Tempi duri per la pena di morte

17 settembre 2009
17 settembre 1948
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Settembre è stato un gran brutto mese per la pena di morte.

E’ iniziato con un potente articolo del New Yorker in cui si racconta la storia di Cameron Todd Willingham che, condannato a morte per l’arson murder (incendio doloso con omicidio) delle sue bambine, si è sempre dichiarato innocente, arrivando a rifiutarsi di scambiare la condanna all’ergastolo con la confessione.

Il Texas lo ha ucciso nel 2004, anche se un famoso chimico aveva dichiarato che l’incendio era stato accidentale, mentre oggi è il rapporto ufficiale di Craig Beyler che lo scagiona completamente affermando che i primi investigatori:

“had poor understandings of fire science and failed to acknowledge or apply the contemporaneous understanding of the limitations of fire indicators.”

A questo rapporto, scritto per la Texas Forensic Science Commission, si è aggiunto l’elefantiaco resoconto sul patetico stato della scienza forense americana inviato all’apposita commissione Senatoriale dal National Research Council della National Academy of Sciences.

Rapporto che non poteva essere più tempestivo.

Nel solito Texas hanno rivisto i risultati di alcune autopsie effettuate su bambini e hanno concluso che le morti non erano il frutto di violenza e che le persone condannate non sono perciò colpevoli. Due donne sono state liberate e la babysitter Cynthia Cash protesta di nuovo la sua innocenza.

Anche Michael Toney è uscito dal braccio e poi dalla prigione, ma la giustizia texana (come per Charles Hood)  non vuole riconoscere l’errore giudiziario e mantiene la teorica possibilità di processarlo di nuovo in un improbabile futuro.

In Florida è invece il DNA che scagionerebbe Anthony Caravella, che aveva 15 anni quando tentarono di mandarlo sulla sedia elettrica. Non riuscendoci si consolarono  spedendolo all’ergastolo, ma oggi, dopo un quarto di secolo, Caravella si potrebbe unire alla lunga schiera di innocenti salvati dal test di cui ricorre il 25esimo anniversario.

Il meglio però l’ha dato l’Ohio.

Fra gli stati americani forcaioli il Texas, con un terzo del totale, è il più prolifico, la Virginia la più efficiente nello svuotare il braccio della morte, la California la più sprecona (250 milioni di dollari per ogni esecuzione), l’Oklahoma quello con il più alto tasso di esecuzioni rispetto alla popolazione, mentre è l’Arkansas ad aver fatto le cose più ripugnanti: ma il più sfigato è l’Ohio.

Nel maggio del 2006 c’è voluta un’ora abbondante per trovare la vena adatta a uccidere Joseph Clark e, l’anno dopo, quasi due ore per ammazzare il suicida-omicida Christopher Newton, che pesava più di cento chili e dovette fare pipì a metà dell’intervento.

Ma con Romell Broom, il 15 settembre scorso, hanno battuto ogni record: nonostante l’attiva collaborazione del condannato, dopo 18 tentativi e due ore di lavoro, dopo avergli esplorato ogni vena delle braccia e delle gambe, hanno dato forfait e chiesto al Governatore Strickland di sospendere l’esecuzione.

Non è chiaro cosa potrà accadere nei prossimi giorni dato che l’unico precedente conosciuto risale al 1946, quando il sedicenne nero Willie Francis fu cotto due volte con la benedizione della Corte Suprema.

In compenso stanno velocemente aumentando gli americani che si chiedono che senso abbia questa macelleria chiamata pena di morte.

Chiudiamo in bellezza con il Giappone che, dopo una ventina d’impiccagioni elettorali, ha un nuovo governo e un nuovo ministro della giustizia: l’abolizionista Signora  Keiko Chiba. Visto che sarà lei ad avere l’ultima parola sulle esecuzioni ci aspettiamo un settembre lunghissimo e bellissimo.

Banzai !!

Claudio Giusti

P. S.

Per i maniaci ho preparato una estenuante lista di links (e-mail: giusticlaudio@aliceposta.it)

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