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Il sistema razzismo

di Annamaria Rivera

Per definire e analizzare il razzismo è necessario anzitutto sbarazzarsi della categoria di “razza”, da cui pure deriva l’etimologia del termine. Questa categoria, con cui si pretende di descrivere e gerarchizzare i gruppi umani sulla base del biologico, è stata criticata e ormai abbandonata sia dalle scienze sociali, sia da quelle naturali.
I biologi hanno dimostrato, fra l’altro, che la distanza genetica media fra due individui è pressappoco pari a quella che separa due supposte razze. Tuttavia, la dimostrazione dell’infondatezza della “razza” non ha mai interdetto e tuttora non interdice che certe collettività siano percepite, categorizzate, trattate quasi fossero “razze”.
E le “razze” s’inventano. Come insegna la lunga e tragica storia dell’antisemitismo, qualunque gruppo umano può essere razzizzato, indipendentemente dalle sue peculiarità fenotipiche e perfino culturali e sociali. Lo stigma della razza è, infatti, l’esito di un processo sociale di etichettamento: in definitiva, tutte le “razze” sono inventate.
La differenza “di colore” non c’entra niente. Gli italiani emigrati negli Stati Uniti, in Germania, in Svizzera, in Francia ecc. erano considerati individui di razza diversa: disprezzati e trattati più o meno come oggi sono trattate le persone di origine immigrata. A New Orleans nel 1891 furono linciati undici italiani, quasi tutti siciliani, accusati di aver ucciso il capo della polizia urbana, cosa palesemente falsa. Ad Aigues-Mortes, in Francia, nell’agosto del 1893, furono uccise decine di lavoratori italiani che erano lì, nelle saline, per la raccolta stagionale del sale. E il razzismo anti-italiani si è perpetuato fino ad anni recenti.
Gli ebrei, che furono sterminati a milioni nei lager nazisti, non erano certo neri ed erano di nazionalità e culture analoghe a quelle del resto degli europei.
A dimostrare ciò che dico, basta pensare agli albanesi. A partire dai primi anni ’90 ci furono massicci esodi di albanesi verso l’Italia. E l’albanese diventò il bersaglio d’insulti e atti razzisti. Ogni volta che si verificava un fatto di cronaca nera, uno stupro, un omicidio, ecc., si additava come colpevole qualche albanese; al punto che “albanese” finì per diventare un insulto abituale che si scambiavano perfino i bambini.
L’8 agosto 1991, approdarono nel porto di Bari, sulla nave Vlora, 20mila profughi albanesi, che dapprima furono accolti dalla popolazione con una certa solidarietà. Ma intanto si era avviata la macchina della propaganda politica e mediatica contro di loro e l’orientamento del governo italiano si era assai indurito. Così che i profughi furono rinchiusi in massa nel vecchio Stadio della Vittoria e trattati come animali in gabbia, per essere poi rimpatriati con l’inganno.
Non solo. Gli albanesi sono stati anche vittime di una strage. Ricordo che nella notte fra il 28 e il 29 marzo del 1997, una carretta del mare, carica di profughi albanesi fu speronata e affondata da una corvetta della marina militare italiana, la Sibilla. Morirono annegate più cento persone, in maggioranza donne e bambini.
Ciò detto, come si potrebbe definire il razzismo? Io propongo questa definizione: è un sistema d’idee, discorsi, rappresentazioni e pratiche sociali, che attribuisce a gruppi umani e agli individui che ne fanno parte differenze essenziali, generalizzate, definitive, allo scopo di legittimare pratiche di stigmatizzazione, discriminazione, segregazione, esclusione, perfino sterminio.
Conviene aggiungere che alle collettività definite come radicalmente differenti di solito è negato il diritto di autodefinirsi.
Il razzismo, quindi, ha bersagli diversi secondo i periodi e le circostanze storiche. Per esempio, il fatto che l’Italia sia stata un paese fascista e colonialista conta molto nel razzismo attuale verso le persone immigrate o solo di origine immigrata. Si consideri, inoltre, che secondo sondaggi successivi, l’Italia s’illustra anche per antiziganismo: l’82% del campione intervistato esprime ostilità, odio o paura per la presenza di appena 180mila “zingari”.
Il razzismo è anche il risultato di un circolo vizioso. Diventa sistemico e abituale, quando è direttamente o indirettamente incoraggiato o perfino praticato dalle istituzioni e da mezzi di comunicazione. Quando l’intolleranza verso determinati gruppi o minoranze, diffusa nella società, è legittimata dalle istituzioni, anche europee, e dagli apparati dello Stato, nonché dalla propaganda e da una parte del sistema dell’informazione, è allora che s’innesca tale circolo vizioso.
È un circolo vizioso micidiale. Basta considerare lo stato di abbandono nel quale sono gettati numerosi richiedenti-asilo, che pure dovrebbero essere oggetto di protezione particolare: di fatto privati perfino del diritto di sfamarsi e di avere un tetto sulla testa, in molti casi vanno a raggiungere la schiera dei senza-dimora, cosa che a sua volta fa gridare allo scandalo i difensori del decoro urbano e diviene pretesto per leggi e ordinanze persecutorie e liberticide, e per campagne allarmistiche intorno al tema dell’insicurezza, uno dei più insistenti nel discorso pubblico.
Conviene aggiungere che il sistema-razzismo è sempre sorretto sia da un apparato di leggi, norme, procedure, che hanno per effetto di inferiorizzare, discriminare, segregare, escludere migranti, rifugiati e minoranze; sia da dispositivi simbolici, comunicativi, linguistici, che sono in grado di agire direttamente sul sociale, producendo e riproducendo discriminazioni e
ineguaglianze.
Parlare delle tante leggi che discriminano le persone immigrate e rifugiate sarebbe troppo lungo.
Perciò facciamo solo un esempio relativamente recente: la criminalizzazione da parte delle istituzioni italiane non solo delle ONG che praticano ricerca e soccorso in mare, ma pure di chiunque, anche individualmente, compia gesti di solidarietà verso i profughi. È indubbio che un tale luminoso esempio dall’alto non faccia che incoraggiare e legittimare intolleranza e razzismo “dal basso” (per così dire).
Pensate ai tanti episodi di barricate contro l’arrivo di richiedenti-asilo, ma anche alle sempre più numerose rivolte nei quartieri popolari, soprattutto romani, contro l’assegnazione di case popolari a famiglie non perfettamente “bianche”. In questi casi l’ingannevole formula della “guerra tra poveri” non potrebbe essere più assurda, visto che spesso, a istigare e guidare tali rivolte, sono militanti di Forza Nuova o CasaPound. Qui il circolo vizioso arriva fino al rafforzamento e legittimazione, pur implicita o involontaria, della destra neofascista.
La tendenza a costruire una comunità razzista (secondo l’espressione del filosofo Etienne Balibar) si accentua quando il senso civico è debole e le relazioni sociali basate sulla reciprocità e sulla solidarietà si sono inaridite, quando prevale la cultura dell’individualismo, dell’egoismo, del cinismo collettivi, quando le rivendicazioni sociali e i conflitti di classe (come si diceva un tempo) non hanno più lingua e forme in cui esprimersi.

