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Di una città

di Sergio Tardetti

Di una città mi hanno sempre affascinato i vuoti, più che i pieni, i silenzi più che i rumori, le solitudini, più che le folle. Una figura intravista in lontananza, che, così come appare, scompare, tanto da farti credere di averla immaginata, labile come il ricordo di una certa ora di un certo giorno. I vuoti si riempiono facilmente con i lampi della memoria, restano pieni quel tanto che basta a convincersi di essere esistiti in quell’istante. In un angolo in ombra osservi il rado strato di muschio che cresce, il filo d’erba che spunta tra le fessure di un rivestimento in travertino, il radicarsi testardo di un’edera che si aggrappa a quel poco di terra finita chissà come nel piccolo foro scavato in un mattone dall’acqua e dal ghiaccio. Molti di quelli che passano, la mente tormentata da mille incombenze quotidiane e mille preoccupazioni, trascorrono in ognuno di quei luoghi appena il tempo necessario ad attraversarlo e affrettano il passo, timorosi che quello spazio vuoto possa nascondere chissà quali insidie. Il silenzio, la solitudine rappresentano elementi concreti di quell’horror vacui che assilla la vita quotidiana, costringendo a riempire quel vuoto, seppure temporaneo, in ogni modo e con qualunque espediente, ad esempio parlando al telefono o ascoltando musica dalle cuffie. A nessuno ormai interessano i suoni della città, tutti preferiscono tenersene lontani, immaginando per sé luoghi esotici di svago dove ritemprare il corpo e la mente dopo una giornata, una settimana, un mese, un anno spesi ad inseguire un lavoro, un risultato soddisfacente, un successo personale o professionale, insomma qualunque cosa possa gratificare e giustificare quell’affannarsi ad inseguire qualcosa a cui non saprebbero dare nome né forma né volto.

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Tradurre Brel?

di Pierpaolo Benedetti

“Lost in translation”, la poesia è quel che si perde nella traduzione. Dobbiamo a Robert Frost questa sorprendente quanto verosimile definizione di poesia peraltro condivisa da molti fra cui la regista Sofia Coppola che, estendendo il concetto dalla poesia all’amore tra innamorati di lingue diverse –l’inglese e il giapponese nello specifico- ne ha fatto un film di successo registrando una analoga perdita.
Dunque, il rischio è incombente e grande nella traduzione, al punto che potrebbe vanificare lo sforzo e rendere inutile il risultato. E tuttavia, l’impresa è affascinante, tanto più affascinante quanto più ardua. Soprattutto davanti a un testo meraviglioso scritto per essere cantato nella lingua straniera con una musica stupenda, l’uno e l’altra perfettamente consonanti in virtù del fatto che sono frutto dello stesso compositore il quale domina perfettamente la materia poetica e sonora e mescola con sapienza assonanze e rime, ritmi e timbri.
(Non ho usato a caso il termine “compositore” anche in riferimento al testo poetico perché, al pari della musica, anche la poesia è un’arte combinatoria che usa le parole invece delle note –fermo restando che anche le parole, come le note, hanno un loro suono e il verso una sua musicalità.)
Perché l’impresa riesca, tuttavia, bisogna smentire la maledizione di Frost e salvare almeno un po’ di quella poesia espressa nella lingua originale garantendone al tempo stesso la cantabilità nella nuova lingua giacché non si può dimenticare che l’opera da cui si parte è, in questo caso, una canzone. In definitiva, il testo reso nella lingua altra, per essere soddisfacente dovrà assomigliare il più possibile al “ritratto” originario (anche qui, nessuna casualità) riprodotto però in campi diversi, ragione per cui bando a tutte le “traduzioni” riduttive e traditrici – per queste bastano i vocabolari- e largo all’invenzione poetica forte della comprensione del testo e della capacità creativa di chi si mette all’opera.
Dal grado di somiglianza, per assonanza, musicalità, ritmo, suono, timbro, accentazione, metrica, significato reale e metaforico delle parole, dipenderà il grado di validità dell’operazione, avendo consapevolezza che di “imitazione” si deve trattare e non di “traduzione” che sarebbe letale.
Ma neanche “copisti” siamo, perché chi imita si riserva sempre un certo grado di dissonanza, non fosse altro per l’impossibilità di riprodurre alla perfezione il sorriso della Gioconda, che ne segna l’originalità e l’autorialità. Tradurre per imitazione è poetare seguendo un solco già tracciato.
È una questione di equilibrio, la “traduzione” non deve essere né troppo pedissequa per evitare di essere una copia, né troppo poco somigliante per non rendere riconoscibile il suo modello e quindi il suo essere imitazione.
Del resto, mi faccio forte dell’esempio di Attilio Bertolucci da cui ebbi in dono, all’epoca della lunga intervista che muoveva dalla sua esperienza alla direzione de “Il Gatto selvatico”, rivista dell’ENI fondata da Enrico Mattei, il testo manoscritto in italiano di una poesia di Edward Thomas che aveva tradotto e titolato: “Imitazione di E. T. “  dicendomi: “Queste non sono traduzioni, sono imitazioni!”. Allora non capii bene la differenza, ma oggi sì!
Il libro di traduzioni di Attilio Bertolucci in cui confluì quel testo si chiamò Imitazioni, Scheiwiller, 1994.

