Diritti umani

In difesa dei diritti umani

di Arianna Ballotta

LA PROMOZIONE DEI DIRITTI UMANI, DELL’UGUALIANZA E DELLA GIUSTIZIA SOCIALE SONO LA NOSTRA MISSIONE

Il lavoro in difesa dei diritti umani e civili dipende interamente dagli sforzi di cittadini di buona volontà. La cittadinanza attiva, infatti, è la presa di coscienza di semplici cittadini in merito ai propri diritti ed ai propri doveri nei più disparati ambiti della società civile.

Consapevolezza, rispetto, attivismo: questo è ciò in cui la Coalizione Italiana contro la Pena di Morte Onlus (COALIT) crede e per cui opera sin dal 1997.

COALIT è composta interamente da volontari qualificati che da oltre 20 anni si occupano di informare e formare i cittadini italiani e stranieri sulle tematiche dei diritti umani e civili nel mondo, ed in particolare sull’applicazione della pena di morte, alla quale ci opponiamo incondizionatamente, in quanto pena irrevocabile, crudele, disumana, degradante ed applicata in modo iniquo e sproporzionato in particolare nei confronti delle fasce più deboli ed emarginate della società.

Siamo particolarmente attenti alla situazione negli Stati Uniti d’America, in quanto unica democrazia occidentale che ancora applica la pena capitale come strumento di giustizia, nonostante si tratti di una pratica ormai superata ed abolita, legalmente o de facto, in oltre due terzi dei Paesi del mondo.

Collaboriamo a diverso titolo con diverse organizzazioni ed associazioni, in Italia ed in vari Paesi del mondo, affinché sia possibile la piena realizzazione dei diritti umani, politici, civili, economici, sociali e culturali di ogni individuo, ed organizziamo regolarmente, sia in Italia che all’estero, campagne informative e formative ovunque vi siano cittadini di buona volontà disposti ad ascoltare e a collaborare.

Organizziamo anche viaggi all’estero (principalmente USA) nell’ambito dei quali la nostra attività consiste principalmente in:

  • visite con detenuti nel braccio della morte e non, incontri con i loro legali al fine di esaminare i loro casi ed aiutare, per quanto possibile, ed incontri con le loro famiglie.
  • Seminari informativi e formativi (all’interno di istituti scolastici di ogni ordine e grado, università pubbliche e private, enti religiosi, enti pubblici e privati che ne fanno richiesta ed associazioni di vario genere) sulla pena di morte ed il rispetto dei diritti umani, portando la visione europea ed internazionale su questi temi, informando sulle nostre attività e sulle nostre esperienze in carcere.
  • Programmazione di campagne con le associazioni partner che si occupano della difesa dei diritti umani in loco, senza dimenticare la preziosa collaborazione con le associazioni dei famigliari delle vittime di crimini violenti che sono contrarie alla pena capitale.
  • Toccare con mano la realtà della pena di morte negli USA, come altrove, ed affrontare e capire le mille sfaccettature di quello che consideriamo un retaggio di inciviltà medievale ci permette non solo di dare un volto ai detenuti che ci impegniamo ad aiutare, ma anche a perseguire la nostra visione di un mondo senza pena capitale e nel quale vengano rispettati il diritto alla vita e la dignità di ogni individuo.

Portiamo nel mondo, in sostanza, una visione di cui siamo orgogliosi, ossia la visione di un’Europa apertamente abolizionista al punto che qualsiasi Paese chieda di far parte dell’Unione ha l’obbligo di abrogare il ricorso alla pena capitale. E si va persino oltre, vietando addirittura il commercio di sostanze che potrebbero essere utilizzate per porre fine alla vita di persone condannate a morte.

Così facendo, oltre a lottare apertamente contro una pena inaccettabile in primis per ragioni etiche e morali, difendiamo altresì strenuamente il principio sacrosanto della finalità rieducativa della pena, così come previsto dalla nostra Carta fondamentale secondo cui, all’art. 27 comma terzo, “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al 2 senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. 

Se anche voi la pensate come noi, aiutateci a realizzare il prossimo viaggio negli USA!

