GIOVEDÌ
di Sergio Tardetti
di Sergio Tardetti
di Sergio Tardetti
Entri, entri, si accomodi. Se l’ho mandata a chiamare? Certo che l’ho mandata a chiamare, caro Sismondi, altrimenti perché lei sarebbe qui? Non glielo hanno detto? In effetti, non lo ho detto neanche io a chi ho mandato a chiamarla, caro Sismondi. Comodo, comodo, stia pure lì in piedi, è una faccenda di pochi minuti, giusto il tempo di dirle… Chi è che mi chiama, adesso? Eccola qui, sempre lei… Caterina! Che piacere sentirti, stavo giusto parlando di te con Sismondi. Te lo ricordi Sismondi, vero? Come chi sarebbe? Il mio redattore capo, quel gran genio del Sismondi, quello che reinventa la grammatica e la sintassi. Te lo avevo presentato alla festa del giornale, sai quel giovanotto un po’ anziano, che ha l’età di mio figlio, ma sembra mio padre … Ah, hai capito di chi parlo, vero? Pensa che l’ho fatto assumere proprio io all’Eco di Montretto, sì, insomma, al giornale, e sempre io l’ho nominato redattore capo. Se è stata una buona idea, dici? Ancora non mi sono dato una risposta, anzi, la sto ancora cercando, ma prima o poi la troverò, stai sicura. Mi stavi dicendo? Scusa se divago, ma ho un piccolo problema da risolvere… Di che problema si tratta? Niente di serio, ma è un problema da non sottovalutare, per questo ho chiamato Sismondi, che mi darà senz’altro una mano… Oppure la darò io a lui, ma per salutarlo, arrivederci, anzi, forse addio. Abbia pazienza, Sismondi, finisco questa telefonata e sono da lei. Allora, ci vediamo stasera? No, non dico a lei Sismondi, parlavo con Caterina… Stasera, sì, otto in punto, ristorante? Tre Cervi? È nuovo?
Non lo conosco… Lei, Sismondi, lo conosce? Mi fa cenno di sì, si vede che lui esce molto più spesso di me, Caterina. E, scusi Sismondi, ci va spesso? Ah, anche di recente? E, mi dica, mi dica: come si mangia? Molto bene, mi sta dicendo, mi segui Caterina? E, mi dica, mi dica: come si beve? Ah, molto bene anche per quello? Non è che c’è stato ieri sera, per caso? Perché, scusi sa, se c’è stato ieri sera e si beve molto bene, magari stamattina non sarà stato poi così lucido da poter scrivere l’articolo di fondo. Ah, l’aveva già scritto ieri sera, prima di uscire a cena? E, se non sono indiscreto, mi scusi Sismondi, con chi era? Preferisce non dirmelo, capisco… Capisci, Caterina? Ah, anche tu capisci benissimo, non è che per caso vi siete messi d’accordo? Comunque, si è trovato bene, vero? E qui al giornale, mi scusi, come si trova? Bene, anche qui. E, se insistessi per sapere con chi era ieri sera? Non me lo vuole dire… Me lo dici tu, Caterina? Perché, tu che ne sai? Ah! Eri tu con lui… Scusa, Caterina, se sono stato indiscreto, perdonami, ma c’è che stamattina mi sento un po’ fuori fase, specialmente dopo avere letto l’articolo di Sismondi. Non che sia scritto male, con quel tanto di ironia che il nostro buon Sismondi sa mettere nelle sue parole, con quella dose di buona retorica che tutti gli riconosciamo, ma, abbia pazienza, Sismondi, anche con quella sciattezza per la quale l’ho dovuto riprendere più volte. Capisci, Caterina? No, Sismondi, per favore, non mi dica che le dispiace, che un errore può capitare a tutti e che la prossima volta ci starà più attento, perché me lo ha già detto tre giorni fa, una settimana fa, due settimane fa e anche un mese fa.
