Un colpo di genio

(Si fanno delegare e pagare dalle vittime)

di Gianni Giovannelli

O si deve , invece, accettare la scommessa straziante e meravigliosa dell’assurdo?

(Albert Camus, Il mito di Sisifo)

Il sostituto procuratore di Milano, dottor Paolo Storari, con provvedimento cautelare urgente, affidato per l’esecuzione alla Guardia di Finanza, ha disposto il commissariamento della società Mondialpol, fra le principali strutture d’impresa nel settore della vigilanza, con migliaia di dipendenti. L’iniziativa segue, a brevissima distanza, quella analoga nei confronti di un altro colosso che opera nel medesimo segmento, Servizi Fiduciari, del gruppo Sicuritalia.

L’indagine parte da un dato oggettivo, ovvero la ridottissima retribuzione corrisposta ai dipendenti, assunti per svolgere compiti di sorveglianza su committenza di importanti aziende, quali ad esempio Banca Intesa San Paolo o Poste Italiane, per citarne due che in questo periodo di declamata crisi economica si sono distinte sia per il notevolissimo incremento del profitto sia per la decisa ferma opposizione a qualsiasi aumento dell’imposizione fiscale a loro carico (la cosiddetta tassa sugli extra profitti qualunque sia il significato di questa espressione gergale, oggetto di molto sproloquio e di nessuna pratica applicazione). Il crimine contestato è lo sfruttamento di prestazione lavorative abusando di una posizione dominante, dunque con un sostanziale violento ricatto. L’indagine è a modo suo semplicissima, proprio perché fondata su fatti noti e documentali: orario e salario non sono per nulla occulti o occultati, ma costituiscono l’applicazione di patti stipulati fra imprese e sindacato.

Tre sono i contratti collettivi applicati al personale ingaggiato – non in nero o comunque di nascosto – in questa vasta area che è funzionale al controllo e alla tutela dell’attività terziaria, arretrata e/o avanzata, pubblica e/o privata. Il CCNL conosciuto come servizi fiduciari è quello caratterizzato dai minimi più bassi, 980 euro lordi mensili per la categoria più diffusa (la D), detratte le ritenute fiscali e previdenziali diventano 685 euro netti per 13 mensilità, a fronte di 173 ore mensili di lavoro (tempo pieno). Lo hanno firmato CGIL e CISL, senza la UIL. Come ben spiega la sentenza 21 febbraio 2023 del Tribunale di Milano anche gli altri due contratti collettivi di categoria (firmati da UIL e UGL), pur discostandosi sul quanto non lo fanno in misura significativa e comunque sono ben lontani dal quel minimo vitale che secondo l’articolo 36 della Costituzione italiana deve ritenersi assolutamente inderogabile. L’estensore della sentenza è un magistrato con una certa esperienza sul campo (il dottor Tullio Perillo) e soprattutto con una giurisprudenza personale assai prudente, attenta a non sconfinare in affermazioni troppo radicali, sempre misurata. Non siamo di fronte ad una iniziativa clamorosa di un Giudice comunista che strappa le regole in vigore con lo scopo di fornire le basi a una rivoluzione sociale; prevale anzi il richiamo di precedenti consolidati in tema, di principi costantemente recepiti anche dalla Corte di Casazione. La conclusione cui perviene il Giudice con questa sentenza non consente equivoci: tutti e tre i contratti collettivi prevedono compensi per il lavoro svolto inaccettabili e illeciti, dunque nulli e privi di effetto vincolante, perché non consentono al prestatore, in violazione della norma costituzionale, di vivere un’esistenza qualificabile (almeno economicamente) come dignitosa (per quanto modesta).

Tutte le organizzazione sindacali, sottoscrivendo le tre diverse stesure, hanno firmato – afferma il Tribunale – un patto illecito con le imprese: la quantificazione deve essere rimossa e sostituita con un parametro conforme a diritto, che la sentenza poi quantifica in un aumento di (circa) 300 euro lordi mensili, onde collocare più in alto l’assicella del corrispettivo, tenendo conto della soglia di povertà. A conferma del taglio prudente di esame fatto proprio dal Tribunale il minimo vitale individuato da ISTAT viene invece ritenuto troppo elevato, in ragione delle retribuzioni medie percepite dal precariato italiano, che sappiamo essere il peggio pagato e per giunta in costante peggioramento.

