Politica

Accenni di riflessione su Luttazzi, la satira, la società

Pochi, sparsi appunti sulla vicenda Decameron…

Personalmente mi sembra che pochi siano stati in grado di visualizzare bene questa vicenda.

Intendo dire che:

La pubblica opinione non ha ben chiaro (come del resto non lo ha mai avuto nella storia) il concetto stesso di satira. Chiunque abbia letto Catullo, Orazio, Rabelais, Molière, Boccaccio eccetera (e non quello che fanno leggere a scuola, per intenderci, che è molto più che edulcorato) si accorgerebbe che Luttazzi non è per nulla uscito dal seminato. Anzi. Si trattava di satira di elevato livello intellettuale (non commento quello artistico che poco mi interessa qui ed è comunque secondario dato che in ogni arte ci sono opere più o meno riuscite).

Per questo in tanti neppure hanno colto i riferimenti, cosi come non hanno colto quelli alla satira classica, cosi come a Bergman a Lenny Bruce, ai Monty Pyhton e via dicendo. Onnipresenti in ogni puntata.

Per questo il riferimento alle immagini di tortura, alle immagini coprofile provenienti da Abu Grahib sono dovute arrivare in un secondo tempo, e non sono arrivate da sé. Cosi difficile forse ricordarsele oppure si tratta proprio di una rimozione sociale?

Il problema dunque sembra essere altrove. Da un lato nella mancata conoscenza del genere da parte del pubblico. E qui credo che il sistema educativo e mediatico abbia avuto un forte influsso. E dovremmo rifletterci.

Da un altro lato invece metterei una certa tendenza all’estremizzazione del politically correct. Tendenza questa importata dagli USA che, di fatto, taglia fuori la satira di netto da ogni palcoscenico pubblico di grande dimensione. E qui diventa forse anche una questione di libertà prima non posta e ormai di scottante attualità.

Inoltre fatico a nascondere come il modo in cui la sospensione del programma è stata fatta. Informare il conduttore per sms non mi pare corretto, non mi pare corretto neppure censurare la notizia sul telegiornale di rete cosi come l’eliminare le informazioni presenti sul sito web o il girato precedente. Se lecita era la scelta, il metodo mi è sembrato eccessivo e capace di sollevare dubbi più che giustificati. E solo qui interviene un fattore che possiamo definire rilevante non dalla censura, quanto piuttosto dal genere della Damnation memoriae. Ancora più inquietante forse.

Da qui la necessità di intraprendere una riflessione che non si limiti al caso specifico, ma che lo travalichi per arrivare veramente laddove questa vicenda ha scoperto il nervo sociale.

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I ricordi sono un plotone di esecuzione

di Vincenzo Andraous

In molti istituti penitenziari italiani, centinaia di uomini condannati alla pena dell’ergastolo hanno iniziato uno sciopero della fame, per sensibilizzare l’opinione pubblica e l’apparato politico, sulla possibilità di abolire quel “fine pena mai”.
Indipendentemente dagli slogans usati, dai manifesti proposti che veicolano questa protesta pacifica, occorre distaccarsi dalle forzature ideologiche insite nei meccanismi perversi che il carcere ingenera, dalla violenza che abita la carta di identità del detenuto.

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Chi tocca i politici muore.

di Elio Veltri*

Ci saranno ancora magistrati disponibili a indagare sui potenti, sui ricchi e sui politici? Io credo che saranno davvero pochi. Negli anni passati, da destra e da sinistra, la magistratura più coraggiosa e competente è stata mazzolata a dovere. Il caso Forleo è emblematico. Il procuratore generale della Cassazione Mario Delli Priscoli, vuole metterla in castigo non per le tante balle che hanno raccontato i giornali e le tv: esposizione mediatica, lacrime, rifiuto della scorta, pressioni subite e raccontate da altri magistrati i quali da veri cuor di leone hanno subito smentito. No, al Procuratore generale di tutto questo non frega niente. La Forleo deve essere punita per l’ordinanza con la quale chiama in causa il gota dei Ds, defunto ma rimpiazzato dal partito democratico, sempre vivi e vegeti. In particolare D’Alema e Latorre, più dalemiano di D’Alema. Giuristi di rango hanno spiegato che la legge Boato era una schifezza.

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Giornata internazionale delle Città contro la pena di morte

Ravenna contro la pena di morte

Questa sera alle ore 21, 30 al Mama’s club di Ravenna si parlerà di: pena, giustizia e perdono con Bill Pelke (fondatore dell’Associazione The Journey of Hope e del Murder Victims’ Families for Human Rights, nonché presidente del Comitato Direttivo della US National Coalition to Abolish the Death Penalty) Claudio Giusti (esperto in diritti umani e pena di morte, fra i fondatori della World Coalition to Abolish the Death Penalty e di Amnesty International Italia) e Arianna Ballotta (co-fondatrice e presidente della Coalizione Italiana contro la Pena di Morte).

MAMA’S CLUB – Via S.Mama, 75 – RAVENNA

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La furbata del Trombone, della Santa e del Fico Fiorone

30 novembre 2007
30 novembre 1786

Il Granducato di Toscana abolisce la pena di morte

C’era una volta il Movimento Abolizionista.
Era un movimento piccolo ma tosto.
Era solito vincere le sue battaglie perché formato da gente preparata che leggeva, scriveva e convinceva.
Ottenne il suo successo più grande nel 1989, quando le Nazioni Unite approvarono il Secondo Protocollo: quello al cui primo articolo si legge che “Nessuno … sarà giustiziato”.
Purtroppo le risoluzioni dell’Assemblea Generale dell’ONU non hanno potere coercitivo e non possono costringere un governo a fare quello che non vuole fare. Così il Secondo Protocollo si aggiunse ai molti atti abolizionisti delle NU; mentre il Movimento continuava a convincere i paesi a chiudere con la pena capitale.

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