Come posso fidarmi di lei, se continua a commettere errori così banali? Siamo giornalisti, che diamine, mica graffitari? Come dici, Caterina? Ah, capisco… Questo però non me lo avevi mai detto prima, perché? Giusto, giustissimo, affari tuoi… Scusami se sono stato inopportuno, d’accordo, fai conto che non te lo abbia mai chiesto. Dunque, Sismondi, a quanto sembra c’è qualcuno che si sta prendendo molta cura di lei, qualcuno disposto a scendere in campo a sua difesa… Però, anche lei! Scusi, sa, ma mi commette certi errori che neanche uno scolaretto… E lei è laureato, vero? Ah, non è laureato? Avrà almeno frequentato l’università, spero! Scusi, sa, Sismondi… Come dici, Caterina? Siete stati compagni di corso? Ed è proprio lì che vi siete conosciuti… E con voi c’era anche… Ma no! Davvero? E voi tre eravate inseparabili, e siete tuttora, molto amici… Capisco, capisco benissimo, però Sismondi non si è laureato. Non è colpa sua, dici? Sì, certo, anche Sismondi mi fa cenno di no, magari tutto questo avrà una spiegazione, ma ciò non toglie che… Insomma, certi errori finiranno per compromettere la buona immagine del giornale, non è d’accordo anche lei, Sismondi? E, quindi, che dovrei fare, secondo te, Caterina? Certo, capisco, ma non ti sembra un po’ troppo chiudere un occhio di fronte a certi errori? Come sarebbe a dire: quali errori? Andiamo, Caterina, errori che neanche alle elementari si sarebbero commessi, figurarsi poi da un quasi laureato… Perché lei non è laureato, me lo conferma, Sismondi? Me lo conferma.
E allora, perché al momento dell’assunzione mi ha detto che era laureato? Ah, glielo ha consigliato lui, anzi glielo hanno consigliato loro… Ma loro, chi? Tu, Caterina? E, immagino che l’altro sia lui… E va bene, si vede proprio che oggi non è giornata. No, non ce l’ho con te, Caterina, ce l’ho con me stesso, che qualche volta dovrei stare un po’ più attento a scegliermi i collaboratori. O, per lo meno, dovrei evitare di farmeli imporre. Adesso devo lasciarti, Caterina, ho qui da fare con il nostro Sismondi, un ripassino di grammatica, che forse potrebbe tornargli utile. Ciao, Caterina, a presto! Anzi, a stasera, vero? Come sarebbe a dire: dipende? Ma dipende da cosa? Ah, da quello che ti farà poi sapere Sismondi. Dai, Caterina, non scherziamo, che c’entra Sismondi, adesso? C’entra, dici? Perché, dalla sua risposta a una certa tua domanda, dipenderà se stasera usciremo insieme o no… Capisco, anzi, non capisco: a quale domanda ti riferisci? Ah, ecco: chiederai a Sismondi come l’ho trattato, e, a seconda della risposta, deciderai. Ma perché dovrà decidere lui di quello che farò stasera? Perché lui è stato un tuo compagno di corso all’università, insieme a… Ci siamo capiti! Tranquilla, Caterina, te lo rimanderò tutto intero! Ma è uno scherzo, una battuta, Caterina! Via, adesso non possiamo più nemmeno scherzare? Non su certi argomenti, dici… E va bene, allora non scherziamoci, diciamo che facciamo sul serio. Adesso parlo un attimo con Sismondi e poi ti faccio richiamare, così ti dirà lui come è stato trattato, con i guanti bianchi, come sempre, del resto. Sì, ciao Caterina, a stasera, allora… forse.