L’articolo è stato pubblicato su Comune-info l’11 Luglio 2022

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A scuola da Rodari

di Alice Coriandoli

Gianni Rodari è stato il più letto autore di favole moderne, premio Christian Andersen nel 1970, è ancora oggi tra gli autori di letteratura per ragazzi più riconosciuti in Italia e all’estero. Tantissime le traduzioni in diverse lingue del mondo ed edizioni nella neo latina lingua sarda.
È stato tra i più prolifici letterati del secondo Novecento, da prima cronista poi giornalista ha collaborando con diverse testate e riviste, scrittore di favole e filastrocche dal pensiero civile, autore di programmi per ragazzi, si è confrontato con altri intellettuali, poeti e artisti dell’epoca, alcuni tra i quali Munari, Luzzati, Zavattini, Boffa, Calvino.

Da novembre 2021, per volere della famiglia Rodari e della giunta comunale di Orvieto, il Centro studi a lui dedicato è stato riaperto.
Nel Centro ci sono attualmente una buona parte delle pubblicazioni italiane di Rodari e su Rodari, delle edizioni straniere delle opere di Rodari e quasi tutti gli articoli che Rodari ha pubblicato su quotidiani e periodici in 35 anni di giornalismo – dal 1945 al 1980. È costituito da oltre 1.500 documenti di varie tipologie (monografie, periodici, musica, multimedia ecc.) e raccoglie le opere edite di Gianni Rodari, nonché tutti i lavori di critica e di ricerca che riguardano la sua produzione (Articoli, tesi di laurea, filmati, cd, cassette, spartiti ecc.). In continuo inserimento articoli scritti su di lui, pubblicati su diversi giornali e riviste cartacee e on line.
Di notevole pregio e interesse la collezione delle prime edizioni italiane e straniere che il centro possiede e che costituiscono una rarità in Italia.
Tra le migliaia di libri presenti i diari del suo viaggio in Cina Turista in Cina di Gianni Rodari. Collana I grandi servizi di Paese Sera, 7. Volume, con illustrazioni bn. Resoconto di Rodari sul viaggio in Cina nel settembre 1971 e del suo viaggio dell’ex Unione sovietica Giochi nell’URSS appunti di viaggio. Gianni Rodari. Gli Struzzi. Einaudi, 1984
Nel Centro studi Orvieto vi sono la maggior parte dei saggi e della critica scritta su l’autore fin da prima della sua morte. È stato infatti da sempre uno scrittore studiato con attenzione nei suoi diversi lavori: come giornalista testi “Le domeniche di Gianni Rodari: scritti e racconti degli anni de l’Unità” a cura di Vichi De Marchi – Testi su testi. Recensioni e elzeviri da «Paese Sera-libri» (1960-1980) a cura di Flavia Bacchetti. Come autore di soggetti e drammaturgie per il teatro Gianni Rodari – Il mio teatro. Dal teatro del Pioniere a La Storia di tutte le Storie a cura di Andrea Mancini, Mario Piatti. Le ricerche fatte da Carmine de Luca e pubblicate negli anni ‘90. L’universo a dondolo. La scienza nell’opera di Gianni Rodari, di Pietro Greco per Springer Verlag, 2010. E tantissimi altri volumi e tesi che nel corso di più di quarant’anni anni sono state scritte grazie all’indagine di studio di ricercatori e ricercatrici e studenti.
Gianni Rodari è certamente uno dei maggiori letterati italiani del secondo Novecento, nei Paesi dell’ex Unione sovietica con Le avventure di Cipollino già dai primi anni ‘50 fu amato da intellettuali, insegnanti e bambini.
Oltre alle diverse tesi universitarie nelle materie di pedagogia, letteratura, arti, giornalismo, sono state fatte sul suo lavoro ricerche di Dottorato con pubblicazioni “Non solo filastrocche” Rodari e la letteratura del Novecento, di Mariarosa Rossitto per Bolzoni Editore, 2010 – rieditato nel 2020.