Per scelta dei soci fondatori noi membri del direttivo di COALIT siamo tutti volontari e non percepiamo – né mai percepiremo – alcunché per gli incarichi quotidiani che svolgiamo sul territorio nazionale ed all’estero. Fino a qualche anno fa, riuscivamo anche ad autofinanziare tutti i nostri singoli viaggi e le nostre campagne. Oggi, purtroppo, la crisi dovuta alla mancanza di lavoro, alla situazione economica nel nostro Paese, alla mancanza di finanziamenti locali, regionali o statali, oltre alle conseguenze della pandemia e della vicina guerra, ci impongono, nostro malgrado, di chiedere aiuto perché non riusciamo a sostenere più progetti cosi impegnativi con le sole nostre forze. Nasce quindi la necessità di raccogliere fondi per continuare a raggiungere efficacemente i risultati che in tanti anni di lavoro ci hanno portato a raggiungere piccoli grandi esiti positivi nell’educare alla legalità, alla prevenzione del crimine, al rispetto dei diritti umani e civili e su quanto si possa e debba fare per restare umani in una società violenta.

Abbiamo avviato una campagna di raccolta fondi il cui link è il seguente:

https://www.gofundme.com/f/peace-justice-prisoners-rights-human-rights

Date un’occhiata e considerate l’idea, attraverso il vostro aiuto, di contribuire alla costruzione di una società migliore e meno violenta, più consapevole e più inclusiva, degna davvero di essere definita civile.

Ogni piccola donazione ci aiuterà ad avvicinarci al nostro obiettivo di sensibilizzare gli uomini al rispetto, alla nonviolenza e soprattutto al “restare umani”.

Arianna Ballotta
Presidente
Coalizione Italiana contro la Pena di Morte Onlus
https://www.facebook.com/coalit

Pace e giustizia: diritti dei detenuti – diritti umani

Raccolta fondi

ADVANCING EQUAL JUSTICE AND HUMAN RIGHTS IS OUR GOAL – HELP THE MEMBERS OF THE ITALIAN COALITION KEEP UP THE GOOD WORK!
 
Human rights work depends on the voluntary efforts and goodwill of activists and concerned citizens.
 
When the Italian Coalition was founded in 1997, the founding members decided that all the members of the association – including themselves – should be unpaid volunteers, which means that nobody has ever received and won’t ever receive money for their work on the national territory (and abroad).
Until not long ago, we were able to self-finance our trips to the USA. But sadly today, as a consequence of the financial and economic crisis in our country, the war, the pandemic, the lack of work and the lack of regional, state, and private funding, we are forced to seek help, because unfortunately we are no longer able to finance this kind of projects by our own efforts and means only.
Hence the need for collecting funds in order to continue to effectively achieve the positive results that we have been achieving for so many years, which have undoubtedly helped raise awareness and educate the public on crime prevention and on what can and should be done to stay human even in a violent society.
The goal that we would like to achieve is a trip to Texas in the last two weeks of August 2023 to visit some prisoners detained in the Allan B. Polunsky Unit in Livingston.
 

Dei delitti e delle pene

Foto di Jody Davis da Pixabay

Letture

Global Carnival: una nuova mobilitazione mondiale per Assange

di Pressenza – Redazione Italia

L’articolo è disponibile anche in: SpagnoloGreco

Si stanno definendo i dettagli della nuova iniziativa mondiale per la libertà di Julian Assange: in appoggio alla manifestazione di Londra organizzata da Dont Extradite Assange  per l’11 febbraio si sono mobilitati da Buenos Aires fino all’Australia tutti i gruppi, comitati, formazioni politiche e sociali che chiedono la liberazione del giornalista australiano imprigionato in Gran Bretagna in attesa di una estradizione che sarebbe uguale a una condanna a morte.
Si possono vedere crescere ogni giorno le adesioni e le iniziative del “Global Carnival for Assange” sulla mappa che trovate sul sito www.24hassange.org ; l’11 Febbraio, dalle 11 a mezzanotte GMT ci sarà di nuovo una diretta trasmessa sul canale YouTube di Pressenza Italia e su quello di Terra Nuova Edizioni.