Allora, Sismondi, veniamo a noi. Dunque, lei ha detto di avere scritto l’articolo che è uscito oggi fin da ieri sera. Sì, ho capito, prima di uscire con Caterina. Immagino, però, che avesse molta fretta, sa, io la conosco Caterina, e lei non sopporta che si arrivi in ritardo a un appuntamento con lei. Perciò, forse, data l’ora, sarà stato costretto ad affrettarsi, immagino. Giusto? E immagino anche che, una volta terminato di scrivere l’articolo, lo avrà riletto e poi spedito… Ah, lo ha soltanto spedito. Senza rileggerlo, quindi, perché se lo avesse riletto, allora se ne sarebbe accorto… Come, accorto di cosa? Allora, guardi, proviamo ad arrivarci un poco alla volta, dopotutto Caterina mi ha chiesto di essere paziente con lei, e poi c’è sempre quell’altro amico vostro, sì, lui, insomma… Dovremo tenerlo presente, anzi, io dovrò tenerlo presente, non vorrei creare qualche caso, che poi potrebbe… Sì, insomma, lo so ben io cosa potrebbe. Perché sorride, Sismondi? Dice che ha capito cosa intendo dire? E, sentiamo, che cosa avrebbe capito? Su, me lo spieghi! No, non mi altero, non mi sto alterando, anzi, glielo chiedo con tutta la calma possibile: potrebbe cortesemente spiegarmi quello che ha capito? Dice che altrimenti lui… Va bene, basta, vedo che anche per lei è tutto chiaro, torniamo a noi, per favore. Dunque, l’ho fatta chiamare… Oh, insomma, non è il caso di finire un discorso che subito ti interrompono! Ma chi è che…? Ah, buongiorno, è lei, mi fa piacere sentirla… Tutto bene? E a casa tutto bene? Con chi ha appena parlato? Dice che dovrei indovinarlo? Mah, difficile poterlo dire, lei ha a che fare con così tanta gente che… Ah, la conosco anch’io questa persona, dice…
Scusi, sa, ma non sarà stata per caso Caterina? Ah, ecco, volevo ben dire… Dire cosa, mi chiede? Niente, niente, un pensiero mio, capitato in testa quasi per caso. Dunque, lei ha parlato con Caterina. E, mi scusi se sono curioso, ma a proposito di cosa? Non di cosa, dice? Allora di chi? Ecco, lo immaginavo, ma ho preferito che me lo confermasse lei… Sismondi, sempre Sismondi, fortissimamente Sismondi! Scusi, sa, la citazione mi è venuta spontanea, naturale. No, non era affatto mia intenzione fare dello spirito, non mi permetterei mai, specialmente poi con lei… Come dice? Se Sismondi è ancora qui da me? Sì, in effetti è ancora qui, stavamo discutendo sa, ma bonariamente, s’intende, perché con lui non potrei farlo che in questo modo, bonariamente. Come dice? Vorrebbe, anzi vuole, che glielo passi? Sì, subito, eccolo… Caro Sismondi, è per lei, naturalmente immaginerà chi possa essere… Come dice? Bravo, sì, proprio lui! Eccolo, glielo passo! (Ma tu guarda un po’ che mi doveva capitare oggi… Del resto, me lo sentivo che non sarebbe stata una giornata tranquilla. E poi, accidenti a me e alla mia pignoleria! Ma, del resto, che posso farci? Sono fatto così, punto e basta). Tutto a posto, Sismondi? Vi siete consultati abbastanza? Via, non faccia quella faccia, per favore, si parla, si dice, si fa tanto per scherzare! Mi vuole parlare ancora, dice? E sentiamo… No, sì, no, sono ancora qui… Va bene, adesso parlo con Sismondi. Grazie, grazie… A presto!
Allora, caro Sismondi, tutto chiarito! E, mi scusi se l’ho fatta chiamare, ma purtroppo io sono fatto così… Fatto male, come dice a volte anche Caterina, malissimo, ma, d’altronde… Insomma, tornando a noi, ecco, venga qui, si avvicini… Vede qui? Non lì, qui! Cosa nota? Non nota anche lei qualcosa che stona con il resto dell’articolo? Qui, qui, dove sta guardando, scusi? Ah, lo vede anche lei! E, mi scusi, non nota niente di strano? Niente… Tutto normale, dice. Eppure, guardi bene, anzi, guardi meglio… Qui, qui! Non sto alzando la voce, mi scusi, sa, a volte mi infervoro, mi faccio prendere la mano dal mio carattere… Come sarebbe a dire: un brutto carattere? Lo dice lei! Ah, non lo dice lei, si limita al più a riferire, lo dice Caterina… E anche lui, quello, insomma? Ho capito, ho capito… Allora, guardi Sismondi, guardi qui, lo vede? Cosa c’è scritto? Un uomo… Bravo, è così che si leggerebbe, ma guardi meglio. Lo vede quel cosino pressoché invisibile tra “un” e “uomo”? Saprebbe dire anche come si chiama? Bravo, quel cosino si chiama apostrofo… Come sarebbe a dire: cosa c’entra? Come sarebbe a dire: è per questo che mi ha fatto chiamare? Per un apostrofo? Sì, per un apostrofo, proprio! Senta, Sismondi, io magari perderò il posto, ma lei mi faccia un favore: ripassi la grammatica!
