Cultura

Un’impresa che merita di essere letta

E’ uscito per i tipi di Edizioni Ambiente, il nuovo libro di Lester Brown, Piano B 3.0.
Il libro e’ disponibile anche in rete perché la traduzione italiana è frutto del lavoro collettivo e volontario di un gruppo di cittadini che crede nell’importanza della libera circolazione della conoscenza.

La necessità di un piano b
Nessuna persona sensata oggi può dubitare del fatto che i modelli di sviluppo socioeconomici dominanti siano insostenibili rispetto alle capacità del pianeta di supportarci e sopportarci e che, quindi, sia necessario un urgente cambiamento di rotta. In una situazione di questo tipo diventa indispensabile per l’intera umanità pensare seriamente a un vero e proprio Piano B, a percorsi socioeconomici molto diversi da quelli sin qui perseguiti e alle modalità per attuarli concretamente.
Gianfranco Bologna

Lester R. Brown – Piano B 3.0. Mobilitarsi per salvare la civiltà. Edizioni Ambiente, 2008

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Una giornata a Ravenna

Sono riuscito ad arrivare.
Ma sono partito alle cinque per essere qui alle nove.
Partire da Forlì e arrivare a Ravenna non è difficile.
Esci, prendi la Ravegnana e vai.
E’ tutta dritta, in salita e arrivi a Ravenna in venti minuti.
Però poi ti perdi subito.
Alla prima rotonda.
E giri ore, ore, ore e ore.
Se poi è buio, freddo e piove come oggi ti vengono anche dei brutti pensieri.

Di solito però , dopo avere consumato metà del serbatoio, finisco davanti al ristorante cinese.
Quello vicino alla Standa.
A questo punto sono salvo.
So dove sono e mi fermo a cenare.
Che si sono fatte le otto di sera a furia di girare.
Arrivare qui da voi poi è un attimo. E’ tutta dritta.
A parte che devi fare un paio di strade controsenso.
Ma io le faccio in retromarcia.
Che tanto a Ravenna dopo le otto non gira più nessuno.
Il problema sono le rotonde.
Che non sai se devi dare la precedenza a destra o a sinistra.

Però adesso -mi go dand’é ca’-
Che è più facile da dire che da fare.
Perché Ravenna è come l’Iraq.
Entrare non è facilissimo, ma uscirne è dura.

L’altra volta che ci ho provato (a uscire da Ravenna) mi hanno fermato i carabinieri.
Ero passato sei-sette volte dalla stessa strada e loro mi hanno fermato.
Hanno detto: O lei sta studiando un attentato terroristico o è di Forlì
Volevo dire che sono un terrorista ma poi ho confessato di essere di Forlì
Quelli mi dicono: anche noi siamo di Forlì, ma ci facciamo passare da carabinieri terroni che così ci trattano meglio.
Comunque per andare a Forlì devi prendere a sinistra, poi a destra, poi a sinistra e alla rotonda piccola fai tre giri per prendere l’abbrivio e poi è tutta dritta.
Però puoi anche seguire i cartelli.

Ho seguito i cartelli per Forlì e sono arrivato.
A Cervia.
Che è come essere a casa.
Tutta dritta e in discesa.
Arrivi a Forlì in un attimo.

Scritto, nello stile di Maurizio Milani, da Claudio Giusti
11 maggio 2008

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Il nuovo libro di Gian Ruggero Manzoni

Una provincia ipocrita e omertosa fa da sfondo a questo romanzo estremo che diviene affresco graffiante di un’Italia d’inizio millennio. Un nobile decaduto, un allenatore di boxe, cinque giovani boxeur “migranti”, un’affascinante ragazza algerina e due mafiosi russi di particolare e fine erudizione s’incontrano e si scontrano alla ricerca disperata di un’identità e di un valore. Una Rimini invernale, ormai preda di bande criminali e lupi giunti dai quattro angoli del pianeta, si ammanta di tragedia. Una truffa, la stanchezza di vita, il desiderio di riscatto, viaggiano su di una sura del Corano, per poi trovare rifugio tra i rami di un bonsai vecchio di duecento anni. Crudo l’epilogo, seppure sostenuto da una fierezza d’altri tempi. Infine il giocare a scacchi con la morte, come nel film di Bergman, non può che ridare nuova vita, dignità, speranza e un senso a chi ha vissuto ai bordi per anni, nel ricordo dei fasti di un passato, di un titolo di Campione d’Italia o in fuga dalla miseria o da “moderne” schiavitù.

Gian Ruggero Manzoni – L’albero di maehwa.  Edizioni Il Filo, 2008.

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Guido Cagnacci, il viaggio di un artista aperto

di Luigi Impieri
A Forlì, a partire dal 20 gennaio per proseguire fino al 22 giugno 2008, si sta celebrando con una grande mostra allestita presso il bel complesso museale di San Domenico, la figura del pittore, Guido Cagnacci (Santarcangelo di Romagna1601-Vienna 1663).
Esponente di spicco del seicento, non solo romagnolo, oggi l’artista viene rivalutato grazie anche a questa mostra, che ce lo riconsegna tra i grandi del barocco.
Grandezza dovuta secondo me, anche per via dei numerosi spostamenti cui l’artista si accompagnava per accrescere le proprie conoscenze, al fine di formarsi quel fine bagaglio culturale che gli servirà per dare vita alle sue opere, alcune delle quali di straordinaria bellezza.
Al contrario di certa chiusa mentalità contemporanea, uscire fuori dal perimetro dell’abitazione natia, ha portato spesso gli artisti a migliorarsi, grazie al confronto culturale conseguente ed è ciò che ha permesso loro di raggiungere risultati sempre più avanzati.

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