Il 4 agosto è stato un anniversario importante per la scuola italiana: trent’anni fa è stata promulgata la legge 517 che ha sancito il diritto all’integrazione degli alunni diversamente abili nelle scuole elementari e medie, diritto poi riconosciuto, anche agli alunni delle scuole superiori grazie alla sentenza della Corte Costituzionale n.215 del 1987. E da allora, credo di strada se ne è fatta davvero tanta, se oggi a differenza di allora, nessun genitore pensa di andare a protestare dal dirigente scolastico, perché nella classe di suo figlio c’è un alunno disabile. Una storia, quella dell’integrazione delle persone disabili, che non coinvolge solo la scuola, ma anche tutta la società, come la corposa normativa testimonia e che rappresenta una grande conquista di civiltà ponendo l’Italia fra i primi paesi al mondo.
Tutto bene allora? Non proprio….
Fin dalla promulgazione della 517 venne istituita la figura di un insegnante che, grazie ad un apposito corso di formazione, allora biennale, aveva il compito di facilitare l’integrazione degli alunni disabili. Da allora i corsi di specializzazione, a seconda del periodo storico, hanno cambiato moltissime volte, materie di studio, durata, ente promotore… e l’insegnante è stato chiamato insegnante d’appoggio, insegnante di sostegno, fino ad arrivare alla definizione odierna di insegnante specializzato.
In un articolo apparso qualche giorno fa su l’inserto “Salute” di “Repubblica” si puntava giustamente il dito di uno stato d’animo molto diffuso fra gli insegnanti specializzati: molti di essi si sentono di serie B.
Una delle grandi contraddizioni, anche solo in termini linguistici è proprio questa: come fa un insegnante specializzato a sentirsi di serie B, rispetto a un collega non specializzato? Intanto viene da chiedersi se nel nostro Paese, esiste un’altra categoria di professionisti, che una volta che abbiano speso tempo, competenze, denaro per ottenere una specializzazione, cerchino nel corso della loro carriera, di tornare ad essere, “professionisti non specializzati”, di fatto moltissimi insegnanti appena possono chiedono di tornare ad essere “insegnanti comuni” con conseguenze pesanti per l’effettiva integrazione: moltissime esperienze, e “ buone prassi” vanno dimenticate e non diventano patrimonio comune della scuola; circa il 50% di questi insegnanti è precario e non può assicurare nessuna continuità, di questi moltissimi iniziano la carriera di insegnanti specializzati senza nessuna esperienza pregressa.
Le ragioni di questo malessere sono tante e alcune storiche.
Innanzitutto negli anni 80 la drastica riduzione degli insegnanti di educazione tecnica e fisica, portò ad un loro esubero e alla necessità di trovare una collocazione a tutti questi docenti perdenti posto, i quali vennero quasi obbligati a diventare “ insegnanti di sostegno”. Personalmente non credo alla vocazione o all’insegnamento come missione, credo piuttosto alla necessità di una forte formazione legata ad una certa attitudine, attitudine ad esempio ad intrecciare relazioni, attitudine alla mediazione, a saper gestire un gruppo. Tutto questo viene amplificato quando si parla di insegnante specializzato: l’incontro con l’handicap, la diversità, la malattia degenerativa, è un incontro arricchente per molti, ma per altri è un incontro che può minare le proprie certezze, un incontro difficile da gestire, almeno sul piano emotivo. Pensiamo quindi quali conseguenze possa avere avuto “costringere” centinaia di insegnanti a diventare insegnanti di sostegno piuttosto che perdere il posto di lavoro o ottenerlo molto lontano da casa.
Anche oggi non è molto diversa la situazione: accettare “il sostegno” come comunemente si dice, vuol dire per i precari avere la supplenza comoda vicino a casa, un orario di servizio fatto su misura (spesso del docente e non dell’alunno) e la scorciatoia più facile per arrivare al tanto agognato posto a tempo indeterminato.
Impossibile risollevare gli insegnanti di sostegno da insegnanti di serie B a insegnanti specializzati?
Non credo che esista una ricetta unica, ma credo che tanto si possa fare, partendo ad esempio dalla formazione. Attualmente l’unica strada per diventare insegnante di sostegno è frequentare un corso di 400 o di 800 ore presso le Università. Decisamente troppo poche per essere definiti “insegnanti specializzati”, anche se concordo pienamente con la Prof.ssa Marisa Pavone e con il Prof. Andrea Canevaro, quando sostengono che una formazione seria non si può concludere con un corso e relativo diploma, ma deve essere una formazione in itinere, da espletare durante tutto il corso lavorativo. Lo scopo di questi corsi è quindi fornire agli specializzandi, non tutto lo scibile riguardante il pianeta handicap, ma quegli strumenti per orientarsi nel pianeta handicap.
Peccato che l’attuale contratto di lavoro collettivo della Scuola sancisce che la formazione si configura come un “ diritto” e non come un “dovere” e per cui aggiornarsi rimane una scelta personale e si può ben capire che chi accetta di “fare sostegno” perché è l’unica strada per entrare nella scuola, spesso non è interessato ad aggiornarsi su problematiche che sono mille miglia lontane dai propri interessi.