JACQUES BREL – LE PLAT PAYS

Avec la mer du nord pour dernier terrain vague
et des vagues de dunes pour arreter le vagues
et des vagues rochers que les marées depassent
et qui ont à jamais le coeur a marée basse
avec un finimond des brumes à venir
avec le vent de l’est ecutez-le tenir
le plat pays qui est le mien

Avec des cathédrales pour uniques montagnes
et des noirs clochers comme mats de cocagne
où des diables en pierre décrochent le nouages
avec le fil des jours pour inique voyage
et des chemins de pluie pour inique bonsoir
avec le vent d’ouest ecoutez-le vouloir
le plat pays qui est le mien

Avec un ciel si bas qu’un canal s’est perdu
avec un ciel si bas qu’il fait l’humilité
avec un ciel si gris qu’un canal c’est pendu
avec un ciel si gris qu’il faut lui pardonner
avec le vent du nord qui vien s’ecarteler
avec le vent du nord ecoutez-le craquer
le plat pays qui est le mien

Avec de l’Italie qui descendrait l’Escaut
avec Frida la Blonde quand elle devient Margot
quand les fils de novembre nous reviennent en mais
quand la plain est fumant et tremble sous jouillet
quand le vent est au rire quant le vent est au blé
quant le vent est au sud ecoutez-le chanter
le plat pays qui est le mien

JACQUES BREL – IL PIATTO PAESE (Versione cantabile)

Con il mare del nord / per sola terra ondosa
e un mare di dune/ a fermare le onde
e le onde arricciate / che scavallano il mare
e non lasciano il cuore / nella bassa marea
con un finimondo / di brume a venire
con il vento dell’est/ – sentitelo tenere
questo piatto paese / che è il mio paese

Con delle cattedrali / per tutte montagne
e neri campanili / come alberi di cuccagna
con dei diavoli in pietra / che scrostano le nubi
con il filo dei giorni / come unica via
e cammini di pioggia / come soli buonasera
con il vento dell’ovest/ -sentitelo volare
questo piatto paese / che è il mio paese

Con un cielo così basso / che un canale resta appeso
con un cielo così basso / che dice tutta l’umiltà
con un cielo così grigio / che un canale è perduto
con un cielo così grigio / da farsi perdonare
con il vento del nord / che s’è accartocciato
con il vento del nord / –sentitelo piegare
questo piatto paese / che è il mio paese

Con anche l’Italia / che scenderà la Schelda
con Frida la Bionda / quando si fa Margot
quando i fili a novembre / ritornano di maggio
quando la piana è fumante / e tremula sotto il luglio
quando il vento è al sorriso / quando il vento è nel grano
quando il vento è al sud /–sentitelo cantare
questo piatto paese / che è il mio paese

Notizia biobibliografica
Pier Paolo Benedetti è nato a Rimini nel 1942 e si è laureato in sociologia nel 1967. E’ stato dirigente Eni dal 1982 al 2001 e ha già pubblicato, di poesia, Nature morte con parole (1995) e Di terra di mare di me (2000) per i tipi delle Edizioni Per Bellezza;  Incipit (2010) e Viaggio alla fine del mondo e ritorno (2011). Nel 2019 ha pubblicato con l’editore Raffaelli il suo nuovo libro di poesie Un nuovo altrove miriadi di piccole onde tirate a secco dall’alta e dalla bassa marea di memoria in memoria conducono al mare.

