Punto rosa

Peccati essenziali

di Cristina Formica

I Sette peccati necessari. Manifesto contro il patriarcato è un libro da regalarsi e da regalare, da tenere vicino per riflettere e cambiare. È un testo fatto per amarsi e per criticarsi, perché solo guardando in faccia la realtà, la propria persona e la società si può veramente migliorare e stare meglio. Pubblicato dalla piccola casa editrice femminista LE PLURALI, è un testo che descrive un mondo recente ma non solo vicino, uno sguardo necessario per offrirci qualcosa di migliore e da coltivare. I peccati necessari sono quelli che le donne e tutte le identità LGBTQ+ hanno diritto ad agire, almeno quelle che non vogliono essere, o non vogliono più essere, le serve del patriarcato e che perciò possono imparare ad abitare, ad agire, a scagliarsi contro l’imperativo imperante di un mondo al maschile becero, quello bianco ed eterosessuale, quello capitalista e colonialista, anche quello nero e musulmano che ha gli stessi tratti di quello cattolico integralista e repressivo. Il patriarcato è il patriarcato in qualunque parte del mondo agisca, e questo libro lo spiega molto bene.
Peccare fa essere anche felici: la Rabbia, l’Attenzione, l’Ambizione, la volgarità, il Potere, la Violenza e la Lussuria possono essere il modo di riappropriarsi di se stesse e di lottare, anche da sole, contro tutti i mulini a vento che il patriarcato vuole mantenere per opprimere le donne. I peccati sono tali perché rompono muri, aboliscono proibizioni, urlano forte e lontano, trovano altre che donne che Mona Eltahawy nomina e unisce, scrivendo di donne che si muovono in tutto il pianeta, soprattutto in quelle zone di cui la tradizione patriarcale, secondo l’ottica occidentale, le vuole sempre sottomesse perché impossibilitate a lottare, incapaci di combattere per i propri diritti. Proprio questo elenco, lunghissimo e dettagliato, delle donne che lottano in Africa, nel Maghreb da cui l’autrice proviene, nel Medio Oriente e in tutta l’Asia, coniuga serenamente le lotte femministe nordamericane e australiane, quelle europee e sudamericane. Il rendere e pubblicizzare quello che le donne fanno in tutto il mondo non attenua la rabbia, ma la rende più forte per essere maggiormente potente, per essere insieme e non disperate, nonostante tutto, nonostante le sconfitte, l’umiliazione, la prigione e l’essere uccise, spesso non è solo un rischio di subire violenza: ma è proprio la rabbia che permette di affrontare la violenza subita.
Mona Eltahawy è una donna di più di 50 anni, è nata in Egitto e con la sua famiglia si è trasferita in Inghilterra e in Arabia Saudita; ha poi scelto di essere statunitense, dove si è trasferita nei primi anni del duemila e ha preso la cittadinanza, unendo i punti della sua vita e continuando a essere una giornalista e scrittrice importante, che gira il mondo con i capelli rosso fuoco; Mona è voluta diventare una femminista nota in tutto il mondo, come racconta di sé, per agitare le donne in ogni posto che va. Più di un anno fa era anche alla Casa Internazionale delle Donne di Roma, dove arringava la folla, quasi solo di donne, non cedendo mai l’entusiasmo e la voglia di porsi avanti e guardare avanti. La scrittrice non nasconde mai la sua storia, parte fondamentale dei suoi cambiamenti e che hanno spesso rotto quegli equilibri ipocriti che nascondono le donne sotto, funzionali alla società degli uomini e anche delle donne: ci sono anche quelle, che Eltahawy definisce operaie del patriarcato, che mantengono e contribuiscono a mantenere l’oppressione delle donne, tutte le altre donne che non hanno raggiunto alcuna posizione ragguardevole per poter agire liberamente il loro essere. Non c’è carica politica, economica e sociale che tenga, anche se si arriva a una posizione “invidiabile” come donna bisogna saper mantenere uno sguardo che vada oltre sé e parli anche alle altre che non ce la fanno a