Per informazioni ed adesioni scrivere a 24hAssange@proton.me

L’asse di una strategia migranticida

Foto tratta da Open Arms

di Annamaria Rivera

E’ iniziata da ben prima dell’insediamento dell’attuale governo fascistoide la delegittimazione istituzionale, se non criminalizzazione, non solo delle Ong che praticano ricerca e soccorso in mare, ma perfino di chiunque, sia pure individualmente, compia atti di solidarietà verso persone profughe.
Ricordo che la campagna contro le Ong fu inaugurata da Frontexl’Agenzia europea per le frontiere esterne, che già a dicembre del 2016 accusava le organizzazioni umanitarie che operano nel Mediterraneo di colludere con i trafficanti di esseri umani e di costituire per i/le migranti un fattore di attrazione che li/le invoglierebbe a emigrare.
Essa è proseguita in Italia con campagne diffamatorie, denunce, processi: una strategia denigratoria legittimata, tra gli altri, da Luigi Di Maio, che, com’è noto, nel 2017, in un post su Facebook, definì “taxi del mare” le navi delle Ong. È indubbio che tali ignobili esempi dall’alto non facciano poi che incoraggiare e legittimare intolleranza e razzismo “dal basso” (per così dire).
Dunque c’era da aspettarsi che il governo più di destra della storia repubblicana desse un contributo rilevante alla guerra contro le Ong impegnate nel soccorso in mare. Infatti, è ciò che è accaduto con il decreto-legge del 2 gennaio 2023, “Disposizioni urgenti per la gestione dei flussi migratori”, detto Meloni-Piantedosi, in realtà firmato anche dai ministri Nordio, Salvini, Tajani e Crosetto, nonché dal Presidente della Repubblica Mattarella: un decreto finalizzato apertamente a ostacolare in ogni modo l’operatività delle navi delle Ong.
Com’è noto, il decreto impone alle navi delle Ong di far sbarcare immediatamente le persone soccorse e in tal modo impedisce loro di compiere ulteriori salvataggi o d’intervenire sollecitamente in caso di altre segnalazioni di pericolo.
Infatti, come i casi più recenti dimostrano, ormai, grazie al decreto, per lo sbarco non si sceglie «il posto sicuro più vicino» e raggiungibile nel minor tempo possibile, ma qualche approdo che richiede molti giorni di navigazione. Inoltre, il comandante della nave è obbligato ad appurare chi fra le persone naufraghe tratte in salvo abbia intenzione di chiedere la protezione internazionale: il che significa che la presentazione della domanda debba essere fatta direttamente sulla nave, così che l’obbligo di esaminarla spetti allo «Stato di bandiera» dell’unità di soccorso.
È una procedura più volte rigettata poiché, secondo l’Unione Europea e il regolamento Dublino III, «quando la nave si trova in acque internazionali non si possono presentare richieste di asilo perché esse vanno formalizzate dalle autorità nazionali preposte, alla frontiera e nel territorio dello Stato inteso in senso stretto comprese le acque territoriali».
Infine, secondo il decreto, se l’Ong impegnata nel soccorso in mare violasse tali regole infami, i responsabili della nave sarebbero sottoposti a una multa fino a 50mila euro.

Insomma, la gran parte del decreto Meloni-Piantedosi è in aperto contrasto con il diritto internazionale e con le Convenzioni a cui l’Italia ha aderito, a cominciare da quella di Ginevra del 1951 sui diritti dei rifugiati e da quella europea sui diritti umani.
Come ben sappiamo, il Mediterraneo è ormai divenuto un vasto cimitero acquatico e il Canale di Sicilia ha guadagnato il sinistro primato di confine più letale al mondo.
A un tale primato hanno contribuito non solo la guerra contro le Ong, ma anche la sostituzione della missione Mare Nostrum, destinata al salvataggio di vite umane, con quella denominata Triton, finalizzata al controllo e alla protezione delle frontiere.
Oggi siamo al tempo in cui neppure il cadavere di un bambino riverso su una spiaggia riesce a commuovere e a sollecitare la pietas collettiva, come invece accadde a settembre del 2015, allorché fu diffusa l’immagine del piccolo Ālān Kurdî, morto esattamente di tanatopolitica: era figlio di due esuli curdo-siriani, in fuga dall’Isis e dalla guerra civile, dunque più che meritevoli di asilo.
Per citare un caso esemplare, ricordo che l’11 ottobre del 2013 annegarono ben 268 profughi/e, dei quali almeno 60 bambini e un gran numero di donne in fuga da Aleppo e da altre città siriane. Dopo l’affondamento del loro barcone, mitragliato da una motovedetta libica, i 480 profughi siriani attesero vanamente per cinque ore, mentre Malta e l’Italia si rimpallavano la responsabilità dell’intervento per soccorrerli. Un tale reato, sebbene così grave, poi sarebbe stato prescritto.
Attualmente, con il governo guidato da Meloni, si è compiuto un salto di qualità foriero di svolte autoritarie, nonché assai pericoloso per la sorte e per la vita dei profughi e delle profughe, delle persone d’origine immigrata, ma anche dei rom…

