arte

Per una trilogia estetica

di Aldo Gerbino

Una minuscola quanto intensa trilogia estetica ci raggiunge; essa assume le forme di un’operativa creatività opportunamente confezionata e offerta da Mario Lo Coco, Roberto Gianinetti e da Gianni Maria Tessari. L’incipit è segnato dal vigore espressivo nell’insistito cammino del monrealese Mario Lo Coco, alimentato dalle sue decennali esperienze generosamente allacciate al valore armonioso del raku, vincolate alla molteplicità della succosa presenza delle argille, alle policromie degli smalti. Un’esperienza connotata per la strenua fedeltà all’azione plastica esercitata nell’indirizzo della mano, in quel suo voler contagiare la materia fondante del nostro pianeta con quella della persona. Una tensione spirituale esposta al nodo dell’esistente che, proprio nell’oggetto, trasfonde e incarna l’ideale modello d’origine sempre più facente corpo con la scena naturalistica, con il fiato umano, con il catturare ogni accenno di parola, con il comprendere ogni percezione di forma. Un’espansione creativa, quella di Mario, la quale ha sempre posto attenzione ai saperi, alla fermentazione delle culture, a un’inseminazione del privato con quella sensibile attenzione ai problemi sociali, al dinamismo delle morfologie, al suono, e, in particolare, alla considerazione della poesia, così al pensiero filosofico il quale contiene in nuce ogni possibile sviluppo dell’agire. Un contribuire con la personale funzione modellatrice non soltanto con l’inerte mediazione di oggetti, ma facendo in modo che tali manufatti siano il terminale di una cultura percepita come energia vitalizzante. Un navigatore della conoscenza, – così lo abbiamo caratterizzato nella recente personale all’Accademia delle Scienze presso l’Ateneo palermitano, – in cui la téchne, segna l’identità di un paesaggio dove altri possono immergere lo sguardo interagendo in chiara libertà, sospinti nella sorprendente sapienza delle mani, accogliendo quel ‘fare’ necessario già inteso dal mondo greco, per cui nella téchne si trovano, diluite e distillate, disparate esperienze. Ora, le sue Sfere cellulari si animano con movimenti circolari nel taglio di un blu sprigionato in lame, in losanghe, oppure nel cobalto steso sulla crudezza argillosa di un corpo felino, mentre altri azzurri più metallici si dispongono su panciuti cuscini, stoviglie, trucioli, su merletti, oppure, come quelli esposti in ambito veneziano (a complemento visivo nel tempo della Biennale), si accendono, quali folgoranti mappamondi, del grido gioioso del giallo, disegnando orbite, o volteggiando nel cupo manto di una notte inchiodata da stelle.
Il compatto lavoro inciso di Roberto Gianinetti possiede una matrice arcaica, una suggestione intima, nata da un rammemorare e da un vivere a rebours. Urgenze intellettuali atte a comprendere meglio ciò che ci sorregge e in che modo tali monoliti si siano evoluti all’oggi, senza dilavare sulla griglia di una civiltà legata alla velocità del consumo d’immagini bensì, attraverso xilografia e linoleumgrafia, rilievi e calcografie, un comprendere la necessità di studiare ogni possibile emergenza della materia, delle tracce, del loro descensus. In altri termini il fuoco del problema visivo in Gianinetti sembra connotarsi come un’opera di riflessione, d’indagine, di convinta progettualità: una ricerca ponderata sulla tracciabilità e consistenza stessa del segno, dell’orma, del codice. Ciò anche in virtù di una formazione in cui la fiamma umanistica si associa alla ragione scientifica, sostenute da procedimenti tecnici essenziali alla significatività del suo linguaggio. Un identificarsi nella pienezza immersiva di complesse tramagli di segni, o nelle ampie e popolose crittografie, nelle interpretazioni di movimenti nastici apparsi sulle sabbie, polveri, per camminamenti labirintici, nella mitografia dell’animo, per gemmazioni di ambienti naturalistici riconducibili per emozionalità ai versi di Giuseppe Bongi di Amo l’estate, versi accompagnati da ornitologici acquerelli e disegni al caffè di Eugenio Montale il quale tanto aveva apprezzato parole e dipinti di questo mite e malinconico artista fiorentino. In Roberto ritroviamo la necessità di certe campiture che agitano ambienti naturalistici, in cui l’ornitologia, i prodotti cellulari, gli esiti arborei, tracciano echi con quei segni incisi che appartennero alla maestria di Maccari e, in particolare, a quelle esegesi illustrative a rafforzare e decrittare il narrato delle ‘bestie’ di Aldo Palazzeschi. In Gianinetti, si attua di continuo la volontà di stilizzare quella cultura incisoria esposta (a sua formazione) tra primo e secondo Novecento, stabilizzando rarefazioni delle immagini, scompaginando e ricostruendo l’endoscheletro delle sue materie visuali: una sorta di calligrafia che si enuncia dai suoi reticoli posti in paesaggi, risaie, tra onde silenziose di floreali petali e gambi, in una moltiplicazione dei segni. In questo tessuto ecco uno scorrere, un travasare ora la densità di un totem animale rivolto verso una sintesi che sempre più si accosta al gusto del design, altre volte accetta modanature di cromatismi come si presentano in certe rilievografie: da Estasi al sole (nel titolo un ricordo verbale, pur nella ovvia distanza estetica e storica, dei Conquistatori del sole del vercellese Giuseppe Cominetti), al ‘volto’ elaborato nel sincretismo operativo con la ceramica di Lo Coco (La chioma di Berenice e il Cigno). Il discorso di Gianinetti va, dunque, per intrichi, per maglie, per linee concise, per assorte e laminari profondità.
Allo spazio, Gianni Maria Tessari dedica, o meglio offre, la sua presenza corporea nel modo in cui recitano la serie di acrilici di Vie oscure, Oltre le stelle, Fuori del corpo. Un gesto interiore, quello di Gianni, votato alla lettura di un multiverso ampliato fin oltre le stringhe dell’immaginazione, corroborandolo ora con toni densi, quasi a voler catturare materia allo scopo di incrementare il valore ponderale del cosmo e dell’uomo, altre volte divaricando la luminosità con azzurrine aperture e librando il corpo in una mutevole distesa per celesti abitazioni. Eppure sul linguaggio del veneto-torinese Tessari, trovano incubazione diversi elementi stilistici – dalla surrealtà, al tachisme alla nuova figurazione, in quell’atmosfera già segnalata (2007) nella ricognizione milanese alla ‘Fabbrica Borroni’ citando esperienze che vanno da “Palermo Blues” a “Sculturama”, dalla “ Nuova palestra artistica milanese” alla “linea dolce della Nuova Figurazione”, da “Italian Factory” a “RefreshProject” alla “Street art”, – configurando, per Tessari, quella sincretica volontà di allacciare icone diverse al fine di ottenere un plot narrativo rinnovato, multireagente, in sintonia con la spazialità urbana e animata dalla metafisica tensione verso quell’oltre rinvenibile nella pedana siderale. Allora dalle crittografie naviganti nelle oscure nebulosità di Notturno, Gianni Maria Tessari si proietta nella corposa magmatica espressione dal gusto informale delle sue Antropologie con un aspetto di solitaria cupezza in cui bagliori e fiammate accendono la pagina pittorica; altre volte tale densità si squarcia, e tra le consistenze maggiori di fuochi ecco riemergere sagome umane, tralicci, criptiche scritture in forma di calligrammi, il tutto, in attesa di rasserenanti lucentezze, nel gelido silenzio del proprio sguardo.