La procura di Milano, disponendo il commissariamento  di Mondialpol e Servizi Fiduciari mediante controllo giudiziario, ha preso in considerazione innanzitutto gli accordi economici che tutte le organizzazioni sindacali (escluse naturalmente quelle c.d. di base che non hanno accesso alla trattativa nazionale); sono dati oggettivi, sotto gli occhi di tutti, mai messi in discussione dai servizi ispettivi ministeriali, dalle istituzioni pubbliche in occasione delle gare d’appalto, dagli economisti e dai giuslavoristi di regime che offrono consulenza al governo e alle autorità territoriali. La prova del crimine è la stipula di un contratto collettivo firmato dalle organizzazioni dei lavoratori più rappresentative, quelle ammesse al CNEL. A fronte di paghe così basse, tali da non consentire neppure vitto e alloggio, i dipendenti – afferma la procura dopo averli sentiti e interrogati in una sorta di anomala conricerca – sono di fatto costretti con violenza ad accettare lo straordinario in misura esagerata, a starsene zitti per evitare ritorsioni, a piegarsi ad ogni richiesta datoriale. Il commissariamento dell’amministrazione d’impresa viene indicato quale unico strumento tecnico possibile per imporre l’adeguamento del percepito da molte migliaia di lavoratori, sottraendoli allo sfruttamento intensivo che i loro rappresentanti sindacali si ostinano a considerare giusto.

Ci troviamo di fronte ad un contrasto inusuale. La procura inquirente ritiene che i minimi salariali applicati nel settore della vigilanza siano un crimine da perseguire; i sindacati confederali (e con loro UGL) resistono sulle loro posizioni e hanno firmato, di recente, il 30 maggio 2023, il rinnovo, con l’adesione pure di Lega Coop, ottenendo nelle assemblee l’approvazione delle vittime del reato, con una larghissima maggioranza (80% dei votanti), come sempre avviene nelle dittature. Eppure l’aumento previsto nel rinnovo mantiene le retribuzioni molto al di sotto della quota ritenuta in giurisprudenza come limite possibile non valicabile in peggio. Si tratta nei segmenti più fortunati di circa 140 euro lordi (meno di 100 euro netti), spalmati in cinque tranche da oggi al 2026. Ma la prima tranche (50 euro lordi) mangia i 20 euro di copertura anticipata già in provvisorio vigore, mentre la più bassa categoria F vale come ingresso e dura 18 mesi. Ove prima di delitto effettivamente si trattasse (come sostiene la procura) il delitto anche oggi permane e le organizzazioni sindacali con l’accordo contribuiscono attivamente a perpetrarlo.

Abbiamo citato un precedente, significativo, della Sezione Lavoro del Tribunale di Milano, condiviso nei suoi presupposti dalla procura inquirente che agisce contro Mondialpol e Servizi Fiduciari. Non è l’unico. La Corte d’Appello milanese (riformando una precedente decisione negativa del Tribunale) con sentenza n. 580/2022 ha sancito i medesimi principi, ordinando anzi l’applicazione d’imperio del contratto c.d. multiservizi , ancora più oneroso per le imprese; e la Terza Sezione del TAR Campania con sentenza n. 1488 del 7 marzo 2023 ha stabilito che le gare d’appalto pubbliche debbano recepire questo indirizzo nei bandi. Ma, va detto, l’orientamento non è per nulla univoco, esistono decisioni di segno contrario, anche a Milano. Tre sentenze (1495/2023, 1924/2023, 1495/2023) hanno respinto le domande dei lavoratori sul presupposto che la firma sindacale legittimi in ogni caso il quanto previsto negli accordi, inteso come giusto per sua stessa natura, a prescindere dalla Costituzione. I lavoratori, intimoriti dalle conseguenze di un cammino giudiziario incerto costoso lungo e zeppo di pericoli, si tengono in disparte rinunziando ad ogni pretesa per non rischiare di perdere quel poco che hanno. In parlamento si preparano del resto al rigetto della proposta di salario minimo a 9 euro lordi orari, con larghi settori del PD apertamente contrari e un segmento di opposizione (Italia Viva) che sostiene la maggioranza meloniana. L’argomento più utilizzato per negare il varo di un salario minimo orario (fatto proprio pure da molti sindacalisti di parte lavoratrice) di cui usufruirebbero bel 4,5 milioni di dipendenti oggi sotto la soglia si articola in duplice aspetto: il salario minimo incoraggia il lavoro nero e sottrae forza alle organizzazioni dei lavoratori. Sono considerazioni non solo arroganti e infondate, ma anche segnale di un cinismo grottesco e disgustoso.

Le organizzazioni sindacali firmatarie del rinnovo (CGIL, CISL, UIL, UGL) ricevono dalle loro vittime una quota mensile per l’iscrizione e delega a rappresentarle; le aziende provvedono alla trattenuta in busta paga versando il prelievo nelle casse sociali. Non sono semplicemente degli sprovveduti, sono complici. Per uno strano gioco del destino il carnefice viene eletto e finanziato dai precari perseguitati, li rappresenta, si serve di loro per sedere alla tavola del potere; bisogna riconoscere che c’è del talento, forse anche del genio, in tanta spietata efferatezza.

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