realizzarsi, in molte situazioni a vivere dignitosamente proprio perché donne. Non esiste nessuna carica che possa effettivamente riuscire a cambiare il patriarcato se si agisce come un uomo, ne è un esempio perfetto Giorgia Meloni che infatti si definisce al maschile, contribuendo ad una visione del potere che è sempre e solo degli uomini. E come lei, le diverse donne nominate dalla prima presidenza di Trump, di cui l’autrice ricorda come non sia né sia mai stato dalla parte delle donne, lui che è accusato di violenza sessuale e che ha nominato Gina Haspel a capo della CIA nel 2018, una donna funzionale al patriarcato e che ha partecipato direttamente a sessioni di tortura di sospetti terroristi, distruggendone poi la documentazione di prova, atti orrendi per cui è stata accusata di crimini di guerra.
Molte sono le storie che Eltahawy racconta, a partire dalle molestie e violenze che ha subito e che l’hanno incoraggiata a combattere la violenza contro le donne in ogni posto in cui ha vissuto. Poi, ci sono le storie degli stupri etnici in Bosnia e in Rwanda, di cui nessuno vuole mantenere memoria. Ed ancora le storie delle donne indiane che lottano per andare nei templi nonostante le mestruazioni, periodo naturale che impedisce alle donne la preghiera, come se qualsiasi dio sia meno disposto ad essere riverito se lo fa una donna con il mestruo; la stessa lotta è stata fatta dalle donne musulmane di New York, che subiscono la stessa limitazione. Ma d’altronde, anche in Italia, fino a non molto tempo fa, si diceva che se una donna aveva le mestruazioni non doveva impastare il pane e fare tutta una serie di cose perché il sangue avrebbe influito negativamente. E poi l’autrice parla delle donne elette al parlamento statunitense nel 2018, quando sono state nominate anche figure fuori dalla casta politica come Ilham Omar, una donna di origine somala che ha continuato a portare il velo anche nell’emiciclo di Washington; oppure Alexandria Ocasio-Cortez, eletta dai sobborghi newyorkesi perché anche lei si era dovuta districare in una vita complicata, essendo di origine portoricana, povera e a rischio di perdere la casa. Donne che il potere non ha sostenuto, ma la gente sì, anche per questo sono espressione contraria del patriarcato che, di nuovo, Trump rappresenta e non solo lui purtroppo.
Così come il racconto delle lotte in tante nazioni africane per i diritti delle donne, delle persone gay, lesbiche e trans: in diversi stati infatti si rischia la prigione e la morte se non si è eterosessuali, o se si attacca un leader uomo che governa anche rispetto al fatto che le donne si vedono negare i propri diritti umani, tutti i giorni della loro vita, perché sono donne.
Un libro che esprime il bisogno di essere ribelli, di essere libere e liberi perché questo è il destino necessario per una vita ricca e realizzata. A seguire il potere (patriarcale) si rimane sempre sotto un sistema che forse individualmente salva, ma è un destino solitario, senza sbocchi se non quelli che qualcun altro vuole darti oppure, da un momento a un altro, toglierti. Un libro che non vuole assolutamente trovare una soluzione pacifica, ma che anzi sobilla ed agita perché è questo l’unico modo di cambiare ciò che non ci piace; Mona Eltahawy ci è riuscita, approfittando delle possibilità che ha avuto e mostrandosi sempre in prima linea, consapevole che la sua posizione di notorietà l’avrebbe protetta: ma soprattutto ha protetto altre donne, e su questo indica una strada che è ancora tutta da percorrere, perché realmente possiamo costruire quanto di meglio per noi se, e solo se, consideriamo anche le altre persone, anche se non sono come noi, anche se non vogliono essere come noi.
Alla fine, leggendo questo libro, rimane un confine molto più ampio da varcare, un coraggio più grande, un pensiero più forte, è proprio un libro di forza e ne abbiamo, mai come ora, assolutamente bisogno.