Molti studenti e studentesse del Dipartimento di italianistica dell’Università La Sapienza hanno potuto conoscere lo scrittore nel corso di Letteratura del Novecento della Professoressa Francesca Bernardini. E in testi di esame richiesti da altri docenti di letteratura del Dipartimento.
È stato preso in analisi anche dal linguista Tullio de Mauro.
Rodari quindi viene studiato nelle Università, anche all’estero, come per il Dottorato di Tovar Rodrigo Andrés (2019). Il bambino rivoluzionario: Letteratura infantile e pensiero politico. Gianni Rodari nel secondo dopoguerra. Dipartimento di letteratura spagnola e ispano-americana. Università di Salamanca (Spagna).
Raccontato nel suo lavoro e successo in Urss in Cipollino nel Paese dei Soviet. La fortuna di Gianni Rodari in URSS, Anna Roberti, edizioni Lindau, 2020.
Il Centro studi “Gianni Rodari” nasce nel 1987 (rimasto aperto fino al 2010) per iniziativa del Comune di Orvieto insieme alla famiglia Rodari, in seguito alla prima edizione del “Premio alla fantasia Gianni Rodari – Città di Orvieto”, tenutosi nel 1984. È stato ed è il primo Centro dedicato a Rodari nato in Italia. Oggi trova finalmente una sede importante al centro della città, vicinissima al Duomo, presso una delle sale della Biblioteca Comunale “L. Fumi”.
Le principali finalità del Centro sono esplicitate nell’articolo 2 dello statuto dell’associazione. In particolare, il Centro: promuove la conoscenza e lo studio dell’opera di Gianni Rodari con l’ausilio di esperti e studiosi italiani e stranieri; raccoglie le opere edite di Gianni Rodari, nonché tutti i lavori di critica e di ricerca che riguardano la sua produzione; salvaguarda l’infrazionabilità, la consistenza, l’integrità e lo stato di conservazione del patrimonio librario esistente nonché dei suoi eventuali incrementi; tiene aggiornata la catalogazione del materiale culturale da esso posseduto; promuove e organizza convegni, dibattiti, incontri, seminari, corsi, mostre, anche di concerto con altre organizzazioni ed altri enti aventi fini analoghi; svolge attività culturali; tiene rapporti con centri ed esperienze similari, in Italia e all’estero.
A curare l’archiviazione del Centro Studi è Adelaide Ranchino, laureata in conservazione dei Beni culturali con indirizzo archivistico-librario. Primo Tecnologo, CNR Biblioteca Centrale “G. Marconi”. Responsabile del Centro di documentazione europea. Per volere del nuovo Cda vi è un Comitato scientifico composto dai maggiori esperti dell’opera di Gianni Rodari. Rodariologi tra cui: Pino Boero, è stato professore ordinario in Letteratura per l’infanzia e Pedagogia della lettura presso la Facoltà (ora Dipartimento) di Scienze della Formazione dell’Università di Genova. Autore di Una storia, tante storie. Guida all’opera di Gianni Rodari, Einaudi 2010 – rieditato 2020; Giorgio Diamanti, per il Centro ha curato e pubblicato, negli anni ’90, la rivista “C’era due volte…” e un prezioso quaderno Scritti di Gianni Rodari su quotidiani e periodici dove sono elencati in ordine cronologico, e suddivisi per testate giornalistiche; Daniela Marcheschi, critica letteraria e accademica italiana, studiosa di letteratura e antropologia delle arti. Ha curato nel 2020 il Meridiano Mondadori Gianni Rodari, Opere; Ilaria Capanna, laureata in Lettere con tesi in critica letteraria e poi in letteratura del Novecento, studiosa di Favole moderne ed esperta di arti visive, divulgatrice dell’opera rodariana e autrice di molti progetti per il fu Centenario.
Il lavoro, sempre rinnovato e ricercato nelle sue edizioni, nelle scelte degli illustratori e illustratrici, è portato avanti negli ultimi decenni da Edizioni EL, importante casa editrice italiana specializzata in libri per bambini e ragazzi, che raccoglie tutta la produzione per ragazzi del grande scrittore.