Quanto al contributo delle istituzioni italiane alla strage di persone profughe e migranti, va rimarcato che uno dei pilastri è costituito dal Memorandum d’intesa fra la Libia e l’Italia, che in tal modo legittima non solo le stragi nel Mediterraneo, ma anche gli orrori compiuti dalla cosiddetta Guardia costiera libica e quelli che si consumano nei “centri di accoglienza per migranti”, in realtà degli autentici lager.
Potremmo definirla migranticida, l’attuale strategia adottata dal governo italiano e incoraggiata e/o approvata da talune istituzioni dell’UE. È una strategia che dà la priorità all’esternalizzazione delle frontiere, al blocco delle partenze dalla Libia, alla pretesa di sigillare anche il sud libico stringendo accordi con le peggiori milizie e bande di trafficanti.
Tale è l’ecatombe nel Mediterraneo e talmente palesi le responsabilità dell’Unione europea che forse potremmo azzardarci a definirla genocidio, intendendo quest’ultimo come una forma di eccidio di massa unilaterale, in ragione dell’appartenenza a una certa collettività o categoria umana; o perlomeno considerarla al pari di un crimine contro l’umanità.
Inoltre, sappiamo bene e da lungo tempo che il razzismo ha quasi sempre anche una dimensione istituzionale (Carmichael e Hamilton, 1967). La discriminazione routinaria e la conseguente ineguaglianza strutturale di taluni gruppi e minoranze non sono solo il frutto di pregiudizi e comportamenti intolleranti “spontanei” da parte del gruppo maggioritario, ma sono anche – forse soprattutto – l’esito di leggi, norme, procedure e pratiche messe in atto da istituzioni.
Va precisato che la tendenza esemplificata da provvedimenti quale il decreto Meloni-Piantedosi non è una peculiarità italiana. Quasi ovunque in Europa si legifera in tal senso. In più, l’Unione europea pratica una sorta di sovra-nazionalismo armato, a difesa delle proprie frontiere. E questo non solo è causa principale di una strage di profughi/e di proporzioni mostruose, ma contribuisce anche a legittimare il razzismo “spontaneo”, a incoraggiare i nazionalismi, quindi a favorire il successo delle destre, anche estreme, com’è palese nel caso italiano.
Basta dire che solo nei primi dieci mesi del 2022, tra morti e scomparse, si sono registrate ben 1.800 vittime: un esempio lampante di quella che ho definito strategia migranticida.
La cifra che ho citato dovrebbe essere integrata con quelle relative ai decessi per fame, sete, disidratazione, nonché conseguenti a rapine, aggressioni, sequestri, stupri e torture fino alla morte, inflitti a migranti e rifugiati/e in paesi quali la Libia. Questo accade abitualmente soprattutto nei centri di detenzione libici, veri e propri lager, molti dei quali gestiti dalle milizie, con cui stringe accordi: sono le stesse che gestiscono il traffico dei profughi. Per non dire delle brutalità, anche letali, compiute dalle bande che si aggirano nel deserto tra il Niger, il Mali, il Sudan e la stessa Libia: anche con questi Paesi l’Unione europea e l’Italia sottoscrivono accordi finalizzati all’esternalizzazione delle proprie frontiere, con la pretesa di sigillare anche i cinquemila chilometri di Sahara.
Per concludere: specialmente oggi, al tempo del governo Meloni, occorrerebbe considerare la centralità della lotta contro il razzismo e la strategia migranticida che ne consegue. E aver chiaro che per sconfiggere la destra questo è un tema decisivo.

L’articolo è stato pubblicato su Comune-info il 18 gennaio 2023