Mona Eltahawy – I Sette peccati necessari. Manifesto contro il patriarcato. LE PLURALI Editrice

L’articolo è stato pubblicato su Comune-info il 9 febbraio 2025




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La strage delle innocenti

Dalla cartella stampa

Contenuto

Solo nel 2023, in Italia, 121 donne sono state uccise, ma quella fisica non è l’unica tipo di violenza che gli uomini commettono da secoli contro le donne.
La violenza di genere sfocia negli ambiti più disparati – psicologico, emotivo, economico, lavorativo e non solo – e lascia segni profondi nel corpo e nell’anima.

Attraverso la voce di numerosi professionisti che ogni giorno si battono contro la violenza di genere, questo saggio si pone come vero e proprio kit di sopravvivenza per tutte le donne.
Attraverso le testimonianze di avvocati, criminologi, psicologi e tanti altri esperti è possibile riconoscere i segnali di abuso e, quindi, correre ai ripari.
Un libro non solo per le donne, ma soprattutto per gli uomini: che scendano in guerra, al fianco di mogli, madri, figlie, sorelle e amiche, contro il patriarcato e il maschilismo, per costruire una società davvero libera.

Autore

Gian Ettore Gassani, è un avvocato matrimonialista con studi a Milano e Roma, ha patrocinato in numerosi processi di grande rilievo, presidente nazionale dell’Ami – Associazione degli avvocati matrimonialisti italiani – esperto di Diritto delle relazioni familiari, Diritto penale della famiglia e Diritto di famiglia internazionale.

Gian Ettore Gassani – La strage delle innocenti. Diarkos, 2024

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Sessualità e politica

Acrilico su tela di Giulia Crastolla

di Lea Melandri

Raramente guardo Piazza Pulita (LA7), ma quando, prima di andare a dormire, sono capitata in un “processo mediatico”, un format che ormai conosciamo, ma con una protagonista femminile di particolare interesse (Maria Rosaria Boccia) e uno staff di giornalisti penosi – per il cosiddetto caso Sangiuliano – non ho potuto non fermarmi. Una trasmissione da riascoltare e studiare: un sintesi rara di questione di genere, privato e pubblico, personale e politico, sessualità e politica.
Quando il potere, politico e mediatico, si trova di fronte a una donna che non si piega alla posizione di vittima, è davvero “nudo”. Soprattutto se l’accanimento maschile, neppure tanto velatamente sessista, si trova di fronte a una donna pacata, razionale nelle sue argomentazioni e un sorriso inattaccabile. Comincio a credere che, invece di “una risata vi seppellirà”, per un potere maschile declinante, basterebbe il sorriso inquietante nella sua imperturbabilità di tante Maria Rosaria Boccia.

A differenza delle mie abitudini, questa volta non farò il pelo all’uovo, cercando di mettere in luce le ragioni più o meno nascoste che spingono Maria Rosaria Boccia a tenere aperto il suo caso sulla scena pubblica. Quello che mi colpisce e che ritengo meriti l’attuale duraturo dibattito politico su quanto intercorso tra lei e l’ex ministro Gennaro Sangiuliano, è il fatto che una donna raramente, anziché arrendersi oppure adattarsi al potere maschile, riesca a tenergli testa, a metterlo in scacco, e fare lo stesso con quei soloni del giornalismo che tengono banco dai pulpiti televisivi, a ogni ora e a ogni trasmissione. Tanto che ho pensato che li tengano lì anche a dormire.
Lo confesso: giovedì sera (3 ottobre), a Piazza Pulita, mi sono divertita molto. Che ci sia sempre stato un legame tra sessualità e politica il femminismo lo dice da mezzo secolo e oltre, ma come talvolta accade può essere un caso particolare a portare allo scoperto una verità rimasta così a lungo “impresentabile”.

Gli uomini di potere hanno sempre avuto mogli e amanti che in qualche modo hanno favorito, salvo scaricarle quando potevano intralciare le loro carriere, e riconciliarsi con le consorti. L’unica differenza è che in passato era più facile lasciare queste relazioni nel privato. Oggi, grazie alla cultura femminista, il “privato” viene riletto come “il personale”, il vissuto del singolo, nella relazione, che c’è sempre stata col “politico”. Non è ancora purtroppo una consapevolezza acquisita, ma è sotterraneamente la ragione per cui del caso Boccia-Sangiuliano si continua ossessivamente a discutere.
Insomma, sono con Maria Rosaria Boccia, qualunque siano le ragioni della sua tenace volontà di non farsi oscurare dall’arroganza del potere maschile.