[a.g. Palermo, maggio del 2022]

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Frantumi

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Meta d’Estate

La Stagione 2008, META d’ESTATE realizzata con il patrocinio del Comune di Meta, si articola in varie sezioni: Arte, Musica, Danza, Cinema, Formazione e il tema scelto è ”Specchi. L’immagine, il doppio, il molteplice”. Lo specchio, nel suo alone di ambiguità, è il riflesso di un’immagine che apre al doppio, archetipo che attraversa tutti i tempi e tutte le arti.

III Evento: ”L’arte della riflessione” sabato 30 agosto con ingresso dalle ore 17:00
Ospitalità, arte, eventi nel cuore della costiera sorrentina: si tiene il 30 agosto a “Sola nel Sole“, antico frantoio settecentesco trasformato in luogo di raffinate atmosfere sulle colline di Meta, il terzo evento della stagione 2008, con la direzione artistica di Marisa Lepore: l’appuntamento tra teatro, danza, musica, film e arte contemporanea, si svolgerà nei luoghi dell’aranceto del resort dal “calar del sole al far della sera”.

L’evento si apre alle ore 18:00 nello spazio ”All’ombra dell’Ulivo”, con il terzo incontro della Sezione Formazione, incontro sull’arte coordinato da Valeria Aiello. Il primo intervento, dal titolo ”Nel reale, fuori dal mondo” è di Luigi Caramiello, docente di Sociologia dell’arte e della letteratura all’Università Federico II di Napoli, saggista, giornalista ed esperto d’arte e cinema. Il secondo intervento, ”Nel riflesso, la nudità dell’arte” è di Enzo Dall’Ara, critico, pubblicista ed esperto d’arte.