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Italia-Israele: inaccettabili esercitazioni militari e affari di armi

di Giorgio Beretta

Inaccettabile e fortemente preoccupante: per questo chiediamo che l’esercitazione militare venga sospesa fino a quando non vi saranno informazioni precise al riguardo ed invitiamo il Parlamento ad interpellare urgentemente il Ministro della Difesa affinché renda conto dell’esercitazione in atto, delle finalità e delle ripercussioni sui processi di distensione nella zona mediorientale e sulla politica estera e di difesa dell’Italia”.

La Rete Italiana Pace e Disarmo non usa mezzi termini per definire l’esercitazione militare “Falcon Strike 2021” in corso in questi giorni in Italia tra l’Aeronautica Militare Italiana, la US Air Force, la britannica Royal Air Force e l’aeronautica militare israeliana (IAF). “Si tratta – spiega il comunicato di Rete Pace e Disarmo – della prima esercitazione congiunta in cui sono impiegati i cacciabombardieri F-35 italiani a fianco non solo di quelli di Paesi alleati (Regno Unito e Stati Uniti) ma di un paese come Israele”. Che è un paese belligerante.

I silenzi del Ministero della Difesa

Un’operazione in grande stile (qui la mappa con le aree utilizzate) che durerà per dodici giorni (dal 6 al 17 giugno) e che prevede un ampio dispiegamento di mezzi militari italiani tra cui i caccia multiruolo Eurofighter Typhoon, i caccia da combattimento AMX, droni Predator ed elicotteri Augusta-Westland ed aerei da rifornimento. Ma di cui né il Ministero della Difesa né l’Aeronautica Militare italiana hanno dato notizia. Tutto quello che si sa proviene infatti da fonti militari israeliane che hanno dato la notizia, con grande enfasi, alla stampa nazionalesul sito ufficiale della IAF e finanche sui canali social tra cui twitter e facebook.

E’ evidente l’imbarazzo da parte del Ministero della Difesa italiano – ha commentato Rete Pace Disarmo – per un’operazione che, secondo fonti israeliane, vedrà l’utilizzo anche di un gran numero di batterie di missili terra-aria contro i caccia F-35 per creare un’atmosfera piena di minacce”.

Gli F-35 israeliani nei bombardamenti su Gaza

Il silenzio del Ministero della Difesa deriva dall’aver invitato in Italia proprio i caccia israeliani F-35 che nelle scorse settimane hanno bombardato in modo indiscriminato la Striscia di Gaza durante l’operazione militare “Guardiani del muro”. Un “teatro operativo” per gli F-35 israeliani durante il quale i caccia della Israeli Air Force hanno ucciso 230 palestinesi, la gran parte civili, inclusi 65 bambini, 39 donne e 17 anziani e ferito più di 1.710 persone. Bombardamenti che hanno colpito anche la sede della stampa internazionale ed hanno sfiorato la sede dell’Unrwa, l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, colpendo 58 scuole e 8 centri sanitari.

Indagine Onu su possibili crimini di guerra

Come ha evidenziato l’Alto Commissario per i Diritti Umani, Michelle Bachelet, “tali attacchi possono costituire crimini di guerra”. Proprio per questo il Consiglio dei diritti umani dell’Onu promosso un’inchiesta internazionale sulle violazioni dei diritti umani commesse da Israele nei Territori palestinesi occupati e in Israele da aprile: la risoluzione è stata adottata con 24 voti favorevoli, 9 contrari e 14 astensioni (tra cui l’Italia) durante una riunione straordinaria del Consiglio lo scorso 27 maggio.

Obiettivo dichiarato: l’Iran

Ancor più preoccupante è l’obiettivo dichiarato dell’esercitazione militare: l’Iran. L’intento dell’esercitazione è infatti preparare i piloti israeliani all’utilizzo dei caccia F-35 contro le forze iraniane. “L’Iran è il nostro obiettivo”, ha detto un alto ufficiale israeliano parlando sotto anonimato ai giornalisti. “Riteniamo che indicare l’Iran come potenziale nemico da attaccare sia gravissimo e controproducente – ha commentato Rete Pace e Disarmo – soprattutto in questa fase in cui l’Unione Europea è attivamente impegnata per la ripresa dei negoziati riguardanti il programma nucleare militare iraniano”.

