Avevano bannato la televisione, la musica e il cinema, perché segno dell’immoralità. Oggi, a distanza di 15 anni, twittano. Segno che i tempi cambiano anche per gli studenti più puri del Corano. Quando tra il 1996 e il 2001 i talebani spadroneggiavano in , quasi tutti i prodotti elettronici erano banditi. Fotografare era fuorilegge e chi veniva scoperto in possesso di una videocamera si meritava frustrate in pubblico. Ma poi, con l’arrivo della coalizione internazionale, qualcosa è cambiato. Prima hanno iniziato ad inviare comunicati stampa, poi email e le tanto odiate immagini. Foto e video degli attacchi ai soldati stranieri. Fino al 2011, quando è arrivata on-line, sotto il nome di alemarahweb, la pagina ufficiale dell’Emirato Islamico d’Afghanistan.
“L’Emirato Islamico d’Afghanistan – ha detto Zabiullah Mujahid, portavoce dei talebani – si è iscritto a Twitter sei mesi fa”. Ma la svolta è arrivata soltanto il 12 maggio, quando a fianco dei tweets in pashtu sono arrivati quelli in inglese. “È il segno che i talebani stanno abbracciando le nuove tecnologie per affrontare l’importante battaglia della comunicazione” – mi dice Hamiel, un giornalista freelance afgano. “Ma questo non significa che cesseranno la loro guerriglia, fatta non di messaggini ma di attacchi suicidi e mine”.
Fino al 12 maggio, a seguire le “eroiche” imprese della guerriglia dura e pura, erano poco più di 500 iscritti. Oggi, dopo neppure una settimana, i “followers” sono oltre 5800. E c’è anche un altro fronte che si è aperto. È quello della guerra cibernetica con l’account dell’ISAF (International Security Assistance Force), quella battaglia che non si combatte sull’impervio terreno delle valli afghane o delle zone tribali, ma dietro ad uno Pc. “Nemici attaccati a Khak-e-Safid. I combattenti ribelli hanno appena ucciso sei poliziotti burattini” – diceva uno dei tanti messaggi in inglese dei talebani, con un link che rimandava ad una pagina “per maggiori dettagli e immagini”. Sulla pagina Twitter dell’ISAF, invece, si poteva leggere “Cosa è questo? I talebani twittano in inglese? Le bugie sono bugie, non importa la lingua”.
Ma il segno che oramai la guerra è anche in rete, sono i 38 tweet lanciati nelle ultime 24 ore. E se fino a qualche giorno fa quelli in inglese erano soltanto quattro, cinque al giorno, oggi sono addirittura 24, contro i 14 in pashtu. Soltanto quattro le pagine che gli studenti del Corano trovano degne di interesse e quindi di essere seguite. kavkazcenter, una agenzia di stampa islamica indipendente con base in Cecenia, fondata nel 1999, che segue eventi nel mondo islamico, nel Caucaso e in Russia, nunnasia, un sito di informazione pakistano, alsomood e FeedTwit, un programma che serve per pubblicare in automatico gli aggiornamenti sul profilo.
“I talebani hanno scoperto il grande potere della tecnologia e la utilizzano in larga misura in loro favore per attrarre nuove reclute” – dice Mohamed Zia Bomia, direttore a Kabul dell’agenzia di stampa Mahal News Agency.
La notizia è arrivata anche agli espatriati di Kabul. La maggior parte ci scherza, ma alcuni la prendono su serio: “I talebani su Twitter? Adesso non potrò più segnalare i miei spostamenti” scrive un Twitter ironicamente. “Pensi che se vogliono rapirti hanno bisogno di Twitter”, le rispondono dall’altra parte della tastiera. Intanto, l’ultimo aggiornamento in tempo reale dalla pagina alemarahweb parla di “un corazzato americano distrutto nella provincia di Helmand”. Giusto per ricordarci che la guerra non è finita con l’apertura di un sito internet.
Andrea Bernardi
(Inviato di Unimondo a Kabul)
Unimondo, 19 maggio 2011