Al calar del sole, nella ”Galleria dell’Arancio” seguirà per la sezione Arte ”Sognatori d’acqua” un progetto itinerante sul territorio italiano, ideato da Marisa Lepore nel 2002 anno internazionale dell’acqua e che, ad ogni tappa del percorso, integra con artisti locali, un nucleo di base di artisti di provenienza nazionale. La esposizione, tra pittura, scultura e fotografia, con un intervento critico di Enzo Dall’Ara, presenta le opere di Lorenza Altamore, Piero Castellano, Rosalba Conte, Dinko Glibo, Luigi Impieri, Silvana Liotti, Francesca Macri, Valentino Ruggiero.

Seguirà al tramonto Momento diVino” una degustazione a cura di Maurizio Gonella.

A conclusione, per la Sezione Film Festival, sarà proiettata il video d’arte After Dürer” di Daniel Belton ”Selezione dal Coreografo Elettronico. Festival Internazionale di video danza

Tra gli invitati, i rappresentanti delle Amministrazioni Comunali della Penisola Sorrentina, gli Enti e le Associazioni di promozione culturale e turistica. Ad accoglierli, assieme agli organizzatori, il Sindaco dr. Bruno Antonelli, la Vicesindaco arch. Antonella Viggiano, l’Assessore al Turismo cap. Mario Parlato, intervenuti ai precedenti eventi di Sola nel Sole, in rappresentanza del Comune di Meta.

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Percorsi Interculturali

Tracce di riflessione tra teologia, filosofia, letteratura, arte, scienze

Il corpo sottratto. Le istanze del Sabato

dal 23 al 25 maggio 2008
Foresteria del Monastero di Camaldoli.

Essenza del percorso nel deserto. Un uomo che, condottiero del suo organismo, percorre questa vita con un resto (di più non è pensabile) della coscienza di ciò che accade, conserva per tutta la vita il fiuto di Canaan; e che debba vedere il pa-ese soltanto prima della morte, è inverosimile. Quest’ultima previsione può avere soltanto il significato di far capire qual momento imperfetto sia la vita umana, imperfetto perché questa specie di vita potrebbe durare all’infinito e tuttavia non sarebbe altro che un istante. Mosè non arrivò a Canaan, non perché la sua vita fosse troppo breve, ma perché era una vita umana.

F. Kafka, Confessioni e diari, Mondadori 1998; 598-599

Vivere dalla prospettiva dell’apostolo il tempo che intercorre tra la sepoltura del corpo di Cristo e la sua sottrazione dal sepolcro, equivale a calarsi in quel vuoto che, nell’assenza di liturgia del giorno di sabato, trova il suo correlativo. Per chi si disponga ad attraversare il sabato, aprirsi un sentiero nel deserto e trovare l’azione capace di colmare il vuoto, smettono di essere similitudini.
Ma se è vero quanto scrive Simon Weil, che tutti i peccati sono tentativi di colmare dei vuoti, il primo dubbio che impone il sabato non è in che modo agire, ma se sia opportuno farlo: in un tempo in cui niente più aderisce alla vita, il ri-schio infatti è che ogni nostra singola azione, an-ziché ridurre, aumenti lo scollamento.
Chi varca la porta del sabato può verdersi inibita l’azione per la paura del precipizio; oppure per vivere nella sua interezza, nelle potenzialità di progresso e di errore. Dove manca la certezza del dopo, sono le cicatrici, finché il sabato non le cancelli, a dirci da dove veniamo, dove sia la so-glia del dolore e quanto sia instabile. Quando ini-ziamo a perdere memoria di noi, è il corpo di Cri-sto, lacerato, deposto e sottratto che subentra a lo-ro nel marcare i confini tra tangibilità e assenza, tra passato prossimo e presente remoto, ponendo-si a sua volta, di volta in volta, quale limite.
Se il dolore disumanizza e attenta alla dignità della persona, la conoscenza del dolore attraversa l’esperienza, attraverso quindi il riconoscimento e la conoscenza dei nostri limiti, fornisce, se non un rimedio, almeno lo strumento per meglio governarsi nel confronto col dolore a venire. Il dubbio del sabato diviene così disponibilità a ripensarsi e a riposizionarsi ogniqualvolta mutino le condizioni, a interpretare il tempo presente rimettendosi ostinatamente in discussione, ad accettare che l’azione valida qui e ora, presto non lo sarà più, che la messa in atto del vuoto consuma nel suo farsi e non diventa mai canone.
Il fatto che la domenica (non ancora o forse mai) di resurrezione, cominici con la sot-trazione del corpo, ossia sotto il segno dell’assenza, indica che il tempo del sabato non finisce. In questa ottica, quella di chi è in un tunnel e non vede la luce, attraversare il sabato prende il significato di appropriarsi della ver-gogna, della sconfitta e dello smarrimento per dimenticarsene come fa l’attore col testo; col-marlo quello di ritualizzare il vuoto e il silenzio.  E’ Edond Jabès, attraverso la voce di una delle sue creature, a raccogliere in un verso il dubbio del sabato. Ti cerco dove non ti trovo dice Yukel a Sarah, ma mentre le confida queste parole, Sarah è prossima, ma non presente, perché Yukel la sta ancora cercando. Sarah si sottrae nello stesso istante in cui si offre, e lo fa perché Yukel la cerca e continui a cercarla. Temono entrambi che, colmata la distanza fra loro, ad attenderli in realtà sia la fine del dialogo.
(Sebastiano Gatto)