L’articolo è stato pubblicato su Comune-info il 4 ottobre 2024 

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Lasciarsi alle spalle il patriarcato

di Cristina Formica

“La storia dello Stato è la storia del patriarcato e il DNA dello Stato è patriarcale” (Rita Laura Segato)

Ho una grande difficoltà a scrivere in poco spazio quanto questo testo mi abbia arricchito, suggestionato, quante cose mi abbia chiesto, quanto conferme mi abbia dato. Va assolutamente letto il libro, peraltro appena uscito in Italia, dell’antropologa e femminista argentina Rita Laura Segato, Contro-pedagogie della crudeltà, con la traduzione attenta fatta da Valeria Stabile. Il libro inaugura la nuova collana editoriale “Transfemminismi” (Manifestolibri – FactoryA) diretta da Francesca Romana Recchia Luciani (Università di Bari).
Inspiegabilmente, Rita Laura Segato non è conosciutissima in Italia benché lavori, da più di trent’anni, sulla violenza di genere, sul razzismo e sul colonialismo, oltre che approfondire e impegnarsi rispetto a molte altre cose; Marco Calabria l’amava profondamente e anche per questo rendiamo omaggio a lui, che purtroppo non c’è più per parlare di questa formidabile studiosa.

Segato ha insegnato per decenni all’Università di Brasilia e in quelle argentine, oltre ad aver svolto consulenze autorevoli nei tanti misfatti centro e sudamericani contro le donne, primo fra tutti i femminicidi di Ciudad Juarez, dove migliaia di bambine, giovani e giovanissime donne furono torturate, violentate e uccise al confine con il ricco vicino statunitense. Il percorso di studio dell’autrice parte quando, giovane ricercatrice, lavorò con le comunità indigene del Brasile, dove le donne non subivano reati, violenze, non prendevano botte, ma avevano sempre avuto un ruolo sia pubblico che privato di tutto rispetto, una grande autonomia di decisione sia rispetto a loro stesse che alla dimensione comunitaria. Le questioni di genere, la sessualità e l’amore nelle comunità indigene brasiliane, secondo Segato, non avevano una situazione binaria maschile/femminile e uomo/donna, ma erano legate alla persona, per cui nella comunità i ruoli si riadattavano alla volontà delle persone che esprimevano il loro desiderio e il loro amore, attuando liberamente le loro scelte personali in armonia con la dimensione collettiva. Da quegli studi, la situazione delle comunità è cambiata, rileva Segato, e non in meglio.

Durante le tre straordinarie lezioni tenute nel 2016 alla Facultad Libre di Rosario, in Argentina, l’autrice spiega in termini scientifici e politici, ma soprattutto intellettuali e umani, come il cambiamento traumatico alla realizzazione umana delle originarie comunità brasiliane si ebbe con la colonizzazione, quando il centro del mondo era l’Europa e ancora lo è. Con il colonialismo crudele nasce anche la pedagogia della crudeltà, che impone agli uomini indigeni e afrodiscendenti il modello patriarcale, a cui comunque anche loro non potranno mai aspirare definitivamente perché non bianchi, ma che li ha portati a chiudere le donne nella dimensione privata della casa grazie alla cultura criolla, aderendo a un modello universale nel quale la donna è una minaccia per gli uomini e ponendo la violenza di genere come parte della struttura patriarcale e colonialista. Da 500 anni fa, la razzializzazione e la patriarcalizzazione producono cambiamenti profondi e sostanziali alle comunità indigene, mettendo gli uomini sotto il dominio del bianco (razzista, misogino, omofobo, transfobico e specista secondo Rita Laura Segato) e creando un uomo criollo disposto a punire violentemente tutto ciò che disobbedisce al patriarca.

La prima lezione riguarda principalmente la visione che Segato ha rispetto alla violenza sessuale, i femminicidi o femigenocidi, come lei li definisce, approfondendo i temi già proposti nel suo testo del 2003 Las estructuras elementares de la violencialo stupro è letto come un’azione agita con violenza dal maschio che afferma due assi di dialogo, il primo con la donna vittima e il secondo con il gruppo di altri maschi pari a lui. L’asse con la vittima è verticale e indica anche il livello di violenza e crudeltà espresse nella punizione fatta a una donna, che va rimessa al suo posto, che deve essere punita secondo un universale culturale comune a tutto il pianeta. L’asse orizzontale, che riguarda gli altri uomini, costituisce un dialogo in cui l’ingiunzione della mascolinità è omaggiata e sottolineata rispetto ai propri pari, egemoni sui corpi e sul ruolo sociale delle donne.

