvenuto all’attuale economia amministrata (diretta dallo stato) che è la cosa più antidemocratica che esista. Un ampia socializzazione dell’industria può essere necessario come un mezzo per ottenere una equità politica, ma misure di questo tipo devono essere precedute per molti anni da un tipo di economia competitiva che sola può generare abbastanza ricchezza materiale per salvare l’Austria dalla rovina…..”
Quando tenne la conferenza che poi diventò “La crisi dello stato fiscale” Schumpter poteva o meno immaginarsi come l’uomo che doveva risolvere la crisi. Ma qualche mese dopo entro’ nel governo diventando segretario alle finanze della prima repubblica d’Austria. La strada che lo condusse in questo posto fu quanto meno tortuosa, passo per Berlino e per le sue amicizie nel campo marxista: Rudholf Hilferding, Emil Lederer ed Otto Bauer. Tutti e tre erano stati suoi amici e compagni di classe nel seminario che Bohm-Bawerk tenne all’università di Vienna nel 1905. Dopo la laurea Hilferding si impegno’ attivamente in politica ed ebbe un ruolo chiave nel ministero delle Finanze della Germania post-bellica. Otto Bauer, dopo il servizio militare dove fu ferito sul fronte russo, ritornò a Vienna dove divenne il leader del movimento socialista austriaco. A differenza di Schumpeter, Bauer era favorevole all’unificazione austro-germanica. Sognò di promuovere i diritti umani in una repubblica socialista che comprendeva Germania ed Austria.
All’inizio del 1919 Hilferding e Lederer inserirono Schumpeter nella Commissione per la socializzazione delle Germania, un organo composto da undici membri con sede a Berlino, il cui compito era di raccomandare miglioramenti nella struttura dell’industria del carbone.
Schumpeter accettò l’invito e si trasferì a Berlino. Durante i due mesi di lavoro della commissione, sostenne che ogni politica verso l’industria del carbone doveva essere guidata dal principio dell’efficienza economica. Consigliò la costituzione di una impresa pubblica che poteva divenire una entità capace di generare utili e creare fondi per alleviare i problemi della scarsità alimentare. Alla fine dei suoi lavori la commissione propose una socializzazione dell’industria senza per altro nazionalizzarla. Schumpeter firmò il rapporto finale senza rimorsi anche se poteva sembrare che avvallasse principi filo-socialisti.
Nel Febbraio del 1919 , mentre era Berlino, si tennero le prime elezioni in Austria. Otto Bauer, leader del partito Socialista, divenne Ministro degli esteri del nuovo gabinetto guidato da Karl Renner un altro socialista. Bauer sostenne la candidatura di Schumpeter come Ministro delle Finanze, raccomandato da Rudolf Hilferding.
In questo modo inusuale Schumpeter, un conservatore senza nessuna affiliazione politica o base elettorale personale, divenne un ministro chiave nel primo governo repubblicano socialista Austriaco. Il razionamento alimentare era ancora applicato, l’inflazione selvaggia correva e nessuna poteva prevedere per quanto tempo l’Austria sarebbe rimasta indipendente ….. Schumpeter accettò un posto che ogni persona della sua caratura avrebbe giudicato troppo rischioso, ciò a testimonianza del suo patriottismo o della sua ambizione o del suo politicismo naif o forse per una miscela di tutti e tre. Aveva raggiunto l’obiettivo di diventare una celebrità, ma in un momento in cui il successo era tutt’altro che probabile.
Si spostò così nel grandioso palazzo barocco del Ministero delle Finanze. Senza consultare nessuno, lavorò al programma di salvataggio del paese. Come sempre guardò al lungo termine ed al ruolo centrale dell’imprenditorialità e del credito. Il suo piano puntava ad aprire nuovi mercati per i prodotti austriaci ed ad attrarre investimenti esteri nelle imprese austriache. Il suo programma di liberalizzazione commerciale e di prestiti internazionali anticipò in gran parte il piano Marshall del 1947.
Tecnicamente il Finanzplan aveva parecchi meriti … ma le possibilità che fosse accettato era molto vicine a zero, vista la vanagloria ed arroganza con la quale gli alleati stavano definendo i trattati di pace. I termini durissimi di quei trattati resero del tutto inutile il lavoro di Schumpeter e di tutto il governo. Gli alleati vittoriosi non avevano nessuna intenzione di offrire i tempi e le risorse per governare efficacemente.