I relatori

Antonio Attisani
è critico teatrale, docente e responsabile scientifico del master interdipar-timentale in “Linguaggi non verbali e della performance” presso il Dipar-timento di Filosofia di Ca’ Foscari di Venezia
Giorgio Bonaccorso
specializzato in teologia liturgica, si occupa dei riti religiosi e cristiani con particolare attenzione all’aspetto antropologico. Docente dell’Istituto di Liturgia Pastorale di S. Giustina di Padova. Ha pubblicato diversi libri

Edoardo Boncinelli
è un degli scienziati italiani di maggiore importanza. Le sue ricerche in biologia molecolare lo hanno portato a dirigere prestigiosi laboratori. E’ noto al grande pubblico per essere uno dei più importanti divulgatori scientifici del nostro paese

Claudio Cortoni
monaco camaldolese

Milo De Angelis
è tra i più importanti poeti contemporanei italiani. Numerose le sue pub-blicazioni con le maggiori case editrici. Ha tradotto Pindaro, Lucrezio e pubblicato l’opera narrativa “La corsa dei martelli”

Andrea Grillo
insegna Introduzione alla Teologia Litrugica alla Facoltà Teologica S. An-selmo di Roma e all’Istituto di Liturgia Pastorale di Padova. Tra le varie sue pubblicazioni: “Tempo e Preghiera”

Gian Ruggero Manzoni
è poeta, scrittore, teorico d’arte e pittore. Ha pubblicato numerosi libri con Feltrinelli, Il Saggiatore e Scheiwiller. Insieme a V. Magrelli nel 1984 ha curato la sezione poesia della Biennale di Venezia. Ha fondato diverse riviste di letterature e arti figurative
Alberto Mesirca
chitarrista dal vasto repertorio classico. E’ passato attraverso varie espe-rienze musicali incidendo ed esibendosi in Italia e all’estero

Andrea Ponso
è una delle voci emergenti della nuova generazione di poeti, è anche redat-tore della rivista Trikster del Master di Studi Interculturali dell’Università di Padova. “La Casa”, curato da Maurizio Cucchi, è il suo primo libro di poesie

Salvatore Scafiti
pittore ed incisore, espone dal 1990 in Italia e all’estero. Ha pubblicato diversi scritti e al monastero saranno presenti alcune opere pittoriche

Foresteria Monastero
52010 Camaldoli (AR)
Tel. 0575 556013 – Fax 0575 556001

e-mail: foresteria@camaldoli.it
sito web: www.camaldoli.it
Sito web del corso

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PERLE, la voce delle donne

Per la prima volta in Italia una caserma dell’Esercito ospita una manifestazione ideata, organizzata e gestita da donne.

Il primo Festival nazionale che non dà voce alle donne, ma è la voce delle donne ed ha come protagoniste le donne che hanno fatto, fanno e faranno la differenza: nel lavoro, nel sociale, nella cultura, nell’arte, nella politica, nell’economia.
Nell’anno europeo delle Pari Opportunità, l’assessorato alle Attività Culturali e Pari Opportunità della Provincia di Pesaro e Urbino (Simonetta Romagna), con PERLE propone un programma ricco di incontri, confronti, dibattiti, mostre, spettacoli, esposizioni per tracciare i contorni del pensiero femminile in tutte le discipline, culturali e sociali.
Colonna portante di queste quattro giornate sono 12 tavole rotonde che spaziano dalla filosofia al linguaggio, dalle “forze a(r)mate” all’ambiente, dalla politica al potere, dal lavoro alla medicina, dalla moda all’adozione, dall’educazione alle donne nel mondo. Ai dibattiti fanno da contorno musica, cinema, editoria, letteratura, fotografia, illustrazioni, video-arte, teatro e le molteplici attività delle associazioni umanitarie e di volontariato.
Tutti avranno il loro spazio nella “cittadella” dove sono stati creati tanti “contenitori” curati, gestiti e organizzati da donne e caratterizzati al femminile.

Programma

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