Segato propone quest’analisi grazie ai suoi trent’anni di studi e confronti con i più terribili reati contro il genere femminile, attuati nell’America Latina in seguito a dittature, genocidi, traffici di droghe, sempre e solo per mantenere la supremazia patriarcale. Ma la svolta che lei stessa riporta, durante gli incontri descritti nel libro, è stato lo studio che ha condotto nel Carcere di Brasilia, dopo che un Colonnello della Polizia Penale le chiese di investigare su perché erano così tanti gli stupri nella capitale brasiliana. Segato incontrò gli uomini condannati per questo odioso reato, che spesso le riportarono che loro stessi non sapevano spiegarsi il motivo per cui avevano commesso il crimine, non era per un bisogno di sesso, non era perché desideravano quella donna in particolare oltre la sua volontà. Come scrive la stessa autrice,

“attraverso lo stupro, l’aggressore esige da quel corpo subordinato un tributo che fluisce verso di lui e che costruisce la sua mascolinità, perché comprova la sua potenza nella capacità di estorcere e usurpare autonomia al corpo sottomesso”.

L’affermarsi del patriarcato colonialista, che pone le donne da soggetto ad oggetto della volontà maschista, ci propone una visione fondamentale per cui è urgente per le donne tenere conto di tale visione, per difendersi e per interrompere questa realtà femminicida, che uccide anche gli stessi uomini che non aderiscono alla logica patriarcale imperante.

Nella seconda lezione, Segato ricompone la diseguaglianza genere-razza, elementi sociali che si coniugano perfettamente con l’invasione europea del continente americano. Partita con lo spiegamento di forza e violenza, la disparità storica verrà poi giustificata con motivi biologici e cosiddetti scientifici, che ancora oggi sono considerati veri da gente piuttosto turpe, vedi in in Italia il dibattito infame sui tratti fisionomici italici. L’autrice inizia a proporre la sua visione rispetto all’uscita da questa realtà, estremamente violenta in generale e verso le donne: la rivolta verso la burocrazia che impone la disuguaglianza, il rifiuto dell’autoritarismo, il caldeggiare l’utopia insita nella Storia, che racchiude in sé le risposte imprevedibili dei grandi cambiamenti sociali. Le comunità indigene, secondo Segato, sono abituate a pensare guardando lontano, ad attivare forme di resistenza che permettano la loro continuità, a fronte di un mondo razzista e capitalista che vuole inglobarli dopo non essere riuscito a sterminarle. Il femminismo ha il compito fondamentale di porre in atto politiche alternative a quelle patriarcali, non copiare i modelli già imposti con la prepotenza, ma passando per modi nuovi di attuare la comunità, il potere, la cura di sé, della collettività e dell’ambiente.

Perché non contrastare il potere patriarcale porta a crimini umanitari come i femminicidi di Ciudad Juarez, in Messico, dove il machismo si realizza attraverso l’associazione mafiosa tra uomini di questo tipo, che ribadiscono la sovranità territoriale attraverso la tortura dei corpi delle donne, trattate come spazzatura, con la connivenza degli organi dello stato che tralasciano troppe tracce, troppi indizi, per non arrivare alla soluzione di questo orrore. I crimini accaduti in strada contro le donne non riguardano la sfera privata della persona offesa: Segato definisce questi delitti femigenocidi, ragazze colpite perché donne, a monito di tutte le altre e di chi non si conforma alla mafia patriarcale. Uccisioni di donne attraverso reati sessuali, perché tramite questo tipo di crimini si uccide moralmente la persona e la società di cui essa fa parte: come è sempre stato, la violenza sessuale come arma di guerra annienta il popolo che la subisce, toglie onore agli uomini: stuprare per ottenere vantaggio politico,il gruppo machista diventa dominante sugli altri uomini da conquistare. Ciudad Juarez primeggia nella violenza a livello mondiale, continentale e pure rispetto al violentissimo Messico.