Ma anche se il contesto internazionali fosse stato più favorevole, il Finanzplan sarebbe fallito in termini puramente domestici. Da un lato prevedeva di portare l’inflazione sotto controllo con prelievo forzoso sui capitali confiscando ad aziende e cittadini una parte della loro liquidità. Attraverso questo processo, sarebbe stata tolta dalla circolazione abbastanza moneta da sterilizzare l’inflazione. L’idea del prelievo forzoso era stata al centro di molte discussioni durante la guerra, ma vi erano dei formidabili ostacoli da superare. Lo stesso valeva per la proposta di vendere quote delle società austriache ad investitori esteri, in modo portare nuovi capitali nel paese. Ancora la misura aveva molti merito, ma anche la certezza di creare una veemente opposizione in tempi di nazionalismo rampante. Molti elettori lo videro come una liquidazione degli ultimi cespiti dell’Austria, la reputazione di Schumpeter ne sofferse per molti anni a venire proprio perché una di queste vendite fu conclusa.
Soprattutto il suo Finanzplan fu affondato prima di essere lanciato. Non solo era presentato da un conservatore in un governo socialista, ma l’autore non dimostrò alcuna abilità particolare nel promuoverlo e spingerne l’approvazione. Fece numerosi discorsi pubblici ma presento’ le sue idee in un modo troppo diretto e schietto. Dopo una intervista sul prelievo forzoso, uno dei principali giornali viennesi riportò che le persone avrebbero dovuto notificare al governo la maggior parte delle loro proprietà liquide, denaro, titoli ed azioni, oro, argento e gioielli al di sopra di un certo valore. Il ministero delle Finanze avrebbe poi provveduto ad assegnare una trattenuta appropriata alla ricchezza di ogni cittadino. Come Schumpeter disse senza alcun tatto “Il fine di quest’operazione è quello bruciare in una fornace tutti i titoli e il denaro che finirà nelle mani dello stato”. Una metafora così marcata e potente ebbe l’unico risultato di spaventare e confondere gli austriaci.
Il supporto dei colleghi di gabinetto, pochi dei quali lo conoscevano bene, ad un pronunciamento del tipo so-tutto-io fatto da un giovane professore di Graz, per quanto brillante egli fosse, era alquanto improbabile. I colleghi di governo ancor meno apprezzarono i contatti di Schumpeter con la diplomazia straniera, ed in alcuni a casi anche con gli avversari politici del governo. La sua abitudine di parlare con la stampa prima di discutere con i parlamentari non lo aiutò e nemmeno l’aiutò il suo parlare liberamente con i giornalisti sul come finanziare un cambiamento del regime comunista instaurato a Budapest.
Il Ministro degli esteri Otto Bauer, che evidentemente non conosceva i memorandum anti-unificazioni inviati da Schumpeter, entrò in forte conflitto proprio su questo punto. Unirsi alla Germania non era solo un obiettivo personale di Bauer, ma anche la politica ufficiale del governo e come più tardi stimò lo stesso Schumpeter, il desiderio di tre quarti degli austriaci. Bauer voleva socializzare le industrie, ma si oppose al piano di pagamento pieno del debito proposto da Schumpeter. Divenne presto chiaro che la sua permanenza ministeriale non poteva durare a lungo. Alla fine la sua esperienza durò dal Marzo all’Ottobre 1919, tempi di complesse manovre politiche, violenza nelle strade di Vienna e quasi fame per migliaia di cittadini.
Oltre a tutte queste complicazioni gli accordi preparati dai vincitori mentre Schumpeter era ancora in carica ebbero un curioso ed imprevedibile effetto. Come un importante giornalista viennese scrisse in una lettera privata nel Dicembre del 1919 “ Ciò che rese la sua presenza nel governo impossibile fu la sua obiettiva opposizione alla politica del governo. Mentre il governo durante il negoziato fece tutto ciò che era in suo potere per dimostrare l’impossibilità economica del trattato di pace, Schumpeter rilasciava un discorso ottimistico dopo l’altro dove spiegava che lui poteva portare l’economia austriaca in salute in tre o quattro anni.
Queste affermazioni si basavano sulla resilienza del capitalismo e sulla volontà Austriaca di ripagare il prezzo necessario per la sua ripresa. A onor del vero Schumpeter rilasciò anche dichiarazioni pessimistiche. Osservando la sua carriera ministeriale, il suo insegnate Friedrich von Weiser si chiedeva innanzitutto come mai un così grande amico dell’Inghilterra e nemico della Germania fosse entrato nel governo. Ma Von Wieser non potè fare a meno di ammirarlo “ Lui non si fa condizionare dal sentire prevalente “scrisse il professore nel suo diario.” Schumpeter ha coraggio, una dote che non può essere più che apprezzata”………
…. Nel 1919 John Maynard Keynes era consigliere del governo Inglese a Versailles e propose condizione economiche per le Germania simili a quelle contenute nel Finanzplan di Schumpeter per l’Austria. Ma quando Keynes vide ciò che stava succedendo , ovvero che il trattato stava invece richiedendo ingenti danni di guerra ed allo stesso tempo toglieva alla Germania le risorse per pagarli, lascio’ all’improvviso Versailles e ritornò in Inghilterra. Qui, nell’eloquenza generata dalla furia, scrisse “Le conseguenze economiche della pace” il libro che lo rese famoso nel mondo.

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