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Amleto ’44

Recensione di Federico Camia*

Con Alberto Piazzi, mi legano, pur senza conoscerci alcune cose che sono il sale di una vita passata nel sogno di ideali di giustizia ed uguaglianza. Abbiamo pressappoco la stessa età, siamo figli della stessa terra. Di quella bassa pianura dove il sole batte forte e le nebbie avvolgono i filari dei gelsi.
Come lui sono stato emigrante. E sono amante di libri e scrittura.
Leggendo “Amleto 44”, l’autore ci tramanda tutta la sua competenza di ricercatore dei fatti reali di avvenimenti accaduti negli anni della guerra di resistenza, riuscendo a dare loro continuità nel tempo con la fantasia e l’arguzia dello scrittore.
Partendo dalla storia del protagonista, da un amore giovanile e complicato, il libro è un susseguirsi di avvenimenti che portano il lettore a seguire pagina dopo pagina. I protagonisti di questo libro sono gli stessi che abbiamo sentito raccontare tante volte dai vecchi partigiani che con audaci azioni di guerriglia hanno permesso di dare il via ai giorni della liberazione nazionale.
La clandestinità di Aurelio, alias don Gianfranco, ci trasmette tutta la grande forza d’animo con cui si doveva vivere o sopravvivere negli anni di occupazione nazifascista. Sullo sfondo, una Sesto San Giovanni operaia e volitiva, un baluardo contro l’ingerenza degli invasori.
E poi, come dicevo, al centro della storia che Piazzi racconta ci sono le donne, i giovani, gli operai in particolare, ma pure le stesse famiglie che nonostante le feroci rappresaglie hanno continuato a resistere e contribuire alla rinascita, negli anni a venire, del nostro paese. I tradimenti feroci, quelli difficili da accettare così come le coscienze che si ribellano davanti a avvenimenti troppo personali ma che riguardano a ben vedere tutta la collettività riempiono le vite delle persone nel susseguirsi dei lunghi, lunghissimi mesi della lotta di liberazione, dove ognuno cercava di portare un suo piccolo contributo ma indispensabile affinché il sogno continuasse a vivere seppure di una piccola fiammella.
E rimbalzano i rastrellamenti, i rifugi antiaerei e i bombardamenti dell’aviazione alleata che a causa di grossolani errori saprà radere al suolo quello che i nemici ancora non avevano distrutto. Fino a distruggere la vita stessa della donna amata e di quel figlio che non aveva mai conosciuto.
Poi la fine della guerra, la vita che riprende il suo corso. Una nuova vita con un nuovo amore che sarà il perno per poter ricominciare senza dimenticare.

AlbertoPiazzi Amleto ’44, Robin Edizioni, 2023.

*Federico Camia, segretario della sezione ANPI di Pontenure

La foto è di Alberto Piazzi

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Ceramica alchemica

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Bologna 2 agosto 2024

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NB – Nota Breve

di Dino Silvestroni

Eraldo Baldini sa bene che una “storia è una storia” per questo racconta la sua. Inizia coi ricordi dei personaggi, sapendo bene che il ricordo spesso crea vuoti e ombre. Nello scorrere delle pagine il lettore è accompagnato in un continuo confronto e distacco fra “ricordo” e “memoria” per poi ricomporre questo gioco in una lettura capace di cancellare “quelle lunghe ombre fredde”. Questa è la storia di Eraldo Baldini.

Grazie per la bella lettura.

Eraldo Baldini – Le lunghe ombre fredde. Rizzoli. Milano, 2024.

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ALLA SVOLTA

di Sergio Tardetti

Quando arrivi a una svolta, la sola cosa che puoi fare è svoltare. Non puoi tirare dritto, ignorandola, perché presto o tardi finirai per pentirtene. A volte non puoi nemmeno farlo, al massimo puoi saltare l’incrocio senza fermarti e senza riflettere, ma essendo consapevole di farlo a tuo rischio e pericolo. La vita è piena di incroci ignorati o, peggio ancora, saltati, di occasioni per poter svoltare che non sono state colte, anzi, sono state semplicemente tralasciate. Tutto perché tirare dritto è sempre più facile e più comodo che svoltare. La strada che hai davanti, quella che stai percorrendo, ti sembra sempre ampia, liscia, bene illuminata. Potresti arrivare a scorgere fin quasi al suo termine, monotona quanto basta, ma comoda. Perché, allora, abbandonarla? Quando arrivi alla svolta, invece, riesci a intravedere a malapena un brevissimo tratto della nuova strada che ti troverai a percorrere, se e quando svolterai. Sembra sempre una strada buia, stretta, disagevole, spesso in salita. Chi te lo fa fare, allora, di abbandonare quella comoda che hai percorso fino a quel momento, per lanciarti in un sentiero che potrebbe riservare anche amare sorprese?
Ad ogni svolta, chissà perché, torna sempre in mente la figura di un personaggio mitico, quell’Ulisse che di svolte deve averne incontrate e conosciute tante, perfino troppe, se per coprire quel breve tratto di strada – o meglio, di mare – che lo avrebbe riportato a casa ci ha impiegato ben dieci anni. E alla fine, stando almeno ai bene informati, una volta tornato a casa – o forse, chissà, non doveva nemmeno esserci tornato! – ha deciso di riprendere il mare, continuando ancora a svoltare. E, una volta in mare aperto, cosa ha fatto? Anziché tirare dritto, ha preferito svoltare a sinistra – senza nessun riferimento politico, sia chiaro! In ogni caso sarebbe stato sempre e soltanto mare, una distesa d’acqua senza confini e senza segnali, senza incroci e senza svolte consigliate o obbligate. E a lui sì che le cose non sono andate bene, se il suo viaggio è terminato contro una montagna! Ma, forse, sapeva già che, anche tornando a casa, il viaggio sarebbe terminato contro un’altra montagna, la montagna di problemi che si sarebbe trovato ad affrontare nella vita di tutti i giorni in famiglia e a capo di quel regno, piccolo sì, ma litigioso da morire. Insomma, ci sono occasioni in cui svoltare ha un senso e aiuta persino a salvare la vita – o a salvarsi dalla vita – e ce ne sono altre in cui, invece, conviene tirare dritto. E noi, come disse Amatore Sciesa mentre veniva condotto al patibolo, siamo quelli che “tiremm innanz!”
© Sergio Tardetti 2024
La foto è di Niklas Jeromin da Pexels

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