Secondo Segato, la fase capitalistica che stiamo vivendo si realizza attraverso due livelli: lo Stato ufficiale, che costituisce la prima realtà, e il secondo Stato, la seconda realtà dove tutto è possibile, soprattutto la violenza contro chi è più debole, chi vale meno come le donne. I dati che l’autrice cita sono impressionanti: secondo l’ONU, nel 2015 tra le 50 città più violente del mondo molte sono in America Latina, e 21 sono brasiliane. In tutta questa violenza c’è la droga, la tratta, il contrabbando di merci tra cui le armi, azioni illegali che costituiscono ricchi proventi per la seconda realtà, da sempre possibile perché ha grande connivenze con la prima realtà. In questa guerra, vittime e oggetto di crimine sono spesso le donne.

L’ultima lezione riprende un tema molto caro a Segato, quello delle lotte antirazziste all’interno delle università, di cui lei è stata puntuale protagonista e che hanno portato a una legge che in Brasile garantisce le quote di accesso universitario per le comunità indigene. Il tema, che parte dal diritto dei e delle giovani indigene a far parte della ricerca culturale, è sviluppato attraverso la giusta considerazione che la colonizzazione non è ancora morta, si estende anche, a volte soprattutto, attraverso il sapere. La considerazione che il mondo del pensiero latinoamericano deve porsi, secondo Segato, è che il confronto con il pensiero europeo non deve più essere perdente, ma assumere la propria autonomia di scelta su cosa e come indagare, a che problematiche rispondere, che proposte avanzare, smettendo di rispondere ai criteri del potere coloniale. Tra le critiche espresse dall’autrice, anche quella alle ONG e alle donne che lavorano nelle ONG: restituiscono una visione delle comunità indie e afrodiscendenti come antimoderne, bisognose di crescita attraverso risposte che non sono quelle da loro volute; Segato contesta fortemente il ruolo dello sviluppo e della crescita economica come destino ineluttabile, l’adesione al modello capitalistico che uccide le comunità e produce violenza, aggressione alle donne, umiliazione agli uomini che non vogliono adeguarsi a quest’evoluzione per loro non necessaria.

Leggere questo testo di Rita Laura Segato lascia tante suggestioni e molti suggerimenti: a partire dal pensare libero, non assecondano la regola ortodossa e ufficiale, con cui spaziare e agire curiosità a partire dalle proprie intuizioni, seguendo un cammino intellettuale personale che può essere diverso da quello autorizzato dalle strutture del potere, di qualsiasi potere si tratti. Fondamentale il ruolo di chi produce pensiero, nelle università, negli apparati politici, nelle società, che deve dare voce alle espressioni umane di chi non ha voce, anche attraverso l’uso di un linguaggio nuovo, che permetta di vedere i limiti, le distorsioni, i crimini che sono fatti alle persone che non si adeguano ai cambiamenti strutturali che il capitale porta avanti. È importante insegnare a pensare, rompere gli schemi delle posizioni sociali, disobbedire alle regole che non rispondo ai bisogni reali, smettere di riprodurre un sistema che uccide chi non si allinea, chi è povero, chi è diverso e diversa.

Le donne, secondo Segato, hanno un compito fondamentale, possono avere un ruolo importantissimo in questa inversione di tendenza necessaria a tutto il mondo: ricostruire i rapporti che le donne hanno portato avanti nel loro privato e rendere a livello pubblico la proposta di relazione che le donne sanno agire, smettendo la visione eurocentrica e patriarcale, della guerra contro i popoli e contro le donne. Costruire comunità resistenti che siano dentro e fuori lo stato, insistendo laddove è essenziale insistere, costruendo altrove quando è possibile, quando è necessario.

Un cammino che intuiamo, a volte anche realizziamo, che può crescere e che può continuare: anche Rita Laura Segato ci dà la forza necessaria, ogni giorno, di essere questa potenza rivoluzionaria per noi stesse e per tutt@.

Rita Laura Segato – Contro-pedagogie della crudeltà. Manifestolibri in collaborazione con FactoryA APS, Roma, 2024

L’ articolo è stato pubblicato su Comune-info il 28 agosto 2024

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