L’Accordo militare tra Italia e Israele

I rapporti militari tra Italia e Israele hanno visto un radicale cambio di prospettiva a partire dai governi Berlusconi. Il 16 giugno 2003, infatti, a seguito della visita a Tel Aviv del presidente del consiglio Silvio Berlusconi, venne firmato a Parigi il “Memorandum d’intesa con Israele in materia di cooperazione nel settore militare e della difesa”. L’accordo che è entrato in vigore, dopo la ratifica delle Camere, l’8 giugno 2005 (qui l’iter parlamentare; si veda anche qui), regola tra l’altro la reciproca collaborazione nel settore della difesa, con particolare attenzione all’interscambio di materiale di armamento, all’organizzazione delle forze armate, alla formazione e all’addestramento del personale e alla ricerca e sviluppo in campo industriale-militare. Fino a quel momento l’Italia, pur mantenendo buoni rapporti con lo Stato di Israele, aveva positivamente escluso per decenni ogni tipo di accordo militare con Tel Aviv.

L’interscambio miliardario di armamenti 

Ma il “salto di qualità” avviene nell’aprile del 2012 quando, l’allora presidente del Consiglio, Mario Monti, in visita in Israele annunciò l’intenzione del governo di finalizzare al più presto i dettagli del contratto per la fornitura all’Aeronautica Militare Israeliana di 30 “velivoli d’addestramento” M-346 prodotti dalla Alenia-Aermacchi e relativi simulatori di volo. Monti lo definì, appunto, un “salto di qualità”. Il contratto, che faceva seguito agli accordi presi dal precedente governo Berlusconi, vedeva l’acquisto da parte dell’Italia di tecnologia aerospaziale israeliana per un valore di oltre 850 milioni di euro, tra cui un satellite spia e due aerei Gulfstream G550 “per la sorveglianza e la supremazia aerea”.

I contratti recenti

Negli anni successivi le forniture di sistemi militari dall’Italia a Israele, pur aumentando rispetto agli anni novanta, non hanno segnato valori rilevanti fino al febbraio 2019 quando i ministeri della Difesa dei due Paesi hanno firmato un accordo per l’acquisto di sette di elicotteri AW119Kx d’addestramento avanzato della Agusta-Westland (gruppo Leonardo) per le forze aeree israeliane, del valore di 350 milioni di dollari, ancora una volta in cambio dell’acquisto da parte dell’Italia di un valore equivalente di tecnologia militare israeliana. Nel settembre del 2020 ne sono stati aggiunti altri cinque, per un totale di dodici elicotteri e due simulatori destinati alla Air Force Flight School in cambio dell’acquisto da parte dell’Italia di missili Spike della Rafael e di simulatori di tiro della Elbit Systems.

Di questi contratti non è stata data alcuna notizia da parte del Ministero della Difesa italiano nonostante sia stato attivamente impegnato nell’operazione. Lo si è saputo da fonti israeliane poi riprese dalla stampa italiana.

La retorica e i silenzi del ministro Guerini

Nonostante il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, non perda occasione per magnificare presso le autorità israeliane “l’eccellente livello di cooperazione tecnico militare ed industriale” tra i due paesi e la volontà “di sviluppare ulteriormente gli ambiti di cooperazione nel settore specifico della Difesa”, quando si tratta di dare notizia in Italia delle compravendite di armamenti sembra diventare afono. Ancor più quando dovrebbe spiegare ai cittadini italiani le esercitazioni militari congiunte con uno Stato, come Israele, che è stato oggetto di numerose risoluzioni di condanna da parte dell’Assemblea Generale dell’Onu fin dal 1975 per “la continua occupazione dei territori arabi in violazione della Carta delle Nazioni Unite e dei principi del diritto internazionale” (si veda la Risoluzione 3414 del 5 dicembre 1975, la Risoluzione 31/61 del 9 dicembre 1976 e successive). Le risoluzioni chiedono a “tutti gli Stati di desistere dal fornire a Israele qualsiasi aiuto militare o economico fintanto che continua ad occupare territori arabi e nega i diritti nazionali inalienabili del popolo palestinese”. Ma su tutto questo, il nostro ministro della Difesa sistematicamente tace.

L’articolo è stato Pubblicato su Unimondo il 9 giugno 2021

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