Per questo ritengo che sarebbe utile potenziare la formazione iniziale, una formazione che sia anche selettiva, in modo da scoraggiare chi non è intenzionato a svolgere al meglio questa professione. A questo si può obiettare che il risultato di una formazione più rigorosa porterebbe a un numero sempre più esiguo di insegnanti di sostegno, ma da quando, nel 1975 sono stati organizzati i primi corsi, ad oggi, sono stati formati migliaia di insegnanti, eppure la graduatoria del sostegno è sempre esaurita.
Io credo che il titolo a tutti non abbia risolto il problema di coprire tutti i posti, e al contrario abbia “indebolito” professionalmente questa figura.
Chi lavora nel mondo della scuola, sa o crede che molti insegnanti che accettano di restare nel sostegno oltre il quinquennio previsto dalla legge, lo faccia perché non ha le competenze necessarie per affrontare una classe intera… E’ ovvio come questo pregiudizio possa pesare sulla credibilità e sull’immagine che la collettività ha di questa figura. Credo pertanto che una formazione seria e rigorosa da continuare in itinere, riqualificherebbe questo ruolo e la sua immagine.
E penso anche che sarebbe auspicabile, essere in servizio nel doppio ruolo di insegnante specializzato e insegnante comune, questo permetterebbe ad ogni insegnante di non perdere di vista né i problemi che sorgono quando si lavora con un alunno disabile, né i problemi che sorgono quando si lavora con una classe. Può sembrare un discorso superficiale ma troppe volte mi sono giunte lamentele dell’insegnante di sostegno, perché gli insegnanti curriculari non capivano le esigenze dell’alunno disabile e lamentele da parte degli insegnanti curriculari, perché l’atteggiamento dell’insegnante di sostegno era troppo protettivo e non capiva le difficoltà organizzative della gestione della classe.
Attualmente non esiste, questa possibilità, che potrebbe essere benissimo contemplata considerando che non esiste una classe di concorso di sostegno. Se non è possibile svolgere il doppio ruolo non ci sono motivi per non istituire tale classe di concorso che avrebbe almeno il merito di non disperdere le esperienze. Attualmente si accede alle graduatorie ad esaurimento per il sostegno con il punteggio che si ha maturato nella propria materia. Questo significa che alcuni insegnanti dopo tanti anni di precariato, per vedersi assegnata una cattedra o il ruolo, si specializzano e grazie al punteggio regresso balzano in cima alla graduatoria, superando (senza nessuna esperienza specifica) chi ha molti anni di esperienza nel sostegno e viceversa. Mentre avere esperienza e avere una solida formazione vuol dire diventare insegnanti competenti e quindi autorevoli e quindi insegnanti di serie A.
Io ho una qualifica post – diploma come educatrice di prima infanzia.
Vorrei fare un corso per insegnante d’appoggio, ma per farlo necessito della laurea, che comporterebbe altri tre (minimo) anni di studio.
Avendo già molto esperienza nel mondo dell’infanzia, non c’è la possibilità di frequentare un corso post diploma che non sia necessariamente anche post – laurea?
Grazie.
i corsi biennali per la specializzazione nel sostegno gestiti da enti privati o dai CSA ( ex provveditorati) sono stati definitivamente aboliti qualche anno fa. Attualmente solo le Università hanno la facoltà di istituire corsi di specializzazione. A questi corsi si accede l’ultimo anno di corso in scienze della formazione, aggiungendo un modulo di 400 ore.
Cordiali saluti.
Licia Lambelli
Ci sono anche altri insegnanti che si sentono di serie B. Sono gli insegnanti precari non abilitati. Essi vengono ignorati dalle istituzioni e sfruttati dalle scuole pubbliche quando manca personale. Per ottenere maggiore giustizia alcuni docenti hanno attivato una petizione on line. Firmala anche tu!
http://www.universitydimension.com
io sono una maestra elementare, con diploma di istituto magistrale ottenuto nel 1979, sono entrata nel giro delle supplenze solo negli ultimi 4 anni, vorrei sapere cosa posso fare per avere l’abilitazione come insegnante di sostegno.
grazie e saluti.
sono un’insegnante elementare con diploma magistrale e specializzazione in psicomotricità, che lavora presso una struttura parificata da 7 anni, nel 2008 ho terminato il corso di abilitazione all’insegnamento, attendendo ora di essere chiamata dallo stato.
Mi chiedevo come fare ora ad ottenere un’abilitazione all’isegnamento su sostegno
Grazie Marta
Salve, sono una delle tante insegnanti che, dopo anni di precariato, hanno deciso di conseguire la specializzazione per il sostegno, non per vera passione, ma solo per ottenere il tanto agognato ruolo. Dopo aver conseguito la maturità classica e due diplomi presso il Conservatorio di Musica, mi sono iscritta all’Università nel 1999 e ho quindi conseguito nel 2003 la laurea in Scienze della Formazione Primaria, effettuando anche le 400 ore aggiuntive per il sostegno (sei esami, un tirocinio di cinquanta ore, una tesina). Finalmente, a quarant’anni, ho avuto la nomina a tempo indeterminato nella scuola primaria.