© Sergio Tardetti 2023
di Sergio Tardetti
Fu quando si accorse di aver finito lo zucchero che si decise ad uscire di casa. Non lo aveva fatto quando era finita l’acqua minerale – berrò quella del rubinetto, aveva pensato. Né lo aveva fatto quando era finito il vino – magari, una volta tanto, riesco anche a smettere di bere. Lo zucchero no, quello non poteva mancare, l’acqua minerale sì, il vino sì, lo zucchero no. Uscire, però, gli costava fatica, uscire significava lavarsi, vestirsi, pettinarsi anche, pettinarsi quel cespuglio ispido che era diventata la sua testa. Uscire era una gran fatica, ma per lo zucchero, solo per lo zucchero, lo avrebbe fatto. Allora, un bagno, ma un bagno no, richiede troppo tempo. Una doccia, allora, sì, una doccia, poi cercare camicia, pantaloni, biancheria, calzini puliti, ce ne deve essere ancora un paio da qualche parte. Passò un bel po’ di tempo prima che si ritrovasse sulle scale di casa, meravigliato di vederle ancora lì, meravigliato persino che ci fosse ancora qualcosa, oltre le scale, fuori di casa.
Il giardinetto, con le siepi basse di nuovo da tagliare, anche quello era ancora lì, i fiori nel giardinetto, freschi, qualcuno doveva averli innaffiati tutti i giorni, lui non aveva avuto tempo per quello, non aveva avuto tempo per niente. Tranne che per Elisa, tutto il suo tempo – quanto ne era passato? – era stato per lei, tutto il suo tempo, fino a quando era mancato lo zucchero. Prima era mancato il vino, era mancata l’acqua minerale, e prima ancora era mancata Elisa. Ogni volta lui aveva sempre pensato: “Farò senza il vino, senza l’acqua minerale. E anche senza Elisa”. Fino a quando era mancato lo zucchero. Non era uscito di casa, neppure quando era mancato il vino o l’acqua minerale, neppure quando era mancata Elisa. Al vino e all’acqua minerale non ci aveva pensato nessuno, lui solo, ad Elisa ci avevano pensato in molti, alcuni li conosceva, altri non ricordava di averli mai visti. Visi lunghi e tirati, qualcuno pallido, occhi rossi. I suoi non li aveva guardati, non gli mancavano.
Vide il cespuglio delle rose, un paio di boccioli ancora chiusi sulla cima di rami senza foglie, accanto a quello che rimaneva di un fiore, tre petali bianchi, scossi dall’aria mossa dal passaggio delle auto. In quel momento se ne staccò uno, rimase per un breve istante sospeso nell’aria, poi cadde, planando quasi in verticale sopra la siepe incolta. Lo guardava cadere così, come aveva guardato Elisa, quando il coperchio di legno aveva nascosto il suo viso per sempre. Ad un tratto, pensò che non aveva ancora pianto, doveva essersi dimenticato, o forse gli erano mancate le lacrime, adesso poi gli era mancato persino lo zucchero. Il sole aveva appena superato il tetto del palazzo di fronte, la luce improvvisa lo costrinse a strizzare gli occhi. I limoni, anche quelli erano finiti, ce n’erano voluti quasi cinque ogni giorno per Elisa, quella sete che non smetteva mai di bruciarla. Li strizzava così, tra le dita, mentre lei lo guardava e sorrideva, con quel poco di sorriso che era rimasto sulle labbra secche.
Si passò una mano davanti al viso, come per togliersi la tela di un ragno, la ritirò bagnata. Si appoggiò al muro, proprio accanto alla buca delle lettere, passò di nuovo la mano davanti agli occhi, era sempre bagnata. Lo zucchero. Si ricordò che era finito, ma per quello adesso c’era tempo.
© Sergio Tardetti 2015-2022
di Fabio Mongardi