L’articolo è stato pubblicato su Comune-info l’11 Luglio 2022

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Premio Cesare Zavattini

Mercoledì 13 luglio – Ore 20:45

PRESENTAZIONE DEL PREMIO ZAVATTINI 2022/23

Bando aperto a tutti i giovani entro il 36esimo anno di età
in scadenza il 28 luglio 2022

A seguire
Proiezione del corto vincitore del Premio Zavattini  2017
IN HER SHOES
di Maria Iovine

Intervengono
Antonio Medici, direttore del Premio Zavattini 
Aurora Palandrani, coordinatrice del Premio
Maria Iovine, regista

ISOLA DEL CINEMA
Isola Tiberina, Piazza San Bartolomeo all’Isola – Roma

Ingresso libero

Bando e regolamento del Premio sono consultabili sul sito del
Premio Zavattini Bando 2022/23

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Manuale minimo

dialoghi tra matrici e stampe d’arte

 

Galleria Civica Casa Francotto – Busca (CN)

9 luglio – 28 agosto 2022

 

di  Roberto Gianinetti

Come per l’Homo sapiens agricoltore che vede crescere una piantina proprio dove un seme, tempo addietro, si era infossato nel terreno, così l’artista incisore avverte che il suo pensiero e la sua idea nascono e crescono dal possibile scavo manuale di una matrice, di un luogo piatto, primitivo e iniziale che attende l’intervento di una mano che prepari il terreno per una semina imminente: quella dell’inchiostro.
Ci troviamo ancora in un mondo virtuale, in potenza, che allude o intravede un possibile reale, finché la mano, proprio lei, inizia un movimento: prende il bulino, la sgorbia, un pennello intriso di cera, anche un trapano, una sega, un disco abrasivo e scava. A poco a poco prende origine un graffito anomalo che scrive, tra le altre cose, Help. È la matrice che chiede Aiuto.
Nell’incisione classica l’ortodossia prevede che, al termine della tiratura su carta, la matrice venga biffata, cioè distrutta, tagliata, stuprata, resa inservibile per ulteriori future stampe; nel contemporaneo l’attenzione rende giustizia al luogo di partenza, con tutte le tracce del lavoro sporco, della specularità, del peso, dell’ingombro.
Quasi una reliquia, un reperto, essa, la matrice, ci riporta al recupero del gesto, delle dita, del polso, del braccio secondo un ordine fisiologico. E forse non è un caso che la mostra abbia luogo in Casa Francotto, a Busca, nell’abitazione di un medico che ha sempre privilegiato, nella visita clinica, l’impiego sofisticato dei propri sensi: ascoltare, osservare, percepire gli odori, toccare e avvertire le informazioni con le dita. “Manuale minimo”, mostra d’arte all’interno della rassegna Help, a cura di Giacomo Doglio, critico d’arte Massimiliano Muraro, propone sette artisti incisori di esperienza internazionale, ciascuno coinvolto nell’indagine di uno specifico materiale di scavo: Alfredo Bartolomeoli (xilografia), Susanna Doccioli (linoleografia), Roberto Gianinetti (cartoni, ferro, altre superfici in rilievo), Mario Lo Coco (cheramografia), Silvia Sala (plexiglass, forex), Renata Torazzo (caratteri mobili in legno), Caterina Valentini (calcografia, lamierini).
“Manuale minimo”
La matrice, in quanto “pagina”, sede di origine, manufatto autonomo, bassorilievo … La stampa, in quanto “traduzione” della matrice, sua interpretazione, integrazione, dialogo o paradosso…

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