Scrivo la mia testimonianza per porre in evidenza quanto il problema di sentirsi di serie B sia dovuto troppo spesso al modo in cui molto colleghi di posto comune ci trattano. Personalmente, anche se non “appassionata” , ho sempre svolto al meglio il mio lavoro, spesso spendendo molti soldi in libri, riviste o corsi di aggiornamento. Ho avuto casi difficili, bambini aggressivi, famiglie depresse e sofferenti con le quali non è sempre semplice comunicare e interagire, ho dovuto affrontare e fronteggiare il dolore mio e loro di fronte a bambini che purtroppo a volte destabilizzano, la cui sofferenza diventa la sofferenza di tutti coloro che vogliono il loro bene e cercano, con grande fatica, di fargli fare dei passi avanti.
Quello che ferisce, e deprime, è che spesso, troppo spesso, siamo trattati dai nostri colleghi di posto comune come se fossimo davvero insegnanti di serie B. Mi sono trovata spesso a lavorare fianco a fianco con persone di gran lunga meno preparate di me, dal punto di vista contenutistico e direi anche psico-pedagogico, con l’obbligo di tacere, di stare al mio posto, di non interrompere, non interferire. Mai nessuno che mi rendesse partecipe nella stesura della programmazione, mai nessuno che mi informasse su quello che intende spiegare l’indomani. Non si interessano mai alla stesura dei P.E.I e neanche li leggono…
Per non parlare dell’orario: sempre “tirata” da una parte e dall’altra, poiché spesso si lavora in due o tre classi, e le colleghe di ogni classe pretendono tutte le prime ore, senza capire che se ho tre bambini in tre classi diverse non posso accontantare tutti…
Scusatemi lo sfogo, ma voi capite, dopo cinque anni così, avendo a volte a che fare anche con bambini aggressivi, è ovvio che si faccia di tutto per passare al posto comune, altrimenti ci si ammala davvero, intendo psicologicamente, e poi non si è più in grado di aiutare proprio nessuno, neanche noi stessi. Grazie. Beatrice
Salve, sono un’insegnante di sostegno da 9 anni…
purtroppo nonostante gli anni passati studiare per abilitarmi sulla materia al siss, fare corsi di perfezionamento, corso di specializzazione sul sostegno con ssis, mi sono ritrovata in una scuola superiore di roma dove ci sono molti diversamente abili ma non tutti hanno il sostegno ufficiale….
per di più ho dei colleghi davvero razzisti e incompetenti in materia di handicap e come ciliegina sulla torta, noi di sostegno non siamo proprio considerati come il badante o la badante dell’alunno diversamente abile e ci viene impedito di fare sostegno alla classe come per legge dovrebbe essere per una vera integrazione.
io ho un caso gravissimo con problemi di iperattità e tossicodipendenza…ed ha solo 15 anni è un caso ingestibile in classe tra alunni e colleghi che mi spingono ad uscire dalla classe (facendo discussioni con me davanti alla classe) tutte le volte che l’alunno entra in conflitto con la classe e docenti ed io da badante devo stare con lui in giro per la scuola, sotto pressione dei colleghi e dei collaboratori del preside….
mi chiedo è giusto tutto questo?
cosa posso fare per oppormi a tutto questo….
io nonostante ho la normativa sempre alla mano….nella mia scuola tutto è fuori legge….cosa posso fare, a chi mi posso rivolgere…
la mia scuola è un inferno…..e ci sto male…
grazie dell’ascolto !
saluti…
Cecilia
scusate l’errore di battituta del precedente post…ma volevo dire che noi del sostegno, nella mia scuola, siamo considerati neppure insegnanti di serie B ma addirittura BADANTI….DELL’ALUNNO DIVERSAMENTE ABILE, delegittimati in tutto anche come persone e questo fa male psicologicamente….
anche io non ho scelto di fare questo lavoro per passione ma lo faccio con molta professionalità ed in altre scuole ho potuto, talvolta, fare sostegno alla classe in classe per una vera integrazione…ed è anche faticoso farlo, ma alla fine dell’anno il merito non ti viene mai riconosciuto dai colleghi curricolari spesso poco preparati anche dal punto di vista della pedagogia speciale….che spesso è utile anche ai normodotati che comunque hanno le loro difficoltà….
ciao a tutti….
cecilia
Salve sono Simona,ho conseguito il diploma magistrale nel 1999 ma non sono abilitata e sono psicologa iscritta all’albo.Vorrei sapere come poter fare un corso per insegnante di sostegno e se posso farlo.Grazie
Salve,
ho concluso da cinque mesi i miei studi in Scienze Biologiche.Vorrei sapere se è possibile diventare insegnante di sostegno anche se non ho sostenuto ancora l’esame di stato e se sì,quali sono i corsi che mi consigliate di frequentare.Grazie.
dovrebbero abolire il quinquennio obbligatorio fare l’ins. di sostegno deve essere una scelta non un obbligo